‘Minima moralia’… ed è scandalo a Corte
Cosa esiste di più lussurioso se non ‘sporcare’ ciò che, per sua stessa immagine, è puro… integerrimo? Se non sconsacrare ciò che trova e riconosce i propri fondamenti nelle regole. Quel che non solo si basa su un ordine precostituito ma lo difende, o tale si prefigura di fare.
Ma la natura umana – lo si la – è lasciva, debole… libidinosa. E riesce ad infradiciare financo l’incomprensibile. Lorda, zozza, deturpa… e lo riporta al suo stato ‘terreno’. Viene da pensare che, in fondo, noi uomini siamo fatti così. E proprio non riusciamo a digerirci altrimenti.
Ecco, questa la premessa e potrebbe adattarsi a tanti vestiti. Noi, ancora in questa occasione, la abbiniamo alla reggente Elisabetta d’Inghilterra. Di ritorno dalla dimora estiva di Balmoral, dove ha trascorso, al riparo dal rischio pandemia, gli ultimi mesi, per sua Maestà non si attendono giorni felici. La Corte, tutta, è in subbuglio. Di rimbalzo, da un tabloid all’altro, la notizia che sedici guardie reali avrebbero partecipato a un rave party. Un’orgiastica combinazione di cocaina, sesso e alcol, consumata a pochi passi dal Castello. E se il sempre saggio Battiato, parafrasando Adorno, cantava di minima immoralia qui, purtroppo, non si salva nulla. Neppure quel sia pur insignificante senso di rispetto, vista l’epidemia che striscia silenziosa. Lei ti seduce, ti adesca con la stessa sguaiata sfrontatezza delle meretrici di quell’oscuro autunno ottocentesco di Whitechapel. E tu sei vittima, prima ancora di saperne il perché.
Introvabile, lascia inesorabilmente la firma – per sua stessa volontà – su tutto ciò che tocca. Il Jack di allora oggi si fa chiamare Covid. E noi qui, ad affannarci, a cercare un vaccino, il vaccino… mobilitati, tutti, nel tentativo di arginarlo. Presi a rincorrere il tempo, speranzosi, chissà per quale insana follia, di travalicarlo.
Eh già. Siamo fatti così, noi fragile compendio di carne e sangue. Tendiamo al sublime e poi… poi ci ritroviamo, sovente, infradiciati tra i porci. L’alto colbacco nero e la marsina rossa, immacolate figure, ieratici, imperturbabili, prive – quasi – di anima. Siamo abituati a conoscerli così, i Gallesi. Le guardie al cospetto dei regnanti. Gli eroi di Buckingham Palace, ligi ai rispettivi obblighi militari e vivi per difendere, prima ancora che se stessi, la Royal Family.
Elisabetta e Filippo hanno vissuto i primi tempi della quarantena nella cosiddetta ‘bolla’ di Windsor, scompaginando ogni sorta di abitudine, nonché la fitta agenda di impegni della sovrana. Ogni passo è stato calcolato apposta, per non compromettere la salute dei consorti.
Nessuna eccezione, figurarsi le scellerate gesta di quelli che, in fin dei conti, sono solo sedici sciocchi ragazzi.
Stando al The Mirror, i fatti risalirebbero allo scorso giugno, circa due settimane dopo i festeggiamenti – più virtuali che altro – per il Trooping The Colour. Sono emersi alla luce, tuttavia, solo adesso. Inesorabile, nonostante le giustificazioni, poco meno che attendibili, la punizione.
Per tredici dei responsabili, sarebbero stati comminati dai 14 ai 28 giorni di reclusione. Per gli altri, sarebbe in atto lo stato di differimento procedurale, giacché membri più anziani del reggimento. Non di meno, quanti verranno trovati positivi ai test antidroga, saranno cacciati dal ‘corpo’.
“Non c’è mai stato alcun pericolo per la Regina e per il principe Filippo“, ha spiegato una fonte dell’esercito, specificando che gli incriminati “non hanno avuto alcun contatto con nessun membro della Famiglia Reale“. E sia, lo prendiamo per buono. Ma fino a che punto conta? Il senso qui è un altro. E’ il non aver compreso che la vita non è un bene d’elite; che non si tratta di tirare quattro calci ad un pallone, magari un po’ alticci (questa la spiegante); che la partita in corso, la stiamo giocando tutti insieme e dovremmo essere tutti dalla stessa parte del campo. E invece è così. Va così, quasi sempre. Sul più bello, vicini a sfiorare il cielo, ci ricordiamo della pasta che ci compone. Gettiamo gli occhi a ritroso e quell’ansia di arrivare su, a qualsiasi costo, è la medesima che, all’ultimo, ci lascia precipitare, prendendosi beffa del nostro eterno, unitile, affaccendarci.
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