Fersen e Maria Antonietta: quell’amore tormentato e così puro…
Tornate indietro. Girate la testa di 229 anni e allontanatela, fino a ripercorrere le atmosfere di quel lontano giugno 1791 e, di lì, spingetevi fino all’agosto 1792. Prendete a leggere: amato, tenero amico, adoro, e ancora… follemente.
Siete sul filo, incapaci di scandire di cosa esattamente si tratti? State leggendo l’imperscrutabile. Lettere. Lettere privatissime. Lettere d’amore, evidentemente, quelle in cui non avreste mai dovuto intrufolarvi, perché riguardano la corrispondenza, niente di meno, tra sua Maestà, Maria Antonietta, Regina di Francia e Lui, Axel von Fersen. Avete tra le mani materiale che scotta e che qualcuno aveva, a suo tempo, accuratamente occultato. Censurato, nel più meticoloso dei modi possibili, affinché quella passione rimanesse segreta, inesplorata, inaccessibile.
Cosa c’è di più banale, in fondo, di una relazione nascosta? Eppure il sentimento si rende ancor più struggente, laddove l’ardore si senta costretto, malgrado la più inoppugnabile tra le verità, a doversi tenere sottaciuto. Mimetizzare i sentimenti nel nulla, rei, secondo il mondo, di un peccato che non è personale, ma espanso, necessita di forza d’animo. Quella, atta a cancellare tutto ciò che sia in via di compromettere ulteriori ed eventuali derivazioni sentimentali e/o politiche.
LE PAROLE DI LUI…
“Non posso appartenere alla sola persona alla quale voglio appartenere, quella che mi ama davvero. Perciò non voglio appartenere a nessuna“, confessa, il conte, alla sorella-confidente. E fugge, per non deflorare l’immagine della ‘sua bella’. Si reca in America, a sostegno di una Rivoluzione che, di poco, ne precederà un’altra, più vicina e irreparabile. Ragion di Stato, che gioca a rimpiattino con la Ragion di popolo e, allora, il primo finisce linciato dalla folla, che lo accusa di aver avvelenato l’erede al trono di Svezia, mentre l’altra viene ghigliottinata.
Ecco, dunque che, a secoli di distanza, si riesuma questa sorta di feuilleton d’altri tempi; l’espressione più candida e verace di due cuori ebbri di un piacere che non avrebbero potuto permettersi e si scopre come lo svedese abbia protetto la ‘sua’ austriaca. Pare sia stato proprio l’amante ad intessere un’ordita trama per ‘giustificare’, agli occhi di chiunque ne fosse venuto – più o meno casualmente – al cospetto, gli scritti di Lei. Rimuovendo determinati passaggi, affinché, scivolando tra le righe, non si avesse sentore di quanto accadeva. Pare, addirittura, che molte tra le epistole attribuite alla moglie di Luigi XVI fossero, in verità, copie degli originali, realizzati dallo stesso von Fersen. L’inchiostro utilizzato dal conte sembrava, inoltre, assai simile a quello presente sulle zone eliminate, ragion per cui si è indotti a supporre che il nobile abbia ‘purgato’ le reciproche missive, nel rispetto di colei che deteneva tra le mani le sorti del Regno di Francia.
UN’ OPERAZIONE ‘A CUORE APERTO’
Una rivelazione – o meglio una deflagrazione – emersa da uno studio, pubblicato sulla rivista Science Advances, condotto dagli scienziati del Centre de Recherche sur la Conservation (CRC), presso la Sorbonne-Université che, tramite un metodo del tutto innovativo, si sono dimostrati in grado di risalire agli originali. Il team ha combinato – in sintesi – spettroscopia a fluorescenza di raggi X e tecniche di elaborazione di dati per districare gli strati di inchiostro e rendere più leggibili le parole depennate.
Sono state prese in esame, nel totale, 15 lettere, individuando differenze significative tra i rapporti di rame-ferro e zinco-ferro degli inchiostri. In sostanza, “le indagini chimiche hanno permesso di distinguere le firme… e ricostruire il contenuto delle missive“.
Dunque, si prosegue, “la ricostruzione ha numerose implicazioni… Come fatto storico, l’episodio si inserisce in un momento molto particolare, quello della Rivoluzione francese, in cui la figura della sovrana emerge in una prospettiva completamente diversa… Dalle lettere, se ne nota il lato sentimentale…”
LA NOTTE GALEOTTA…
Donna tra le donne, capace di provare trasporto e dolcezza, al di là del rango sociale, dell’educazione o della matrice di provenienza. E, in effetti, la rivalsa dell’amore sulla scienza si opera con poco. Basta una data: 13 febbraio 1792. Lui entra, di nascosto, negli appartamenti privati della regina, nelle Tuileries. Poi, nel suo diario scrive: “Lunedì 13, andai dalla regina. Presi la mia solita strada; paura della Guardia Nazionale. I suoi appartamenti, meravigliosi. Rimasi lì. Martedì 14, vidi il re alle sei di sera».
Ecco, in quel “rimasi lì” mai sbianchettato c’è la sostanza di un tutto, che non può indagarsi allo spettroscopio. Libero accesso al progresso scientifico, che avanzi la sperimentazione, largo all’analisi. Ma qui si tratta d’altro. E’ di lunga più semplice, più ovvio ed immediato. Si chiama amore.
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