2025: la rivoluzione dell’indifferenziato
1 gennaio 2025: questa è la data da tenere a mente e, oramai, a tutti gli effetti ci siamo. Già, poiché già da qualche giorno è scattato l’obbligo di riciclo dei tessuti tessili. Vale a dire che maglie, calzini bucati e quant’altro, sia pur in condizioni irrecuperabili, non potranno più essere gettati – come d’abitudine – nel bidone dell’indifferenziato. A stabilirlo, l’Unione Europea.
La norma parla chiaro, del resto e prevede che gli abiti, una volta raccolti, vengono avviati ai diversi processi di trattamento e recupero. Capi in buono stato da riutilizzare nell’immanente ed altri, danneggiati; pertanto, riciclati per ottenere nuove fibre o materiali.
Una regola, tuttavia, quella stabilita dal Decreto Legislativo n. 116/2020. che, a guardar bene, è già in vigore da tre anni, qui in Italia e a ragion d’essere. Il comparto tessili esercita un pesante impatto sull’ambiente, responsabile di una quota importante delle emissioni globali di CO2 e, soprattutto, dell’inquinamento delle acque. Sono diverse le ricerche che attestano quanto la produzione riferibile al settore contribuisca all’innalzamento dei livelli di inquinamento. Si va dal 2% al 10% delle emissioni globali di anidride carbonica, al 20% dell’inquinamento delle acque dolci, ad una percentuale compresa tra il 16% e il 35% dell’inquinamento degli oceani, causato dalle microplastiche.
Collateralmente, quanto imposto ai cittadini, è fondamentale anche per la figura del produttore (EPR) che, in tal maniera, si va responsabilizzando. Sta proprio a quest’ultimo occuparsi della gestione dei rifiuti derivanti dai prodotti, ad incentivo – pure – della produzione e ideazione di merce durevole nel tempo e facilmente riciclabile.
Dal punto di vista delle sanzioni, si prevedono – in ordine ai cittadini – multe fino a 2.500 euro. L’obiettivo è quello di responsabilizzare anche loro, invitandoli a rivolgersi agli appositi cassonetti di smaltimento, che ogni comune dovrebbe provvedere a posizionare.
Per fare maggio luce sulla faccenda, andiamo ad elencare, allora, gli oggetti di scarto che non potranno più essere inclusi nell’indifferenziata e quali, invece, sarà ancora possibile gettare nel bidone in esame.
No, dunque, agli scarti organici, che vanno smaltiti nel bidone dell’umido, oppure compostati. Pile, batterie ricaricabili e simili, invece, devono essere lasciati negli specifici contenitori di raccolta.
I rifiuti elettronici, piccoli elettrodomestici e dispositivi (fra cui anche gli smartphone), vanno portarli nei centri di raccolta. Materiale di imballaggio: plastica, bottiglie, metallo, vetro… andranno posizionati nel rispettivo contenitore. Carta e cartone, ovviamente, devono essere gettati nella raccolta apposita. Per quanto riguarda le sostanze inquinanti – ad esempio le vernici – devono obbligatoriamente essere portate ai centri creati apposta.
In quanto ad indumenti e tessuti, vecchi e nuovi, vale quanto sopra spiegato.
Si potranno – al contrario – continuare a smaltire nell’indifferenziato alcuni residui di farmaci non più utilizzabili, la cenere e il carbone, così come la carta da forno, non riciclabile. Ammesse porcellane e ceramiche, ma in piccola quantità; così come articoli per l’igiene personale: assorbenti, salviette, pannolini e preservativi. Accettati anche i guanti di gomma, le candele, la spazzatura raccolta da terra, nastri e cassette, mascherine da volto e spugne.
Sì anche ai sacchetti per l’aspirapolvere, i mozziconi di sigaretta e gli imballaggi sporchi e unti.
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