Wally non ci pensare! …e Wally, non ci pensò più

Wally non ci pensare! …e Wally, non ci pensò più

Mi chiamo Wallas Reid. Ma voi tutti potete chiamarmi Wally. Per molti, anzi, sono Wally Senzapensieri e sono; anzi, ero… il Re della Paramount. Nel senso che il mio lavoro da attore mi ha condotto, negli anni, a pormi in un ruolo di primo piano, nel mondo del Cinema.

Osservate, del resto, il mio sguardo. Non trovate anche voi che la mia immagine parli chiaro? Vi attraverso gli occhi, con quel fare un po’ strafottente che alle femmine piace tanto e che tutti gli uomini vorrebbero emulare. Del resto, sono anche un famoso regista, uno sceneggiatore rinomato. Una Stella, insomma, nell’universo del Muto.

Ah, sono un’ariete. Uno scavezzacollo, nato da gente di spettacolo e, pertanto, un predestinato. Sono uno che la vita la prende a morsi, un curioso, uno che, con l’arte, ci balla il tango. So suonare il pianoforte, ma anche il banjo, il violino, persino il tamburo. Mi diverto davanti allo schermo, del resto, come dietro: nel ruolo, magari, di operatore. Perché no? Non siete d’accordo anche voi che si possa imparare da tutto?

Ogni esperienza può rivelarsi – per così dire – educativa. Per conseguenza, io di esperienza non me ne sono risparmiata neppure una. Beh, se state pensando ‘male’, allora… state pensando ‘bene’. Nel marzo del 1922, ve la sparo così, fui internato presso un manicomio privato. Le carte le ha firmate direttamente Florence, mia moglie, ma forse il grande pubblico la conosce come Dorothy Davemport. E’ questo il suo nome d’arte, appunto.

Erano tutti d’accordo. Persino Zukor, quel gran testone di Zukor, era dell’idea che era meglio, per un po’, tenermi nascosto. In disparte, almeno finché le acque non si fossero calmate. Avete presente il Libro Nero, quello fatto compilare da Will H. Hays? Ebbene, immaginate che, sul podio, ben in alto, al primo posto – che arrivare secondo non mi è mai piaciuto – spiccasse Wallas… insomma, spiccasi Io.

Quella faccetta tutta compunta, le orecchie da pipistrello e la voce intinta nel miele… quell’omino dai denti storti, traffichino ghiotto di potere, aveva fatto in modo che si sapesse di me e delle mie – ammettiamolo pure – ‘cattive abitudini’. D’altronde, chi non nasconde, nel proprio armadio, alcunché di disdicevole o tremendo o irraccontabile… Non è così che spiccano i pregi, in antagonismo ai difetti e quanto più profondi e neri si rivelano questi ultimi, tanto più brillano i primi? Dunque, io brillavo.

Dovete capire che mi chiedete l’impossibile. Perdinci, significherebbe una perdita di due milioni di dollari, solo nel caso di questo attore… Sarebbe un autentico suicidio“. Adolph sapeva bene che rappresentavo la punta di diamante della sua ‘illustrissima Azienda’ e non voleva perdermi, ma ero pure uno che, con gli stupefacenti, ci faceva l’amore. Parte del capitolo dei Drogati di Hollywood. La Paramount diffuse, quindi, una serie di comunicati stampa, in cui si giustificava la mia improvvisa sparizione, per via del super lavoro.

In verità, fu proprio Florence ad ammettere ai giornalisti e alle folle di ammiratori tutti che facevo uso continuo di morfina. Ne ero schiavo. L’esponente più vitale della Giovane virilità Americana non era altri che un poveraccio. Un metro e novanta – un Marcantonio – specifichiamo – di poveraccio. Vigoroso, affascinante… gli occhi azzurri, i capelli castani, ottimo attore, per di più. Non mi mancava proprio niente.

Grazie Hays!‘ “Lo sventurato signor Reid deve essere considerato una persona gravemente malata e non dev’essere criticato, né emarginato“, aveva sottolineato, in Conferenza Stampa, questo visagista dell’immagine di noi interpreti di un successo che, davvero, si disegnava sempre più di cartapesta.

Sono convinto che mi abbiano imprigionato di proposito. Lo hanno fatto apposta, per disfarsi di me. Troppo bravo, troppo bello, troppo competente. Adesso, rinchiuso, senza più la mia dose… Dio, li vorrei tutti morti… e invece è colpa loro. I ritmi di lavoro erano massacranti. Mi hanno chiesto di girare un film dopo l’altro. Non c’era respiro… Caspita, sono un uomo, non un Supereroe, ancorché Loro vogliano farmi apparire, più o meno, in questo modo.

E’ cominciata così, per non cedere allo sfinimento e… tirarmi un po’ su. Leggenda vuole che, mentre mi trovavo sul set, in Oregon, intento a girare The Valley of the Giants, nel 1919, sia rimasto ferito in un incidente ferroviario. Affinché non interrompessi le riprese, mi venne prescritta Lei, la mia vera amante, per attenuare il dolore.

Quanto ci misi ad andarci sotto? Ve lo devo proprio raccontare? Fatto sta che, dipendente, continuai comunque a girare, freneticamente. Spiego: era il periodo in cui le pellicole, da un tempo di 15-20 minuti circa, passavano alla durata di un’ora e più. Richiedevano, pertanto, un impegno fisico sempre maggiore. Alla fine di non so che ripresa, si racconta, ero talmente fatto che avevano dovuto tenermi ritto davanti alla cinepresa, per poter terminare il film. Un caso irrecuperabile.

Il 18 gennaio del ’23 ‘mi sono spento’. Me ne sono andato, tutto qui, da quella cella, imbottita di luoghi comuni. Tutti pronti a proteggermi, a salvarmi, ma poi, dentro, rinchiuso, c’ero io. Non mi sono mai piaciuti i mesi del Capricorno… Povera Florence, non si dette pace o, almeno, così dava a vedere. Fornì alla Polizia i nomi di coloro che, a suo avviso, rappresentavano i veri colpevoli. Un’autentica Giovanna D’Arco, pronta a far luce laddove di ombre – questo davvero non lo si può negare – se ne evidenziavano a bizzeffe.

Wallas Reid e, di fronte, come in un palco teatrale o in un fantomatico tribunale, i suoi assassini. La lista di chi aveva contribuito ad infarcirmi di alcool, droga… chi aveva evidenziato, automatizzato, incentivato la propensione naturale al lassismo. I Casinisti di Hollywood, Bohémiens – Lei li chiamava così.

Pian piano, mio marito cominciò a bere con i suoi amici e, dopo un po’, questa non era più una casa, era una taverna. Gli amici di Wally venivano qui a dozzine, a tutte le ore del giorno e della notte. Arrivavano, piantavano le tende e bevevano. Era una festa sfrenata dopo l’altra e, ognuna, un po’ peggio di quella che l’aveva preceduta“.

Non ho mai preteso di essere un santo, badate. “Nessuno poteva far capire la ragione, a Wally…“. Sì, ammetto anche questo, sono un testardo. Uno che si è sempre creduto furbo e, invece…

Vi parlavo, prima, della presunta ‘buona fede’ della mia ‘talentuosa coniuge’. Vi sembro ironico? Lo sono, per nascita. Sono i miei geni che parlano, non io. Human Wreckafe (Il flagello dell’umanità). Per me, tutto si giustifica cosi, in questo film che avrebbe dovuto, nelle intenzioni, essere girato in mia memoria e che rappresentava, tra l’altro, un’aperta denuncia al traffico illecito della droga. Sarebbe servito “a mettere in guardia la gioventù americana“. Cara, vecchia volpe… Hays aveva colpito, anche in questo caso. Aveva convinto Florence e lei, non aveva fatto nulla, per non farsi convincere. Dunque, la pellicola aveva l’apporto segreto, proprio di Hays. Il suo benestare.

Wally era ormai guarito. Era terribilmente debilitato fisicamente. Solo un ritorno alla droga, sotto controllo medico, avrebbe potuto salvarlo. Ma Lui l’ha rifiutato“. Avete la più pallida idea del disgusto che provo in questo preciso istante? Ripulivano le facciate, nascondevano il marcio sotto i tappeti e nessuno osava dire loro niente.

Ma quando mai? Non ho mai ascoltato una storia più ridicola… Poi, Florence, la mia adorata e devota sposina, prese a girare, in tour, per promozionare il suo copioso ultimo lavoro, in mio nome, con il mio nome sollevato a vessillo della ‘causa’.

A pensar bene – suggeriscono i saggi – si fa sempre in tempo. Ecco, Io tento, ma non trovo il là, il preambolo, in merito alla suddetta faccenda, per vedere ‘pulito’. ‘La moglie di..‘ suonava di certo meglio che Dorothy etc., attrice tra le tante attrici. Era, di sicuro, assai più remunerativo.

Plauso, pure, a Mary Pickford. La famiglia, a quanto pare, all’epoca, non perdeva un colpo. Il suo epitaffio nei miei confronti rimase memorabile: “Io so che, se fosse vissuto, avrebbe riparato a tutti gli errori che aveva commesso“, ebbe a dichiarare.

Sapete a chi credo, in verità? Chi, in sostanza, si rivelò il più sincero? “Stiamo procedendo lungo la via maestra, verso mete più belle, nel regno della pellicola…“, sentenziò, ad un certo punto, Hays. “Tra poco avremo una Hollywood modello. E io confido e spero che questi deplorevoli incidenti saranno presto cose di un passato che non torna…“. Credevo ai suoi buoni e sani propositi? Niente affatto, non sto dicendo questo.

Sostengo che, almeno, Lui, si era rivelato per quel che era. Un finto moralizzatore, interessato, in realtà, solo ai guadagni. Il suo progetto era ambizioso, estremamente e folle al tempo stesso. Lo avreste spiegato voi ai quaranta milioni di Americani che, puntualmente, ogni settimana, affollavano i botteghini, pronti a riscuotere le loro spettanze? Li attendevano, consci del loro tributo, titoli come: “L’avventura, l’amore, il brivido che mancano nella vostra vita, li troverete nel film! Il film vi stacca completamente da voi stessi, portandovi in un mondo meraviglioso… Fuori dalla prigione della vita quotidiana, anche solo per un pomeriggio o una sera. Evadete!“.

Succulenta rappresentazione di un sogno, che questa sorta di ipocrita Nosferatu armato di forbicioni tagliava, maltrattava… depauperando, falcidiando quel che rimaneva della Settima Musa. “I film che descrivono onestamente la vita odierna sono banditi dallo schermo“, protestavano quanti, sinceramente innamorati del Cinema; “mentre le scemenze alla saccarina ricevono la santa benedizione, purché abbiano un finale sfacciatamente moralistico e condiscano il sesso con la giusta dose di disapprovazione“.

Lui, Hays, si preoccupava della “mente del bambino… questa lavagna immacolata“. Ciò, a giustificazione che il livello dei girati, appunto, si era reso degno della partecipazione attenta e forse neppure, di un bambino di dieci anni.

Il clima, riassumendo, era questo e io ne fui vittima. Una tra le tante vittime, uomini e donne. Vero è che i divertimenti sfrenati, per noi privilegiati del mucchio, erano all’ordine del giorno. “Quando si passa dalla povertà alla ricchezza nel giro di poche settimane, non sempre il sistema nervoso regge il trauma. I divi hanno denaro, un giocattolo al quale non sono abituati e lo spendono bizzarramente. A volte si concedono ‘feste pazze’, altre volte cercano mezzi diversi per distendersi o per eccitarsi. Molti spendono tutto quel che guadagnano…. Dopo l’avvento del Proibizionismo, parecchi di loro, che non avevano una scorta di alcolici, hanno cercato altri stimolanti. I trafficanti di droghe proibite hanno trovato un mercato in espansione, ad Hollywood…“.

Osservazioni centrate, sì, ma si sbagliavano. Nessuno, tra noi, aveva problemi a procurarsi quanto ‘gli serviva’. Ognuno faceva riferimento al suo contrabbandiere di fiducia e rifornirci, in qualunque cosa e per chiunque, era un mestiere assai redditizio.

In quanto alla qualità di quel che ci procuravano, beh, questa è tutta un’altra storia…

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