Tempo di Feste: accomodiamoci a tavola a suon di tradizione
Dieci giorni al Natale e… inevitabilmente, si pensa al menù. Già, poiché – ammettiamolo – si tratta di un elenco ‘sacro’, in cui confluiscono, all’unisono, sapere e sapore. Dunque, le usanze, che si tramandano di generazione in generazione, subiscono una sorta di personalizzazione, e i rituali gastronomici si accompagnano, se non – addirittura – cedono il podio, alla creatività del momento…
Ma quel che c’è resta e si fa sentire, con tutta la forza del racconto che si porta appresso…
In VENETO risotto e tacchinella
Ci sono piatti che rispecchiano e, al meglio, rappresentano le consuetudini delle ricorrenze. Non a caso, riso e fagioli o risi e bisi (riso e piselli) nascono come pietanza di uso contadino, per poi diventare portata mainstream.
In particolare, nel trevigiano, riso, patate, cipolla e piselli sono cucinati spesso d’inverno ma, di frequente, vengono serviti anche sotto l’albero, insieme al baccalà, rigorosamente accompagnato dalla polenta.
Né è stata dimenticata la tacchinella arrosto – così come viene chiamata da queste parti – accompagnata con il radicchio di Treviso. Insolito a dirsi, poi, nella terra del Pandoro – il veronese – va per la maggiore l’antagonista più acerrimo, vale a dire il Panettone. Ma, se vogliamo parlare di dolci, qui c’è un solo nome di cui tener conto: Nadalin, vaporoso e leggero e modellato a forma di stella; gonfio nel centro e basso ai lati. Un prodotto da preparare in casa, per servirlo, a fine pasto, a parenti e amici più stretti.
In FRIULI si festeggia con Brovada, Muset e trippe
Ci spostiamo in Friuli, dove la fanno da padrone le trippe in umido. Una volta usciti dalla messa di mezzanotte, da queste parti ci si sposta nelle osterie, aperte fino a tardi, oppure nelle cucine di casa, meglio se attorno allo spolert, la stufa in ghisa tipica della tradizione, per condividere un desinare caldo, semplice, confortevole.
Il giorno a seguire, invece, sale in cattedra l’accoppiata brovade e muset. Musetto del maiale – per capirci – non troppo dissimile dal cotechino, accompagnato con le rape a colletto viola, macerate nelle vinacce. La brovada – d’altronde – dall’odore forte e riconoscibile, non tradisce mai le aspettative dei commensali.
Sapori mitteleuropei in quel di TRIESTE
Stessa Regione, muta, tuttavia, la preziosa lista, per gli abitanti di Trieste. Il menù del 25 dicembre, qui, prevede gnocchi di susini e jota, una particolare minestra di fagioli, crauti e patate. Le signore della città – pensate – si danno da fare già dalla Vigilia, mettendo a bagno i fagioli e cucinando i crauti con sale, pepe e cumino.
Ma il cuore del pranzo – va specificato – si racchiude tutto nel dolce. Ed è la putizza ad ingolosire i palati. La preparazione, introdotta da Ferdinando Massimiliano D’Asburgo nel 1864, si compone di una specie di focaccia, arrotolata su se stessa e riccamente ripiena di cannella, noce moscata, chiodi di garofano, cioccolato, noci, pinoli, nocciole, mandorle tostate, uvetta. Talvolta, viene aggiunto anche un tocco di rhum.
Alternativa a quest’ultima è – d’altro canto – il presnitz, tipico preparato triestino di matrice giudaica, ricco di frutta candita, frutta secca e rhum. Un piatto decisamente storico, dal momento che deve il suo nome al Preis Prinzessin, il premio Principessa, conquistato a Miramare, la prima volta che è stato proposto.
La BASSA PADANA ci regala polenta e Stortine
La polenta, diffusa tradizionalmente dalle Marche al Piemonte e in tutta la Pianura Padana, diventa il piattone del Natale nella bassa padana, solo se accompagnato con le stortine, anguille cotte alla brace e marinate in aceto. I pesciolini in questione vengono conservati durante l’anno in una scatola, aggrovigliati. da qui, il nome.
A Modena, invece, si preferisce puntare sull’abbondanza: perché rinunciare a lenticchie e zampone, accompagnati da fagioli e purè? Un menù impegnativo e gustoso, che viene replicato anche a Capodanno. Del resto, melius est abundare quam deficere, sostenevano già gli antichi Romani.
Dall’EMILIA alla CALABRIA le lasagne rimangono un sempreverde
Irrinunciabili, da nord a sud, le lasagne rimangono, più che una ricetta, un rito, cariche, nel bolognese, di ragù e besciamella. Nelle Marche le conosciamo come vincisgrassi, mentre il Molise, qualche centinaio di chilometri a sud, si fa promotore della sagna in brodo: timballo di lasagne, cotte nel brodo di gallina ed imbottite con uova, pecorino e scamorza; e carne della gallina a tocchetti.
In Calabria, invece, non possono mancare, a companatico, salsiccia, carne di maiale, uova, pecorino, caciocavallo e, naturalmente, passata di pomodoro.
La BASILICATA si fa terra di baccalà
Mai sentito parlare del baccalà cu’ piccilatiedd? Siamo in terra lucana, dove differentemente che in altre Regioni, a valorizzare la pietanza intervengono le zafarane (peperoni cruschi), in pastella. E poi ci sono i fritti, dolci e salati e la frutta secca, servita in grandi quantità, a grandi e piccini.
A seguire, loro: i fashtidd, anche noti come gnummariell, ossia involtini di carne di agnello, ripieni di interiora e avvolti con grasso e alloro, preparati appositamente dagli uomini di casa. Un piatto privilegiato, un tempo considerato povero, poiché ricavato dagli scarti dell’animale.
Sa Cordula e la Sardegna abdica al porceddu
Sempre in tema di carne, in Sardegna, al di là del porceddu, pur sempre rinomato, spicca sa cordula, l’intestino dell’agnello che, una volta avvolto su se stesso, viene fatto cuocere in pentola con abbondanti cipolla e piselli. Tipico come antipasto, è ottimo anche in veste di secondo.
In SICILIA la Scacciata si fa in casa
E chiudiamo il nostro viaggio tra i sapori con le scacciate siciliane, anche note come impanate nel siracusano e scaccia, nel ragusano. Un lievitato – per chi non le conoscesse – a metà tra il pane e l’impasto della pizza, farcite a piacimento. Il giorno deputato al Messia, vengono preparate rigorosamente in casa e i ripieni sono i più vari: broccoli, salsiccia e formaggio tuma; oppure patate, pomodoro, cipolla e salsiccia.
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