Quei ‘furbetti’ della Pizza, che fanno tanto male all’Italia
Il nome, di per sé, è già tutto un programma. E, del resto, come poteva chiamarsi l’ennesima mossa per la Tutela Agroalimentare rivolta a note pizzerie ‘a grande firma’, se non Operazione Margherita Terza?
E già, i militari del Comando Carabinieri hanno agito a 360°, interessando, nella loro indagine, numerose Regioni dello Stivale. Le ispezioni hanno coinvolto esercizi di ristorazione in Veneto, Lombardia, Emilia Romagna, Lazio e Campania, evidenziando – come riferisce una nota – irregolarità nella presentazione dei prodotti al consumatore, riguardo alla rintracciabilità degli alimenti e le indicazioni degli allergeni.
LA TRUFFA
In particolare, in diversi menù controllati, è stato riscontrato che, seppur fosse dichiarato l’impiego di prodotti DOP e IGP nella preparazione delle varie tipologie di pizze, venivano utilizzati, in realtà, manufatti non iscritti al circuito tutelato.
Una vera e propria beffa, nei confronti di chi, della qualità degli alimenti e, soprattutto, del rapporto fidelizzato con i propri clienti, ne fa un motivo di vanto.
Ecco, dunque, che il personale del RAC, ha proceduto alla denuncia per frode in commercio di 5 titolari di note pizzerie gourmet. Per le accertate irregolarità sulla rintracciabilità degli alimenti, sono stati sequestrati 45 kg di prodotti agroalimentari di vario tipo ed elevate sanzioni, per 9.500 euro.
“La scoperta di falsi prodotti Dop e Igp, usati nella preparazione di pizze gourmet, è la punta dell’iceberg di una situazione dove due pizze su tre, servite in Italia, sono ottenute da un mix di ingredienti, provenienti da migliaia di chilometri di distanza. Senza – peraltro – alcuna indicazione per i consumatori. Si va dalla mozzarella lituana al concentrato di pomodoro cinese. Ma c’è anche l’olio tunisino e il grano ucraino“. Parole, queste, del Presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, che aggiunge: “Gli ottimi risultati dell’attività di contrasto confermano la necessità di tenere alta la guardia”. E’ necessario “stringere le maglie, ancora larghe, della legislazione, con la riforma dei reati in materia agroalimentare“
UN FENOMENO ESTESO E A LARGO RAGGIO
Considerazioni, inevitabili e sagge, dato l’enorme spazio che, a fronte di un Made in Italy, orgoglioso e vincente, si accaparrano sempre più i cibi contraffatti, sia tra le cucine rinomate, sia tra i banchi del supermercato. D’altronde, il giro d’affari delle imitazioni sia aggira, ad oggi, intorno ai 100 miliardi di euro. E, il danno, doppio, economico e di immagine, non è certo indifferente. Al di là dei rischi, nel caso specifico, per la sicurezza stessa dei consumatori.
Pensare che, sempre secondo quanto riferisce Coldiretti, se le nostre filiere potessero rispondere alla domanda, evidentemente presente, si potrebbero creare 300 mila nuovi posti di lavoro. Invece, e per paradosso, ci ritroviamo a fare i conti con una perdita, senza dubbio ingente. E, a rimetterci, sono tutti, dai produttori locali, costretti ad abbassare qualità e prezzi, agli ovvi destinatari finali, all’Economia del Belpaese nel complesso. Danneggiata, quest’ultima, da un sommerso, che ne sfrutta il nome, il prestigio e l’immagine.
E, benché a supporto del comparto in questione e dell’autenticità in generale sia arrivato, nel 2019, il Decreto legge n. 34, il problema non va considerato affatto risolto. Occorrerebbe, pertanto, riflettere, ancora, sul da farsi.
Convinti, noi, come chi pure è armato del buon senso, che rimane sempre valido il vecchio detto, secondo il quale ‘Chi è causa del suo mal, pianga se stesso‘. Eppure, ‘a tutto c’è rimedio‘.
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