Quando a fare scandalo è la gonna ‘troppo lunga’

Quando a fare scandalo è la gonna ‘troppo lunga’

Allora, allora, allora… vediamo. Cosa è accaduto? Il mondo si è posizionato alla rovescia e non ce ne siamo accorti? Eh sì, eh sì. Come se non bastassero gli eventi che gestiscono le redini della nostra sorte e, soprattutto, della salute, ora ci si mette anche la cronaca. E, per fortuna, ci strappa un sorriso…

Ascoltate, allora. Tendete bene l’orecchio. Siham Hamud ha 12 anni e studia presso un istituto di Uxbridge, nella periferia londinese. Quella, per spiegarci, circoscrizione di Boris Johnson. Ebbene, la ragazza è stata tacciata dal corpo insegnante di aver assunto – testuali parole – una condotta ‘inaccettabile’. Cosa sarà successo? Vi starete domandando. L’avranno trovata a fumare uno spinello? Avrà mancato di rispetto ai professori? Avrà insultato una compagna? Nulla di tutto questo, rassicuratevi.

Il punto è che la religione islamica a cui appartiene, impone all’adolescente il divieto di indossare gonne esageratamente corte, come quelle richieste dalla scuola. Intollerabili. Secondo i genitori? No no, secondo la diretta protagonista. Di qui, la decisone di tenerla a casa, da dicembre, passibili, mamma e papà – e qui di ridere ci si interrompe – di denuncia.

Insomma, pochi cm di stoffa sono bastati a scatenare un putiferio. E, se la ragazzina si fa forte del fatto di essersi potuta coprire – lunghezza caviglie – per anni, senza per questo ricevere alcuna critica, d’altra parte il più recente regolamento parla chiaro. Le uniformi ufficiali accettate si compongono di gonne plissettate a filo ginocchio o, in alternativa, pantaloni lunghi.

E’ un fatto, dunque, che una questione apparentemente banale si sia rivelata, in questi mesi, fonte di continua diatriba, giacché la ‘nostra’, ogni qual volta si presentava bardata del suo ben gonnellone, veniva inesorabilmente rispedita al mittente. “Mi sento esclusa“, ha dichiarato Siham, intervistata dal The Guardian, “perché non posso vedere più i miei amici. La scuola non mi accetta per la mia religione, e questo è sbagliato. Sono confusa e arrabbiata, per il fatto che non posso indossare ciò che voglio in base alla mia religione. Spero che cambino le regole“. 

Uno stallo, a quanto pare, insormontabile, tanto da dover ricorrere, da parte del Preside, persino alle minacce. “Mia figlia“, la sostiene cuor di genitore, tentando di difenderla “vuole semplicemente indossare una gonna di qualche centimetro più lunga e non capisco quale sia il problema della scuola di Hillingdon. Ora se la prendono con me, ma non sono io a imporre a mia figlia di indossare una gonna fino alle caviglie. È una ragazzina religiosa ed è una sua libera scelta. Amava andare a scuola, ma ora piange spesso“.

Siamo convinti che, prima o poi, se ne verrà a capo. Riflettiamo, tuttavia, a fronte di questioni ben più gravi, su quanto ancora ci ritroviamo schiavi delle apparenze.

Intrappolati, benché ci dichiariamo ‘liberi’, in una ridda di preconcetti e di occlusioni mentali (dall’una e dall’altra, sia ben chiaro) che, invece che aiutarci a crescere, ci tengono lì, asserragliati nelle nostre immutabili convinzioni.

Pronti a dichiarare guerra al mondo, pur di non perdere le piccole, infinitesimali eppure inespugnabili sicurezze, dalle quali proprio non intendiamo scostarci.

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