I mille volti di Cara

I mille volti di Cara

Gli occhi, come una sorta di spada affilata pronta a trafiggere. L’ovale ben delineato. La bocca, in perfetto equilibrio con il resto, a smussare quasi la potenza di un naso a cui fanno capo loro, le sopracciglia. L’elemento chiave dell’intero volto… o forse no.

Perché tutto qui respira di carisma.

Magnetica come un felino. La forza selvaggia attraversa i suoi incompiuti 30 anni con una naturalezza da fare invidia. E di certo ‘la nostra’ può considerarsi, a ben donde, una It girl. Soggetto: Cara Delevigne.

Basterebbe presentarla così, come modella. Del resto, se la collaborazione con la Storm Model Menagment inizia quando ne ha appena diciassette, a dieci Bruce Weber ne ha già rapito l’immagine con la sua fotocamera.

Invece Cara è tanto di più.

Sono stanca di una società che definisce la bellezza per noi. Toglietevi i vestiti, lavate via il trucco, tagliate i capelli. Chi siamo? Come stiamo definendo la bellezza? Cosa consideriamo bello?”

Non lascia tempo alla risposta la Top che, ormai a tutti gli effetti anche attrice, si presenta completamente rasata alla serata degli MTV Movie & Tv. Il ruolo di ragazza malata in ‘Live in a Year’ costituisce niente altro, se non l’ennesima occasione per cambiare pelle.

In effetti, la bella skinhead ha un non so che di camaleontico nel determinarsi. Gioca con l’immagine, e nel mentre comunica. Lo fa, indossando i panni di fashion-cartoon per il lancio della nuova borsa Chanel. E se Luc Besson la vuole cyber-eroina accanto a Dane DeHaane in ‘Valerian e la città dei Mille Pianeti’, prima ancora stupisce e lascia interdetti il look da incantatrice in ‘Suicide Squad’.

La testimonial di Burberry compone anche, e suona. E intanto fa tendenza… come quando, con i capelli silver platinum, sdogana l’inedito senso del biondo. Non più chiome d’oro. La nuova bellezza è tecnologica, a partire dalla testa.

Ma i toni, come gli umori, sono altalenanti. Così dal grigio si passa al rosa, poi al blu, dal medio al corto.

Ed eccola, in versione Debbie Harry con carrè e frangia corta oppure dandy, per Vouge China, a fare il verso a Jean Scrimpton.

“Io sono un leone… sono cresciuta senza paura”, afferma. E quel suo primo tatuaggio, che è ormai diventato un emblema, se lo fa spandere a macchia d’olio, tavolozza vivente per la campagna ‘Non sono un trofeo’, a favore della salvaguardia delle specie animali.

Chloe, Poppi, Cara è l’ultima delle tre sorelle, tutte fashion-addicted.

La piccolina di casa dalle nobili origini, pare che nell’albero genealogico appaia il blasone dei baroni Faudel-Phillips, non smette mai di stupire, forse anche per quel suo passato irrequieto quando, disprassica, era vittima di bullismo.

Irrequieta, appunto, come la collega di cui sembra la naturale erede.

Cara come Kate. Cara sulla copertina delle riviste più cool… stile ‘Candy girl’, ‘Swinging London’, oppure acqua e sapone.

Cara, che tra le 100 donne più belle al mondo secondo il magazine FHM, non perde di autoironia. Irriverente come le sue smorfie, unica arma per contravvenire ad un’infanzia pesante, in cui il tempo per essere bambina è scivolato via veloce: “Cresci in fretta perché devi fare da genitore alla tua stessa mamma”, dichiara; e nel frattempo si accredita nel ‘club degli scrittori’, promuovendo, su Instagram ‘Mirror, Mirror’, un romanzo, a detta della stessa, generazionale.

Cara dai tanti tatuaggi, venti, per l’esattezza. Lei che soffre di psoriasi e depressione, e non teme di ammetterlo.

Cara in versione ‘Madonna’, espoliata da Riccardo Tisci per Givenchy del marchio che da sempre la contraddistingue.

Stanca delle passerelle, ne stigmatizza il sistema: “Mi ha portato ad odiare me stessa”, sentenzia. Eppure, lungimirante, fa del proprio nome un marchio registrato.

Cara, che della dimensione sessuale non ha fatto mai un nascondimento. Alternativa, borderline? Chi può dirlo. E, in fondo, poco importa.

Lei procede a passo svelto, snob quanto basta per non tradire la voglia di hamburger, bacon e ali di pollo fritte.

Gusti. Personali, radicati, sentenziati a pieno titolo da un’esistenza che, sia pur ancora acerba, di lucchetti sembra averne spezzati già molti.

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