Asini: la specie a rischio che non ti aspetti
C’erano un tempo il bue e l’asinello… già, un tempo. Perché adesso le cose stanno in maniera decisamente diversa.
In un mondo interessato e giustamente preoccupato per la salvaguardia delle specie, ci si dimentica di una – probabilmente – data per assodata. Ritenuta scontata, giacché al nostro fianco da secoli e poco avvezza, per di più, a farsi notare. Ma, dicevamo, appunto, non è così. Su una popolazione globale di circa 5 milioni di capi. il 10% viene massacrato, ogni anno, tanto da ritenersi ormai, gli asini, in via di estinzione.
Suona di scherzo, ce ne rendiamo conto. Eppure, vuoi la biologia, lenta: la gravidanza dura un anno e l’età adulta viene raggiunta solo dopo i 2 anni; vuoi la sempre più assidua richiesta da parte dei bracconieri, il valore dell’animale si è tradotto da 30 a 300 dollari. E il prelievo si conta talmente consistente che, di questo passo, la razza potrebbe dimezzarsi, nel giro di neppure 5 anni.
C’è, inoltre , da aggiungere, che lo si cerca ‘morto’. Vale a dire che se ne caccia soprattutto la pelle, indispensabile per produrre l’ejiao, una medicina tradizionale cinese, in uso da migliaia di anni ma la cui domanda, negli ultimi 6, si è potenziata al punto tale, da registrare una crescita della produzione, da da 3.200 a 5.600 tonnellate.
Motivato, tutto ciò, dal fatto che il farmaco, un tempo riservato unicamente alle élite, è ora ad appannaggio anche delle classi medie. Non a caso, in Cina, le mandrie si sono drasticamente ridotte. Da 11 milioni di capi, nel 1992, ne rimangono, adesso, solo 2,6 milioni.
Un trattamento, quello del pellame, che suona di panacea miracolosa. Pare – e lo sottolineiamo con doverosa diligenza, giacché non esiste alcun studio scientifico ad attestarlo – che la gelatina solida, ottenuta dalla bollitura, migliori la circolazione del sangue, curi l’anemia, l’insonnia, il mal di testa, le vertigini, le emorroidi, la tosse. Abbia proprietà anti invecchiamento e accentui la potenza maschile. Non c’è che dire. Solo, aggiungiamo che, giacché unicamente una piccola parte della materia prima si ricava dal mercato cinese, si è costretti a far ricorso al contrabbando estero.
Africa, Asia e Sud America si vedono coinvolte per quelli che, in più delle volte, rappresentano traffici non legalizzati.
Una sistematica che, oltretutto, crea rischi anche per l’uomo. Non è raro il caso di trasmissibilità, riguardo a malattie zoonotiche, come antrace e tetano, anche perché spesso gli asini sono asintomatici e non esistono controlli. Gli operai che operano nel settore sono a rischio. Inoltre, il trasporto nella clandestinità e in promiscuità sottintende le condizioni per possibili diffusioni pandemiche.
Come se non bastasse, le pratiche di macellazione presentano problemi di smaltimento, preferendo, dunque, abbandonare le carcasse nei campi, con tutto quel che ne consegue. E’ a tal proposito che la più grande azienda produttrice di ejiao, Dong E-E-Jiao, una tra le poche a seguire le regole, ha fornito la propria disponibilità, affinché il materiale arrivi da una fonte sostenibile, legale ed etica e, se possibile, di madre patria. Si sono interpellati fior di esperti, al riguardo, ma gli standard rilevano che, per soddisfare l’intera domanda occorrerebbero, così procedendo, ben 20 anni.
Un buco nell’acqua? C’è da considerare, poi, che gli asini costituiscono una vera e propria risorsa per le popolazioni dei Paesi poveri, da cui vengono prelevati. Qui, gli agricoltori li utilizzano per il trasporto, il lavoro della terra, ma anche per portare i bambini a scuola o il raccolto in città. 500 milioni di persone dipendono da loro, che rappresentano una vitale fonte di reddito, soprattutto per le donne.
In soccorso, l’Associazione Internazionale Veterinari ha chiesto, ora, di interrompere la vendita dell’ejiao, almeno finché non vengano puntualizzate misure specifiche, attinenti ad animali ed esseri umani. E c’è addirittura chi, come Ebay, ha bloccato la vendita del prodotto, sul proprio sito. Del resto, in favore della causa si sono attivati persino alcuni ricercatori dell’Università di Barcellona, riuscendo ad escogitare il modo di far crescere la pelle in laboratorio.
Secondo un sondaggio effettuato dall’Università di Reading, il 48% dei consumatori non avrebbe alcunché da ridire. Con buona pace dell’amico ciuchino.
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