Dipendenza affettiva, quando l’altro diventa un’ossessione
In inglese suona quasi figo: love addiction, l’hanno ribattezzata gli addetti ai lavori. Trattasi, più volgarmente, di dipendenza affettiva. Malattia relazionale, nella quale l’oggetto d’amore – con tutto il corollario che si porta appresso – assume un livello di attenzione morbosa, maniacale, ai limiti dell’ossessione.
DIAGNOSI
Tradotto: atteggiamenti, stati d’animo, persino la sintomatologia quasi si identificano con quelli riscontrabili in altre forme di schiavitù comportamentali. Il piacere di stare insieme, che assume tratti di necessità; l’attitudine a reiterare, incrementando tempi e opportunità di frequentazione, fino ad annullare in toto spazi propri. L’astinenza, coadiuvo di reazioni emotive sempre meno gestibili: ansia, panico, depressione e quel senso di frustrazione, legato alla perdita del controllo.
Badate bene, specie all’inizio di un rapporto, l’effetto simbiosi è pressoché inevitabile. Serve a sondarsi, a dirimere i reciproci confini, a piacersi… oppure no.
Successivamente, tuttavia, necessita rimarcare un perimetro ‘individuale; un’area autonomia, in cui rivendicare, pur se nel pieno riconoscimento dell’altro, se stessi. Paradossalmente, la voglia – mai sazia – del partner finisce per alimentare un circolo vizioso, che rischia di mettere a repentaglio la salute della coppia.
CAUSE…
I fattori scatenanti – come da copione – vanno ricercati in problematiche di matrice biologica, psicologica, di tipo familiare e/o individuale. Il disturbo, in pratica, è l’esito di una compromissione del circuito neuronale della dopamina, neurotrasmettitore implicato nei processi di gratificazione e motivazione.
Il cervello viene “addestrato” a rilasciare la molecola nelle occasioni, insomma, in cui l’oggetto delle proprie attenzioni appaga il bisogno. Un ambiente di provenienza in cui la gestione dei rapporti è ‘nebulosa’, o anche traumi derivati dal passato, non fanno che incentivare il malessere.
…CONSEGUENZE
Si sviluppano, così, una serie di atteggiamenti standard. Una sorta di manifestazione passivo-aggressiva, che si auto-alimenta laddove il baricentro, ossia se stessi, venga perso, in favore dell’amato/a.
Pensieri, desideri, aspettative parlano al megafono, facendo appena equilibrio sul costante timore dell’abbandono. Ecco, dunque, che insoddisfazione e rabbia, repressi, si traducono in stati di tremore, tachicardia, senso di oppressione al petto, fame d’aria, vertigini o, alla peggio, violenza.
Un imbuto, dal quale si stenta ad uscire, poiché nel momento in cui a prendere l’iniziativa è la rispettiva compagna (o compagno, ndr.,) l’universo – fantasioso e spesso inverosimile – che ci si è creati attorno si sgretola, trascinando con sé autostima e ragionevolezza. Da qui, manie persecutorie, tentata lesione personale… il resto, a raccontarcelo, giorno dopo giorno, è la cronaca.
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