Non scambiateli per semplici carciofi…
A mezz’ora di vaporetto dalle Fondamenta Nuove; lì, presso, la laguna più rinomata d’Italia, c’è Sant’Erasmo. Un’isoletta attraversata da canali e, dal Cinquecento, sorta di orto unico, che dà respiro e sfogo ai terreni argillosi, ben drenati e dalla salinità assai manifesta. Vi si coltivano verdure saporite, in specie i carciofi, tanto che la varietà tipica locale ha ereditato il nome proprio da qui.
Tenero, carnoso, spinoso e di forma allungata: eccola, l’istantanea del carciofo di Sant’Erasmo, dalle brattee color melanzana. Oggi Presidio Sle Food, un tempo – pensate – veniva concimato con le scoasse (la spazzatura, secondo il dialetto veneziano), oppure utilizzando le conchiglie e i gusci dei granchi, che servivano per correggere l’acidità dei terreni. Per proteggere le piantine dal vento di bora, invece, si allestivano le motte, vale a dire piccoli cumuli di terreno, dalla parte che guardava al mare.
La stagione, per esser precisi, inizia a fine aprile, con la raccolta delle castraure, il primo piccolo germoglio apicale, tenerissimo, che viene tagliato, per agevolare la crescita più rigogliosa degli altri germogli (da 18 a 20 per pianta, ogni stagione). La raccolta prosegue, poi, fino alla seconda metà di giugno, benché la produzione sott’olio lo renda disponibile tutto l’anno. Gli ortolani trasportano le verdure con le barche, le caorline, dall’isola fino ai mercati di Rialto e Tronchetto.
Gli articiochi, così sono conosciuti in loco, sono stati introdotti nella cucina veneziana dalla comunità ebraica. Sono consumati prevalentemente crudi e le castraure rappresentano una vera delizia, disponibile solo per pochi giorni: 10, 15, non di più.
Le ricette che prendono spunto dal prodotto sono numerose. Si va dal fritto in pastella alla versione cruda, condita con un filo di olio d’oliva; oppure con il garbo, cotto – cioè – con soffritto di aglio o cipolla a fuoco lento e a tegame coperto, con l’aggiunta finale di aceto o limone. Ancora, tagliato a spicchi, rosolato e servito freddo con limone, oppure maritato con le schie (i gamberetti di laguna), gli aliciotti e le sardine.
Nelle osterie, lo si ritrova nell’elenco dei cicheti di ordinanza, lesso e insaporito con aglio, prezzemolo, pepe e olio.
Castraure alla Veneta
INGREDIENTI:
- carciofi
- aglio
- olio extra vergine d’oliva
- acqua
- limone
- sale e pepe
PROCEDIMENTO:
Per iniziare, armatevi di guanti in lattice, per maneggiare il carciofo. Lavate accuratamente il prodotto. Ora, potete procedere in due diversi modi: scegliere di adoperare unicamente il fondo, oppure cucinare i carciofi per interi. In tal caso, andranno sbattuti in senso verticale sul piano di cottura, in modo che le foglie si aprano il più possibile e il sugo penetri all’interno.
Le foglie, specie nel primo caso, non vanno gettate. Sono buonissime, riciclabili per preparare altre pietanze. In una terrina inserite, quindi, le castraure, con acqua e limone. Lasciate in ammollo e procedete, tritando finemente aglio e prezzemolo. Oliate una pentola. Dorate il trito d’aglio e prezzemolo. Poi, aggiungete i fondi, facendoli rosolare per qualche minuto. Addizionate il giusto quantitativo di brodo vegetale, se ne disponete o, semplicemente, acqua, in modo che rimangano coperti.
Abbassate il fuoco, salate e pepate e disponete, a protezione, un coperchio. Fate cucinare, fin quando uno stuzzicadenti riuscirà ad attraversare i fondi. Servite il tutto caldo, a guisa di antipasto o di contorno.
In alternativa, inserite i carciofi in una pentola dai bordi alti e riempiteli ad uno ad uno, insieme al trito di aglio e prezzemolo. Quindi, salate e pepate. Aggiungete un giro d’olio in superficie e addizionate acqua o brodo vegetale, fino a metà della loro altezza. Mettete, anche in questo caso, il coperchio e fate cucinare, sempre a fuoco basso, per una trentina di minuti, circa. Una volta pronti, riponeteli sempre verso l’alto e innaffiate con il sugo.
Volendo e per un maggior gusto, utilizzate pan grattato mescolato a formaggio grana grattugiato, in fase di cottura.
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