Riapertura: quella parolina che ci scalda il cuore e ci rimpingua il portafogli

Riapertura: quella parolina che ci scalda il cuore e ci rimpingua il portafogli

Ripartenza. Sapreste indicarci, al momento, un termine di uso più familiare? Dunque, l’appuntamento è, per l’ennesima volta e speriamo sia ‘quella buona’, per lunedì 26 aprile. Non a caso… il giorno dopo l’Anniversario della Liberazione. Vuoi che porti bene? Dunque, al via le zone gialle – che da un po’ le avevamo perse di vista. Riaprono, pure, cinema e teatri. Sì a pranzi e cene ai ristoranti, purché all’aperto.

Un sospiro di sollievo? Ci siamo veramente lasciati alle spalle il mostro pandemico? Il quesito è d’obbligo. Tuttavia, tamponi, vaccini e anticorpi forniscono – per ora – il lasciapassare, per muoversi più liberamente su territorio.

E le regole a cui siamo tenuti a sottostare si differenziano, a seconda dei casi, poiché il rischio infezione e trasmissione non è uguale per tutti. Partiamo – permettete il gioco di parole – dagli spostamenti tra le Regioni. Saranno effettuabili i movimenti, nell’ambito delle zone bianca e gialla. A quanti siano muniti di certificazione verde, sarà consentita la presenza, anche nelle Regioni e Province autonome, di colore arancione o rosso. Lo stato di avvenuta vaccinazione o la guarigione dall’infezione o, altrimenti, l’effettuazione di un test molecolare o antigenico rapido, con risultato negativo, costituiranno, quindi, un vero e proprio nulla osta. Se le prime due avranno – tuttavia – una validità di sei mesi, quella relativa al test lo risulterà altrettanto, solo per 48 ore

Le situazioni di maggior rischio sono quelle di contatti ravvicinati, al chiuso, per oltre 15 minuti, con scarsa ventilazione” spiegano gli esperti. Dunque, sdoganata la riapertura dei ristoranti. Ricordando, non di meno, che “non si può considerare mai il rischio zero, ‘anche‘ stando all’aperto“.

D’altro canto, se è vero che la guarigione dall’infezione garantisce una protezione da possibili ricadute, per un tempo certo che va dai tre ai sei mesi, non si tratta comunque di un’immunità eterna. I guariti che si riammalano – va detto – restano comunque una percentuale bassissima. Meno dell′1%. Nonostante i dati, però, rimanere all’erta è sempre consigliabile.

E, certo, tra i vari mezzi per tutelarci, spicca il vaccino. Il vero passepartout verso quella fetta di normalità tanto agognata. Sarebbe, infatti, possibile, una volta eseguita la prescrizione, ridurre le misure di protezione, dall’uso delle mascherine al distanziamento, purché – sia sottinteso – in maniera graduale. Le accortezze vanno, invece, mantenute, se ci si trova in una zona con alta circolazione di varianti, che riducono l’efficacia dell’immunizzazione. “Nei luoghi pubblici o affollati – ad esempio – indipendentemente dallo status vaccinale“.

Va, poi, definita la questione anticorpi: “Chi ne possiede 3 mila non è protetto due volte, rispetto a chi ne ha 1500. Non c’è una proporzionalità ancora evidente“, ribadiscono, a piena voce, gli studiosi. Scoprire quanti anticorpi ha prodotto il vaccino nel nostro organismo è pressoché inutile, così come, ancora, non è possibile avere un’idea precisa di quale probabilità ha un vaccinato di infettarsi e trasmettere il virus a un’altra persona. “Ci manca la casistica“, fanno sapere. E prematura rimane, ad oggi, anche una differenziazione di performance tra i diversi vaccini. 

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