Merope’s Tales (capitolo 5)
Freaky Candy: come dire… ritorno nella casa delle mongolfiere e incontro con… lo Stregatto.
Già, lei se ne sta proprio lì, accovacciata sul divano, posizionata strategicamente sotto la luce della lampada che riflette la sua, di luce. La evidenzia, sorta di faro e come tale, come una guida, Freaky si propone a noi, anime ignare, ancelle fameliche, desiderose di abbeverarci alla sua fonte. Gli occhi di tutte le rimangono impregnati addosso; occhi curiosi, attenti… E, intanto, Lei, con aria sbadatamente lasciva, si lascia studiare, si fa assaggiare… Teasing… – gente, non dimentichiamolo – è un’arte sottile.
Statua graziosamente esposta, prova piacere – così dà a vedere – sottoposta alla nostra ingenua e speranzosa analisi. Speranza di varcare una porta che contiene allettanti e inimmaginabili segreti… Che ci dirà? Cosa si nasconde dall’altra parte? Lei lo sa e non fa nulla, per camuffare questa superiorità.
Ci suggerisce, allora, sorniona, punto primo, di ‘fare le cose per bene!’
Vi sembra banale? Niente affatto. E’ la base. Il terreno su cui procedere dritte e il suo sguardo fermo, risoluto, non fa che confermarlo.
E’ diverso da quello di Silvia… Silvia – la intravedo appena, ora che prende a parlare. Ora che è tutta mossa a sedurci, a trasportarci nel suo mondo… Un universo che deve amare moltissimo, penso, e per il quale nutre un profondo rispetto.
Lo racconta con passione, ce lo serve su un piatto argentato, da cui prelevare i migliori bocconi… ma Freaky, dicevo, non è Silvia. L’altra l’ho intravista appena. Ero ancora sull’uscio. Avrei detto fosse timida… no… meglio, riservata. Lontana dalla voglia di mettersi sotto i riflettori… Anima schiva, ben diversa da colei che, adesso, spara imperturbabile i suoi missili, incurante degli eventuali giudizi, guidata da una forza che le deriva da dentro. Deve essere stomaco, prima ancora che cuore.
“Freaky ha fagocitato Silvia“, ci comunica, solenne e scoppia una fragorosa risata.
Suona, suona bene…
‘State attente ai particolari‘, ribadisce. Ci ammonisce. Si raccomanda, alla stregua di una mamma e ci spiega che ognuna di noi ha diritto proprio alla sua personalissima mamma. Una figura di riferimento a cui appellarsi. Da cui apprendere. Una, che la raccolga in caso di scivolate; che ne asciughi, qualora occorra, le lacrime…
Oddio, allora è questo il Burlesque?
Burlesque… ecosostenibile. Così lo defibìnisce e non sto qui a spiegarvi il perché.
Burlesque, per onorare i propri difetti…
Rifletto… ripenso a cosa è accaduto, nel preparami, prima di uscire da casa. Ricordo, d’improvviso, come si è compiuta la piccola magia… E’ bastato l’aiuto di un fondotinta… la matita, sfumata, sugli occhi… quella per le labbra… mascara, fard… mentre pettinavo i capelli non ero già più la stessa… Merope mi abita, mi occupa tutta, invasione gentile ma determinata. L’ho lasciata entrare e neppure me ne sono accorta… Ride, Merope, ride tutta la sera… allora capisco, comprendo quel che Freaky prova a spiegarci. Ci insegna come preservare l’immagine, come prenderci cura di questa creatura ‘altra ‘ che ci appartiene, quanto e più della prima.
Lavoriamo nel settore del Sex working, vero. Siamo esposte, facili prede. Ma non siamo stripper… Procede schietta, decisa. Ferrata nel pensiero… ‘Siate il sogno che il pubblico vuole!‘ Un sogno… personalizzato, personalizzabile.
Cosa sa fare Merope? Mi chiedo, allora. Cosa aggiunge a me stessa. Non i capelli, non le gambe, non la vita, sottile; non il seno… eppure… Lei è l’accento. E’ la virgolina frizzante che timbra le parole. E’ la schiuma nello Champagne… e’ la paprika… l’avete mai provata nel brodo? (ride)
Insomma: ‘Crescete da unicorni e non lasciate che i draghi vi brucino la coda…‘
Caspita! Questa sì che mi piace. Pure, ma senza paura. Ci vogliono così. Mi vogliono così! E se vi esibite, non domandatevi cosa vi ha condotte in una scuola di Burlesque, ma cosa vi ha trascinate sul palco… perché la verità è scritta lì, in quei pochi metri quadri che cambiano di volta in volta e che vi invitano a ragionare su voi stesse: su chi siete, soprattutto su chi volete diventare.
Spogliatevi con dignità e professionalità… Freaky si sta concedendo, generosa – me ne rendo conto e mi rendo ancora più conto di come mi conquisti questo suo sentimento forte, non verso il proprio lavoro ma verso ciò che Lei è, nel momento in cui si esibisce.
Il ruolo non si compra, si suda… e quando qualcuno le domanda se avesse preferito rimanere in America, confessa candidamente, fiera, che Lei, l’America, l’ha portata qui. Se l’è agganciata sulle spalle e le ha mostrato la Romagna. Verace, ricca, abbondante terra che tutti accoglie e ha adottato anche Lei, altrettanto genuina, ugualmente autentica. Originale, caparbia… una donna. Io vedo questo: una donna bellissima, splendida, una che le ossa ha dovuto farsele, suo malgrado.
“Siate selettive. Non svendetevi. Riconoscetevi il giusto valore.
Siate umili. Ispiratevi ma non copiate…“
Signori, Signore, qui si sciorina deontologia. Si fa sul serio ed è così che si alimenta il desiderio di unicità. ‘Non sarete mai Dita Von Teese, ma potete essere voi stesse!‘ e nel momento in cui percepirete che state cambiando, non abbiate timore di abbandonare la vostra consueta pelle, per abitarne una nuova, inedita, mai esplorata…
Saziatevi di originalità, lavorate sul vostro tratto distintivo, contestualizzate quel che fate… e acculturatevi. Informatevi… concedetevi di sbagliare.
‘Qualunque sia la strada – conclude – rispettate quest’arte e rappresentatela con coscienza, indipendentemente dal traguardo‘.
Sono colma di Lei, di ogni stilla del suo sapere… di quanto mi ha voluto introdurre e aspetto, ansiosa, impaziente, la prossima alba che mi porterà ad incontrala, ancora.
Potrò imparare, crescerò. Merope Biscotto, introdotta in questo ambiente dove ci si dà una mano, l’una con l’altra. Dove ci si abbraccia, non per caso. Dove, pima ancora di riflettere, si sta già facendo. Si è operative, efficienti… L’arma più efficace di tutte rimane, tuttavia, il sorriso. Quelle labbra portate in su, volutamente in su, poiché non c’è tempo né spazio per altro, ora, che non si può che godere, appagarsi di quanto ci viene insegnato.
Così, mi ritrovo, d’improvviso, ricorperta di palloncini pronti a scoppiare grazie ad un solo, rapido, gesto e a rivelare me, Merope, vestita… di me!
Giochiamo, ci trasformiamo in figure fluide… seno, fianchi, ci troviamo a gestirli come segmenti di un corpo che – mi viene da pensare – consideriamo, spesso, estraneo. Diverso è per le arabe che, sin da piccole, sanno come… e perché.
E’ la volta dei veli… il mio è talmente grande… mi ricopre tutta, rosso, in seta… poi lo cambio con uno in organza, color lavanda. Sapete? L’effetto, a seconda del tessuto, è diverso. Li manipoliamo, questi scampoli di sogno. Li facciamo roteare, girare, cadere… Lasciamo che ci avvolgano, secondo suggerimento.
Freaky segue imperterrita la sua tabella di marcia. Non un dubbio. Non un’esitazione. Continuo a fare i conti con una persona che non vuole tralasciare nulla. Disposta a concedersi fino all’ultima goccia, prima di allontanarsi.
Non da niente per scontato. Ci segue, ci osserva, ci riprende, se serve. Si ripete, qualora ne avessimo bisogno… si esaurisce, fino all’ultima goccia, per noi, emerite sconosciute. Allora deduco di aver visto bene, ier sera. Di averla riconosciuta, quella potenza ancestrale che la satura di vita… è un talento. Un diretto che passa e quel treno tocca prenderlo al volo. E’ l’occasione… E se non sosta alla fermata, bisogna correre, financo a perdifiato e afferrarla lo stesso, quest’opportunità…
Finiamo. E’ ora dei saluti. C’è chi si allontana prima, chi rimane… e, d’improvviso, inaspettatamente, proprio mentre mi avvicino, ritrovo i suoi occhi. Vedo – ne sono più che certa – la dolcezza di Silvia, che era rimasta evidentemente tutto il tempo in un cantuccio, ad osservarci. La ringrazio, ringrazio entrambe…
Poi mi giro, riprendo le mie cose e mi rendo conto di far parte di qualcosa di assai più vasto di me.
Ho smesso i panni di esaminatrice, almeno per un po’. Ho accantonato il disincanto. Mi sono distratta, per indossare, invece, vesti da protagonista. Prima Stella di un racconto che mi appartiene, come tutte. Come le altre.
Ecco, sono di nuovo davanti allo specchio. Io e l’immagine riflessa di una me… differente. Inaspettata; o meglio, inaspettato è il fatto che sia rimasta ancora qui, a farmi compagnia, fin tanto che il viso mantiene il rossetto.
No… vorrei sapervelo spiegare a dovere… non è il belletto. Non è il maquillage, o la maschera che indosso. E’ qualcosa che parte da più in profondità… Un sussurro, che si fa largo da solo, che cerca la strada… Palla di neve, intenzionata a divenire valanga.
E’ sincera questa diversità e, se mi osservo da vicino, se non inganno il riflesso di me ho piena percezione dei nuovi tratti, affamati di uscire. E’ palese come, ancor prima di affacciarsi sull’epidermide, abbiano già preso ad invadere i polmoni, le ossa… Un respiro, che non è nemico.
Ho un’alleata, disinvoltamente accomodata lì, nel bel mezzo di pennelli, ciprie, profumi e bijiu. Così, l’illusione lascia il posto alla forza della convinzione e vedo… forse meglio sarebbe dire sento. Percepisco i palpiti di quest’era del New Burlesque, fatta di dive e divine, proprio come il tempo che fu.
Quella prima era è tramontata? Poco importa. C’è ancora spazio per ballare, per cantare, per mostrare o fare finta di mostrare. C’è ancora tempo a sufficienza per imparare ad amare quel che siamo, per farci, tutte, una carezza, ogni volta che li apriamo, quei nostri occhi, graziosi e perennemente inquieti. C’è modo, ancora, di rimanere sorprese da noi stesse e di rivendicare il diritto più grande che abbiamo: sentirci orgogliose del privilegio che, insostituibile, ci appartiene. Essere donne.
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