A Chiaia volano stracci. Anzi no, mutande
500 metri, distribuiti tra uomini, donne… e slip. Esattamente. In quel di Napoli, i commercianti di Chiaia si sono resi parte attiva, nella protesta che riguarda i lavoratori, per mezzo di un flash mob. A sostenerli, miscelati in questa sorta di catena umana, clienti e operatori del settore.
E’ proprio lì, lungo il marciapiedi di via Dei Mille che si sono dati la mano – anche se solo idealmente – stringendo ciascuno un indumento intimo e chiedendo, a chiare lettere, di poter riaprire. “Non possiamo più pagare i fitti e le utenze“, sono le scritte che si evidenziano, sui cartelloni che indossano come uno scudo. “Non siamo untori“, ribadiscono e, intanto, si fanno sostegno l’un l’altro. Stanchi della situazione. Intenzionati a metter fine al fluttuare di aperture e nuovi stop che, da troppi mesi, interessa il settore del commercio.
“Siamo meno essenziali di un videogioco“, si legge da qualche parte.
“Sono soddisfatta – sentenzia Roberta Bacarelli, di FederModa Campania – dell’amore che ci stanno dimostrando i nostri clienti, i nostri dipendenti e il quartiere tutto. Abbiamo ideato questa trovata per farci notare. Per far capire che non è possibile che una categoria merceologica debba decidere sulla nostra vita e sul nostro futuro“.
“In un negozio di intimo – prosegue – non si prende il Covid. Nei nostri negozi, sì. E’ assurdo. Questa cosa va assolutamente rimessa a posto“.
Si aggiungono, alla sua, altre voci: “I ristori sono ridicoli – c’è chi urla – umilianti e mortificanti”. “Non sono commerciante, ma li sostengo“. ‘Lo Stato si è dimenticato di noi‘, si legge ancora. e, nel susseguirsi di proteste, si fanno largo le mutande, spostando la questione – come è tipico dello spirito partenopeo – dal serio al faceto. Ma neppure poi troppo…
Di fatto, se ne parla e questo è il punto. Arrivare a distinguersi, per poi farsi ascoltare da chi ha il potere per cambiare le cose. E rimettersi, nel più breve tempo possibile, a lavoro.
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