Quel pesce che sembra quasi intarsiato nella roccia…
Mai sentito parlare del pesce pietra? L’ultimo esemplare era perfettamente mimetizzato nelle acque di Bribie Island, nel Queensland, in terra d’Australia.
Una scena insolita, quella che si è parata di fronte a Bianca Kristin. Uno strano gruppo di alghe, quello in cui si è imbattuta, pressoché a riva. Che nascondeva, al di là dell’aspetto un po’ sconcertante, uno tra gli animali più insidiosi che esistano al mondo, stando almeno a quanto sostengono gli addetti del Museum of Tropical Queensland. Telefonino alla mano, la donna ha subito effettuato un girato della fantomatica scoperta e lo ha pubblicato su Facebook, nell’intento di allertare gli eventuali bagnanti.
“Tenete gli occhi aperti“, si è raccomandata, “perché si mimetizzano perfettamente“. Secondo il resoconto degli studiosi, quanti vengano punti dall’animale rischiano paralisi muscolare, difficoltà respiratorie, shock e insufficienza cardiaca. Non si esclude neppure la morte.
La Synanceia verrucosa – questa la derivazione latina – per chi non ne fosse al corrente, è una specie diffusa nel Mar Rosso e nell’Indo-Pacifico. Dall’Africa orientale – per intenderci – alla Polinesia francese; dal Giappone meridionale, fino all’Australia nord-orientale. Predilige essenzialmente le barriere coralline, spingendosi fino ad un massimo di 30 metri di profondità e, quel che è peggio, assomiglia – in tutto e per tutto – a una massa di alghe.
Grosse pinne, tozze e arrotondate, rette da raggi spessi. Questo, in sintesi, l’identikit. Gli aculei che sostengono la pinna dorsale sono, su per giù, una dozzina, collegati alle ghiandole che secernono il potente veleno. Il corpo è completamente ricoperto di escrescenze carnose e callose e altre, simili a piccole alghe. Da qui l’aspetto, simile ad una roccia incrostata di coralli. E se le dimensioni raggiungono, all’incirca, i 40 cm di lunghezza, le sfumature dell’incarnato variano dal rosso al bruno scuro, fino a sfiorare le tonalità del blu. Ma, cosa più allarmante, la sua puntura è letale.
Certo, viene usata, come spesso accade, come arma di difesa: gli aculei fanno fuoriuscire il liquido, solo per pressione diretta. Ciò non di meno, per i subacquei ‘distratti’ rappresenta un evidente pericolo. Dal dolore iniziale, a cui fa seguito il gonfiore, si passa – poi – alla tachicardia. Quindi, se non curata, alle conseguenze di cui sopra.
Come contravvenire? Immergere la sezione del corpo interessata in acqua molto calda, in attesa che il medico somministri l’antidoto. E tenere gli occhi bene aperti.
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