Lockdown all’italiana: la promessa ‘mancata?’ del nuovo film di Vanzina
C’erano, un tempo, le Vacanze di Natale, poi quelle in America. Più in là, il filone si era arricchito di ulteriori mete, dai Caraibi al Nilo, rimanendo, pur tuttavia, imperturbabile e sempre uguale a se stesso. Ne è derivato, alla lunga, l’epiteto: Cinepanettone, segno di riconoscimento per il film – massimi esponenti, al riguardo, i fratelli Vanzina – puntualmente proposto, con scadenza regolare, in prossimità delle Feste. Non uno sforzo di talento, né genialità nelle trame. Piuttosto, un gioco al ribasso, per condurre più spettatori possibili nelle sale e ‘mietere soldi’. Eh vabbé, che tanto quattro risate non hanno mai ammazzato nessuno.
Adesso esce – locandine parlano – Lockdown all’italiana e la pellicola, al Cinema a partire dal prossimo 15 ottobre, ha già fatto parlar di sé.
“Come cavolo si fa a fare una commedia sul lockdown?“, si chiedono alcuni, come era logico prevedere. E mentre questi ultimi rimangono basiti dal cattivo gusto, c’è chi non si risparmia e ne deriva una questione morale. “Come puoi trattare una tragedia che ha avuto (e sta avendo) risvolti drammatici dal punto di vista sanitario, sociale ed economico come un Cinepanettone? “, per l’appunto.
Scheda tecnica del girato, distribuito da Medusa, così annuncia: “Una commedia, tra risate e riflessioni, che racconta la storia di due coppie che stanno per lasciarsi, ma che saranno invece costrette a vivere forzatamente sotto lo stesso tetto, a causa del lockdown. Una vera commedia all’italiana“.
Già, un po’ di ironia non guasta, è vero; ma come rimuovere dalla mente delle persone i ricordi delle bare, in fila per le vie di Bergamo; come obnubilarle dalla perdita del proprio posto di lavoro – nel migliore dei casi – dell’attività, costruita nell’arco di un’esistenza, se non addirittura degli affetti più cari? “Chi sceglie di andare a vedere la commedia, presumo vada per ridere, anche amaramente, della società odierna“, twittano i pochi favorevoli, nell’intenzione di strappare un sorriso anche dai momenti più oscuri. Ma come rimuovere angoscia, rabbia, senso di impotenza ancora troppo tangibili, così vicini da poterne percepire addosso il respiro?
Si parla di ‘speculazione del dolore’. Gratuita, non richiesta, fuori luogo. E poco – o nulla – può il cast, composto da vere eminenze del Grande Schermo. Ezio Greggio, presenza immancabile, ma anche Ricky Memphis, Paola Minaccioni, Martina Stella… gli ‘ingredienti’, insomma, indispensabili, per una ricetta, almeno su carta, riuscita.
Ma l’Italia è ancora sotto scacco della pandemia. Ci si affaccia fuori con il naso e si conosce un mondo altrettanto perso ed impaurito. Forse qui il punto non è se sì o se no. Piuttosto è una questione di tempi. ‘C’è un momento giusto per ogni casa‘, recita un vecchio detto. Saggio, come saggia è l’antica sapienza di un tempo. Ecco, bisognerebbe interrogarsi: ‘Non è forse troppo presto ancora? Non si poteva aspettare per sdrammatizzare?‘, necessità, del resto, più che legittima?
Ci ritiriamo così, a discorso aperto, perché da parlare ce ne sarebbe e, forse, ce ne sarebbe sin troppo. Meglio, invece, alle volte il silenzio. Sa dire di più; lo sa fare meglio.
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