Green Machine: così H&M salvò l’ambiente…

Green Machine: così H&M salvò l’ambiente…

‘L’arte del riciclo’, si diceva un tempo. Se tale si vuole considerare un investimento durato quattro anni e costato 5,8 milioni di euro, ma che alla fine si è rivelato vincente. H&M Foundation, la non profit del gruppo svedese con intenti filantropici, coadiuvata dall’Hong Kong Research Institute of Textiles and Apparel (HKRITA) hanno indossato i panni di sperimentatori e, per l’occasione, hanno dato luce ad un’idea fenomenale, vale a dire separare poliestere e cotone dal tessuto misto che li compone.

Il macchinario industriale di ultima generazione: Green Machine, indossa – già nel nome – le premesse di cui si fa portavoce. Ridurre, cioè, l’impatto ambientale, nelle fasi di produzione di abiti e accessori. Quale invenzione più idonea, se non quella capace di operare al fine di ‘ripristinare’ a nuovi lustri i capi in disuso, quelli ormai lisi o semplicemente smessi, poiché fuori moda?

Milioni di tonnellate di vestiti ogni anno, ed il conto è presto fatto. Tessuti, per lo più risultato di fibre miste, praticamente impossibili da separare e, pertanto, difficili da rieditare. Almeno fino ad oggi…

La formula magica

Il sistema, in effetti, è rivoluzionario.

Utilizzando solamente calore, acqua, pressione e un agente chimico biodegradabile, da un tessuto ‘composto’ si ricava una fibra, lunga e di buona qualità, di poliestere, ipoteticamente in riutilizzo per produrre altri abiti; dall’altra, polvere di cellulosa (dal cotone), utile per la composizione di fibre rigenerate. Non solo. Il macchinario non produce scarti secondari.

E se i primi due anni di studi sono stati dedicati alla sperimentazione, i restanti tre si sono preoccupati dell’ottimizzazione e dell’industrializzazione su larga scala. Nel 2020, un fornitore asiatico del gruppo ha inserito nel proprio stabilimento una Green Machine in grado, entro il 2021, di riciclare circa due tonnellate di fibra mista al giorno.

Prima ancora, già entro la fine di quest’anno, verrà presentata la prima collezione, sotto il marchio Monki by H&M, ottenuta attraverso l’utilizzo dei materiali riciclati dal moderno apparecchio.

Il sentiero dell’impatto Zero

Certo, per un indirizzo di moda ‘circolare e responsabile’ la strada è ancora lunga e il percorso si dimostra tortuoso. La tecnologia seleziona e separa solamente il poliestere dal cotone, non considerando materiali come elastane, viscosa, poliammide…

Tuttavia, la trovata apre le porte alla progettualità e a diverse considerazioni.

La prima è che è necessario investire in ricerca, formazione e cultura. Non basta utilizzare cotone organico o mettere sul mercato capsule collection, con materiali riciclati e riciclabili. 

La seconda è che il lavoro va compiuto a largo raggio. E, nel caso delle aziende di fast fashion, significa riconsiderare l’intero modello di filiera. Adattarsi, insomma, ad un ciclo che si dimostri proiettato in avanti ma, soprattutto, assai più rispettoso del mondo che gli è attorno.

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