Caturro: quell’agglomerato di sapori che nessuno – o quasi – conosce
Mai sentito parlare del Caturro? Beh, se siete golosi di polenta, la storia che stiamo per raccontarvi, forse, vi intrigherà.
Fate retromarcia fino al tramonto dell’800. Siamo a Scicli, monumentale città barocca, che fa comune a Ragusa, insignita a Patrimonio dell’Unesco. E, se particolare è l’area territoriale, altrettanto lo sono le ricette di zona.
Tra queste, il Caturro, per l’appunto, rappresentava, un tempo, una efficace forma di sostentamento, ma non solo. Era infatti, anche, l’escamotage per sfuggire alla tassa sul macinato, imposta dal Regno d’Italia. Chi non poteva permettersi di pagare, lavorava la farina in casa, contravvenendo, di fatto, alla legge.
Ingrediente principale, il grano, ridotto in polvere aiutandosi con due pietre laviche e cotto, a guisa di polenta. Sebbene si tratti di una preparazione della cucina povera, il piatto, unico, risulta ricco di sapore, atto a soddisfare, allora, gusto e necessità di buona parte delle famiglie poco abbienti.
Una volta frantumato, il grano duro veniva versato a pioggia in acqua, bollente e salata. Dunque, mescolato, assai lentamente, con un cucchiaio di legno, onde evitare la formazione di grumi. Per mezzo chilo di frumento, occorrevano circa tre litri d’acqua. A fine cottura, si versava il prodotto nei piatti, condendolo con diversi ingredienti: olio d’oliva, legumi, verdure o ricotta, a piacere.
Una pietanza che poteva, volendo, venir consumata anche fredda, oppure fritta in padella, con una lacrima d’olio e che, nonostante appartenga alla tradizione, rimane tuttora pressoché sconosciuta anche nei suoi luoghi d’origine. Oltre i confini di Sicilia è nota, pare, unicamente a qualche studioso.
La memoria del Caturro è rimasta viva grazie allo scomparso medico e scultore Gaetano Mormina, per decenni cultore della ricetta. La versione odierna è, indubbiamente, più ricca. Rimane, tuttavia, testimonianza di quell’arte di arrangiarsi che fa riferimento alla cultura più antica e che rimane, a tutt’oggi, elemento cardine di un mangiare semplice, completo, genuino e, per di più, in grande rispolvero.
LEGGI ANCHE: Bensone: rispolveriamo la tradizione
LEGGI ANCHE: Quel pane orgoglioso che aspirava al vanto ‘D.O.P.’