Merope’s Tales (il non detto)
Accomiatarsi: prendere commiato, salutare partendo… La Treccani la risolve così, in uno schiocco di dita. Non altrettanto, non – almeno – con la stessa semplicità, parte la prima riflessione. Restare, oppure apparecchiarsi in un altro luogo? Mutare essenza o meglio, esercitare un’azione di camouflage? Prendere – per semplificare – ‘armi e bagagli’ e partire? Prefigurare davanti agli occhi l’altrove, svincolandosi non da quel che si è imparato, no, affatto, che è fonte d’esperienza; bensì dai volti, dai fantasmi, dagli atteggiamenti malati… da un fare insinuante e vagamente ricattatorio; dai sussurri e dai non detti (quelli sono i peggiori)…
Lusinghe, avvertimenti, minacce… Mi trovo qui, mentre corro verso la porta – proprio come Alice in fuga dalla Regina di cuori – a domandarmi – il fegato in tumulto – ancor questo e molto altro. Cosa, ad esempio, mi abbia condotta fin qui. Ma non ero arrivata in Paradiso? Non avevo toccato il cielo con un dito? E invece no, cari Signori e Signore, anche nelle migliori favole; anzi, soprattutto in quelle, affinché siano di ammonimento, si nasconde un orco; si cela il male. Esiste, insomma, un personaggio, il cui volto si vela di un’ombra nera. Da cui preservarsi, da tenere alla larga; sotto le cui ali, per non bruciarsi, è vietato indugiare.
E poco importano le sue sembianze. Colpirà, presto o tardi e a voi, cari tutti, non resterà che correre e correre a gambe levate!
Eccomi, dunque, venuta allo scontro – aperto o meno, non è questo che conta – con la personalità pomposa, bisbetica, irascibile, dalla vanità straripante di chi ha creduto di poter appropriarsi del mio.
In questo percorso, paradossale e folle, vi ho condotti, mani nelle meni, dovunque l’anima mi domandasse di curiosare. Mi sono dimostrata impertinente, forse, nel non considerarne le possibili conseguenze, ma sono Alice, no? Che volete farci. Non so vedere il marcio, giacché, di mio, non ne possiedo. Sono incorsa – di fatto – nelle ire della Regina. Che dire… Pensate, tra le numerose interpretazioni attribuite al personaggio, l’ideale di Carroll la lega alla peculiarità, propria di taluni adulti, di ‘arrabbiarsi’, spesso e immotivatamente, ingenerando – peraltro – solo stancante confusione.
Mi viene quasi da sorridere… poteva mancare, in questa mia fiaba, Lei, degna interprete di significazioni, che trascendono persino il Burlesque? Festeggiamola, allora, in tutta la sua gloria che, tra l’altro, siamo in periodo di compleanni. E’ vero, mi attardo a spiegarvi e voi, magari, siete in attesa di capire, di sapere come si è giunti al sarcasmo. Conosco l’ironia, che è una grande chiave, alle volte, nell’interpretare gli eventi. Lo è anche nel ridimensionare i dolori… oh, non che ce ne siano, in questo caso. Non me ne hanno neppure lasciato il tempo… Tant’è!
Il vero peccato è che quella di Carroll assomigliava, nelle fattezze, alla Regina Vittoria. La mia, al contrario, è bella, elegante nei modi… suadente. Non è, insomma, una ‘sciamannata’. Oddio, dove l’ho sentito questo termine? Eppure, al di là dello sguardo da Bamby, dietro un involucro, nonostante l’età, niente male, c’è… puzza. Avete presente quando l’aria si rende irrespirabile? Ecco, quel sentore che vi schiaccia i polmoni si è impossessato delle mie povere e fragili membra. Mannaggia, mi dico e mi suggerisco, al contempo: “Corri, bambina. Corri, finché ce la fai!“
Waw, che figata, però, la vita. Tu pensi di aver scovato l’elisir per esser felice e, invece, sorprendentemente, dentro la scatola c’era… un serpente!
Ma che volete, questo è il Burlesque: teasing, improvvisazione, stupore, fino in fondo. Servito, magari, su un bel piatto che… non si fa dimenticare. Operiamo, allora, di seduzione. Bisturi, presto!… che qui occorre darsi da fare.
Imbocco la retro, quindi, giusto quel tanto che basta per farmi comprendere meglio… Giro la testa e mi rivedo entusiasta, sinceramente presa da un’avventura non considerata, in precedenza, ma non per questo meno sentita. Sono sbarcata sulla Luna, in un topos che non vuole tempo, che si annoia delle determinanti dello spazio. Questo mio essere Merope non richiede sforzo, se non quello di provare ad abitare panni insoliti. Abiti che, permettete, consiglio ad ogni donna di indossare, prima o poi. Perciò mi spingo, limpida, positiva, luminosa – grave errore – fin nell’antro della Regina, la quale ‘ammaliatrice’ non sembrava aspettare che me. Ma perché poi le unghie debbono trasformarsi in trappole? Perché il destino, beffardo, desidera che spire avvolgenti mi impediscano, ad un certo punto, non solo di muovermi, ma financo di respirare?
Porto pazienza. Del resto, sono così minuta, talmente piccolina, che se mi stringo un po’ – penso – ce la posso fare. Ho persino mangiato i biscotti! Subisco? No. Taccio e rifletto. Osservo e mi rendo conto di come, per sua Maestà, quelli che i comuni mortali considerano lavori siano – ovvio, come non averci pensato prima – non favori, né piaceri, ma doveri di suddito. Non fateglielo notare, vi prego, altrimenti potrebbe adirarsi! E poco importa che le indicazioni, al riguardo, risultino sommarie, impartite a più riprese, mai uguali a se stesse. Oh, che conta! Lei è la Regina. Suo compito è governare. Mica la corona gliel’hanno affidata così, tanto per ridere. Per voi, nel sommarsi inconcludente delle richieste, è compreso, pertanto e scontato il sacrificio. Vostro – sia ben chiaro – e anche di chi, sbadatamente e per puro caso, o solo per affetto, vi è accanto. Non aveva chiesto di partecipare alla festa. Beh, che volete, oramai ci si trova!
Capacità di leader, mi interrogo. Problem solving, mi chiedo: ma un Sovrano non dovrebbe agire così? Forse ho letto libri sbagliati. Machiavelli e quelle sue teorie… che baggianate. Il tutto, infarcito di una strabordante arroganza e faccia tosta: questo sì, non le manca. Che caratterino eh?! La parola no, neanche a pensarla. Come recita quel vecchio detto: “Quel che mio è mio e quel che è tuo… beh, è mio lo stesso!“. Ahahahahah… buffo, vero, eppure guardate che non esagero. Insomma – come dire – tu rilasci un’intervista e ti trasformi, bacchetta magica alla mano che, in fondo, siamo sempre in una fiaba- in coautore, sorta di figura retorica che, all’occorrenza, mette o vorrebbe mettere la sua firma – niente affatto richiesta e immotivatamente – sulla produzione di altri.
Ragazzina arrogante, come ti sei permessa di invadere il mio territorio? Di allestire qui la tua Festa? Ma come, non eravamo tutte sorelle, le une dedite alle altre, perse in una cocente armonia che ci unificava in un solo corpo. Di più, in un unico battito?
Sì certo, fin tanto che non si faccia onta a Colei che qui, tutto regola e tutto governa. Persino le conversazioni, pensate e guai a farle notare che il suo sapere – ahinoi – fa bella mostra di sé persino su Wikipedia… Shshshshs… Sacrilegio, ma siate matte! Elogiatela piuttosto, per la sua leggiadria, per la grazia, per la maestria con cui conduce le ancelle… Tutto vero. Confermo. Rimango tuttora ammirata, come quando si conosce chi è padrone del suo mestiere. Per il resto, confermo anche quello.
Dicevamo… corro e cerco, per fare prima ad allontanarmi, di non voltare la testa, che chissà ancora quante brutture potrei vedere. In questo regno – mi accorgo – esistono forti lacune. Manca, ad esempio, il senso della proprietà, del limite o della vergogna; scarseggia il rispetto. E certo, si esercita il potere, no? Lo abbiamo spiegato per tutte le puntate, ma non avevo capito che fosse così!
Mi rifugio, allora, nel silenzio. Segue, un’ipotetica tregua. Ipotetica, eccola la sintesi. Allarme rientrato? Provo a fare capolino ma Lei rimane, tipo Condor, appollaia là, in alto, sul suo bel ramo che la tiene e la mantiene tutta erta e fiera… Chiede e chiede, Lei, come è sua natura e non considera il fatto di dover definire un prezzo per un lavoro svolto – ma, senza spingerci troppo oltre, ingrate che siamo! – neppure si limita nel deridere, umiliare – in maniera sottile, si intenda – chi si è prestato al suo servizio. Chi, sedotto? ha detto sì. Professionalità. Cosa conta? Esperienza, conoscenze… Oh, non tiriamola per lunghe, in fondo una vale l’altra. E non ti senti già gratificata per aver reso felice la tua Regina? Che ingrata!
E’ proprio vero, sono un’irriconoscente, ma io vengo da un altro mondo. Dove sto io si fa squadra, per dire e se emerge un talento lo si sfrutta nel modo opportuno, a favore di tutti/e. Ah… Merope, ma che ti sei messa in testa? Il Paese dei Balocchi mica esiste! E ricordarti che l’ignoranza, di per sé, produce assai più danni della cattiveria. Se unite, poi, vanno a braccetto.
Poi, mi permetto, timidamente e con impaccio, di chiedere quanto mi spetta. Oh, no, non soldi. Che me ne faccio della vile pecunia? La giro su una questione di ‘riconoscimento del mio’? Ve lo chiedo, perché mi sento in preda a mille dubbi. Insomma, evidentemente punto su un nervo scoperto. Ella si infuria, e colma di raccapriccio, stizza e rabbia mi fa terra bruciata tutt’attorno.
Si appropria, tramite losche trame, del tanto agognato ‘tesoro’ e lo sfoggia, tronfia, come se fosse roba sua. Ciò che dà identità ad un’opera è il nome che porta. Ebbene, Lei il mio lo elimina, sordidamente. Io rido. Non dico nulla. Mi limito a ‘correggere’. A reinserire i tasselli al loro posto. Si tratta di una partita a scacchi: intensa, lunga, stancante… ben giocata da entrambe, lo ammetto. Occorre capire, prevedere le mosse dell’avversario. Ingegnare strategie, in breve. …
Pensare, che ero nata sulla scia di un’istanza. Ero il frutto di una richiesta d’amore…. Ore ed ore, nelle varie tappe, trascorse a scrivere, fare ricerca, speakerare, selezionare musiche, confezionare una piccola colonna sonora e un prodotto, insieme, che conservasse la sua dignità.
Avventata bambina, ma questa non è la terra. Questo è il nido del Burleque. Come puoi anche solo immaginare che le cose, da queste parti, funzionino come da te?!
Qui non c’è mobbing, poiché non c’è democrazia. Qui vieni messa al bando, punto e basta. Hai oltraggiato la Regina? E morte sia. Il processo è fittizio, come il resto e ti tocca prendere al volo la via d’uscita, se non vuoi che ti mozzino la testa. Sconclusionato ed estremo viaggio… tu che ti appresti in tutta fretta all’uscita. Dietro, il seguito della Monarca che ti insegue… gerarchi e gente comune, alcuni che, nel bailamme, non sanno nemmeno perché… Tu ti precipiti fuori, il fiato di chi ti rincorre sul collo… Urti, sbatti la testa… Poi ti risvegli nel letto. Il tuo letto. E’ stato ‘solo’ un sogno. Brutto? No… un sogno. Onirico itinerario fatto di inciampi, di sviste, di eccentriche rappresentazioni.
Chissà, magari domani, chiudendo gli occhi, ti ritroverai di nuovo lì. Magari non accadrà mai più o, magari, passando per caso davanti ad una Scuola, considererai la possibilità di entrare, di riprendere in mano la penna… Chi può dirlo. Domani lo scrivi tu, Merope. Intanto, una certezza ce l’hai. Sei qui, sei libera, sei viva e questo è il tuo podcast!
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