Bibbia: quel Matteo che nessuno conosceva…
La Bibbia… nascosta. Per la precisione, un capitolo delle Sacre scritture, redatto oltre 1.500 anni fa, che potrebbe fornire spunti chiave su come il testo religioso sia cambiato, nei secoli. L’ultimo ritrovato comprende parti di Matteo 11-12 nel Nuovo Testamento ed è compilato nell’antica lingua siriaca. Una porta d’accesso, alla serie di dubbi rimasti sinora senza risposta. Ciò, insomma, che il manuale evangelico standard non ha saputo rivelarci.
Un scoperta, avvenuta… quasi per caso, nel momento in cui gli scienziati hanno applicato la luce UV a un manoscritto dedicato ad antiche storie e inni cristiani, gelosamente conservato presso la Biblioteca Vaticana.
Benché raschiato dalla pergamena – pratica comune, in modo da poter riscrivere sulla medesima – le tracce di quel che c’era ‘sotto’ erano evidenti. Un ritrovato, dal valore inestimabile, giacché fornisce una panoramica delle prime traduzioni della Bibbia.
“Questa scoperta è molto interessante ma, isolatamente, non è rivoluzionaria”, tendono a chiarire gli studiosi, “soprattutto perché il testo appena identificato rappresenta solo una parte frammentaria di Matteo 11-12“. “La traduzione siriaca della Bibbia è importante di per sé, in quanto tra le prime traduzioni dal greco. Ci dà un’idea delle prime fasi del testo della Bibbia e delle comunità che hanno prodotto queste traduzioni“.
Un’incontro “affascinante“, quello con le pagine appena ritrovate. Del resto, è altrettanto affascinante notare il variare delle parole, rispetto alla versione che tutti conosciamo.
“…è un altro esempio di quanto sia stata ricca la tradizione manoscritta del Nuovo Testamento, nel corso di molti secoli“.
“Aiuta gli storici a mettere insieme un quadro estremamente accurato di ciò che dicevano i vangeli originali“, secondo alcuni. Si tratta di un rinvenimento “genuino e importante“, addirittura “entusiasmante“, stando ad altri. “Fino a pochi anni fa conoscevamo solo due testimoni manoscritti della traduzione in antico siriaco dei vangeli e ora ne abbiamo quattro“.
Gran parte del merito va, dunque, riservato a Grigory Kessel dell’Accademia austriaca delle scienze, che non ha ancora rivelato la traduzione completa ma ha condiviso alcuni dettagli. Così, nella versione greca di Matteo capitolo 12, versetto uno si legge: ‘In quel tempo, Gesù passò tra i campi di grano in giorno di sabato e i suoi discepoli ebbero fame e cominciarono a cogliere delle spighe e a mangiarle‘.
La traduzione più dettagliata – invece – recita: “[…] cominciò a raccogliere le spighe di grano, strofinarle tra le mani e mangiarle“.
L’originale pare risalire al III secolo, cancellato da uno scriba. Pratica ricorrente – lo accennavamo – poiché la carta ricavata dalla pelle degli animali era scarsa e bisognava, all’occorrenza, riutilizzarla.
C’è, infine, chi punta l’obiettivo proprio alle varianti, innumerevoli. Dettagli – tanti – che evidenziano la diversa natura del Cristianesimo primitivo e rafforzano un consenso emergente sul fatto che l’antica fede non fosse monolitica bensì aperta e curiosa, probabilmente assai più si quanto adesso si sia disposti ad immaginare…
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