Il più antico tra gli allenamenti per il cervello? Si chiama Cruciverba
A pensarci ci scappa un sorriso, eppure, almeno una volta l’anno, pare che continuiamo a sentirne l’esigenza. Del Cruciverba come, pure, del Sudoku, delle parole crociate e di tutti quei ‘grattacapi dell’enigmistica’ che sono soliti accompagnarci, durante la stagione estiva, sotto l’ombrellone. Insomma, 10 minuti rubati qua e là, tra una sorsata fresca e una chiacchierata, più o meno avvincente e l’abitudine ad allenare – poiché di questo si tratta – le cellule grigie non accenna a tramontare.
Una sana distrazione, scevra dai nervoluti pensieri legati al quotidiano, al fine di regalarsi brevi istanti di sano e frivolo appagamento, qualora si riesca nell’intento di rispondere ai quesiti richiesti, in maniera corretta.
Badate, tuttavia. Non rappresenta, quest’ultimo, unicamente un modo per distrarsi. Secondo alcuni studi scientifici, l’enigmistica – e non è cosa nuova – produce l’effetto di mantenere giovane il cervello migliorandone, nel breve termine, le prestazioni.
Dunque, se recandoci in palestra alleniamo i muscoli del corpo, parimenti, il muscolo che accompagna i nostri ragionamenti va tenuto attivo, costantemente. Un lavoro continuato, che evidentemente ci fa bene e contribuisce a migliorare il nostro livello prestazionale.
In pratica, ogni volta che ci si impiega nella ricerca di soluzioni, più o meno complicate, si attivano e si mettono in contatto una serie di neuroni (sinapsi). Allo stesso tempo, si mettono in moto le funzioni cognitive, come l’attenzione, la memoria e i nessi logici.
Risultato: si registra un evidente ritardo, anche nel processo di invecchiamento. Dedicare pochi minuti al giorno alla suddetta palestra mentale è, pertanto, tra i consigli maggiormente elargiti dagli esperti del settore. E rappresenta, anche, un valido aiuto contro la demenza senile.
Luoghi comuni? Niente affatto. A riprova – udite udite – persino gli esiti della risonanza magnetica. I risultati hanno messo in evidenza l’attivazione di svariate sezioni della nostra materia cognitiva, tutte collegate fra loro, impegnate nello svolgimento delle attività richieste dal gioco.
Esperimenti svolti attraverso la Pet, hanno dimostrato – inoltre – che tra i malati di Alzheimer di età equivalente, la perdita delle capacità avvenga in tempistiche più diluite, laddove si sia tenuta in esercizio la mente. Più comunemente, i ‘giochi’ risultano un toccasana nel contrastare i sintomi del tempo che trascorre, a prescindere dal grado di istruzione delle persone.
Un passatempo, indispensabile – potremmo dire – per i grandi, ma anche un metodo per stimolare le doti di apprendimento dei più piccoli. Non un dovere, bensì un divertissement per – ad esempio – immagazzinare vocaboli sconosciuti, espressioni e, perché no, arricchirsi del bagaglio di una discreta cultura generale.
Similmente a quanto accade a scuola, ma senza la presenza di esami o di insegnanti.
Si richiede, difatti, uno sforzo di attenzione, memoria, logica e ragionamento. Ovviamente il contenuto va adattato, età per età. E anche la grafica, con caratteri più grandi e colori adeguati, rappresenta una forma di attrazione, nello stimolo della curiosità.
Il punto, tuttavia, è che non esiste limite, né limitazione. Spensierati si può fare tutto. E più ci si diverte, più si migliora.
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