W il pollo… e tutto quel che resta
Come chiamereste un ristorante che gioca le sue principali carte sull’ingrediente pollo? ‘The Chicken‘ presenta, tuttavia, una riserva. E non è cosa da poco. L’offerta può considerarsi – come dire – d’avanguardia, poiché il cibo di cui tanto va fiero è frutto di un attento studio di laboratorio.
“Gli hamburger di pollo coltivati sono al centro di un menù d’ispirazione stagionale, di piatti freschi di produzione locale, preparati dal nostro team di chef nell’elegante cucina open-space. Tutto il nostro pollo è sostenibile, ecologico e rispettoso degli animali. Il pollo è in prima linea in una rivoluzione alimentare, per fornire sicurezza nutrizionale, ridurre drasticamente le emissioni di carbonio e aumentare la sicurezza alimentare, in tutto il mondo. Sii il primo a provarlo.“
Così, almeno, recita il claim pubblicitario ideato dai ‘nostri’, per divulgare un’idea che, nel tempo, si è resa sostanza. Merito della tecnologia e delle numerose ricerche in campo alimentare, che hanno reso possibili soluzioni alternative rispetto agli allevamenti intensivi rivelatisi, nel tempo, dannosi in termini di modello produttivo.
Di fatto, bastano poche cellule per poter riprodurre la parte del volatile che si desidera. ‘Supermeat‘, insomma, come comunemente viene etichettata. Super carne, artificiosa invenzione degli scienziati pionieri del settore, messa a disposizione dei clienti, in un battibaleno.
“Si può fare!” Esulterebbe il dottor Frankenstein, moderno Prometeo che, anziché dal desiderio di volare, è mosso dalla volontà di sfidare le leggi incontrastate della Natura.
Tuttavia, in questo caso, l’ambizione ha poco a che vedere con il tormento, tanto che, paradossalmente, si parla perfino di Km 0.
Impatto ambientale ridotto al minimo e spesa, in numero di risorse, assai più ridotta rispetto a quelle spendibili per la coltivazione dei mangimi, con tutti gli allegati al seguito.
Allevamenti avanzati, in sintesi, che lanciano un amo anche alle sperimentazioni future.
Il ristorante in questione si trova a Tel Aviv ed è ancora in una fase di prova. Possibile riservare un tavolo ma… non, invece, pagare. Di contro al pasto si richiede, piuttosto, un feedback, in modo da intervenire prontamente sulla messa a punto del prodotto. Empirismo allo stato puro.
Per i più curiosi, si può anticipare che i piatti che la fanno da Padrone sono due, entrambi burger: uno dal gusto classico, l’altro leggermente piccante.
Un menù suggestivo, se non altro per l’idea. Il resto, è un viaggio di scoperta…
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