Arriva l’era dei microchip da mangiare

Arriva l’era dei microchip da mangiare

Ci assicurano che funziona. O meglio, che funzionerà, una volta portato a compimento il progetto, a carico, quest’ultimo, di un Team di ricercatori dell’IIT, finanziato – a segno di garanzia – dall’UE, per circa 2 milioni di euro.

ETCHETTA ‘NON ETICHETTA’

Stiamo parlando, in pratica, di un’etichetta non etichetta. Illustra, cioè, la provenienza di un determinato cibo, lo status, al momento dell’acquisto e non si trova sulla confezione, come comunemente accade, bensì, direttamente a contatto con l’alimento, se non, addirittura, al suo interno. Spieghiamo: trattasi, in sostanza, di un circuito elettronico, atto a configurare i dati a noi essenziali, ma composto, anziché di metalli, di ingredienti naturali, dunque commestibili.

In quel di Milano, presso il Center for Nano Science and Technology dell’Istituto Italiano di Tecnologia, ne stanno studiando, per l’appunto, le eventuali applicazioni. Si dà per presupposto che “nella medicina, la cosiddetta elettronica ingeribile non è una novità ed esiste, più o meno dagli anni ‘50. Un esempio, sono le pillole che possono eseguire un’endoscopia che, però, non sono in vendita e vengono usate negli ospedali. La differenza con quello che stiamo facendo qui è che noi stiamo puntando a un’elettronica, non solo ingeribile, ma pure commestibile. Che le persone possano utilizzare, anche senza necessità di controllo medico“.

DALL’APPLICAZIONE SCIENTIFICA ALLA GASTRONOMIA

Dispositivi – si spiega – atti al monitoraggio, ad esempio, dello stato di salute del tratto gastrointestinale. O anche “una pillola elettronica, controllabile attraverso le radiofrequenze (il principio è quello della conduzione ionica, lo stesso dell’elettrocardiogramma, ndr) e in grado sia di rilevare il livello di pH, sia di rilasciare, a comando, alcuni farmaci, all’interno dell’intestino“. Dove – badate bene – quell’ a comando sta a sottolineare l’uso, pure, più in là, di uno smartphone.

Stiamo studiando le proprietà elettroniche del cibo, per trovare gli ingredienti con cui fare i circuiti, da usare al posto dei metalli”, ci informano gli studiosi. Individuare, ossia, in natura, simil-conduttori, semiconduttori e isolanti, adatti all’uopo. “Nel primo caso, si possono usare il carbone vegetale o le particelle di oro e argento, che già si usano per guarnire le torte. Al posto del silicio si può usare il betacarotene; mentre, come isolante, stiamo provando a utilizzare la gommalacca, che si ricava dall’albumina e, anche, si può produrre dagli insetti”. Occorre, poi, valutare, rispetto ad ogni singolo elemento, le prestazioni, dal punto di vista della conduzione e della trasmissione dei dati, dal momento che, una volta nel corpo, il circuito dovrà rendersi in grado di comunicare con l’esterno.

Un esperimento, devoluto a svariati utilizzi Se, in campo medico, il tutto risulta spiegato, o spiegabile, diverso è per l’alimentare: “Con le etichette applicate direttamente sul cibo, se non addirittura dentro, si ridurrà la necessità di confezionarlo, cosa che renderà la produzione più sostenibile e meno inquinante“. Un metodo, altresì, in favore delle Aziende, per permettere loro, come ai numerosi produttori e allevatori, di monitorare il ciclo produttivo e possedere una consapevolezza della filiera, più evoluta, efficiente e sostenibile. Immaginiamo una mela: si potrà verificarne “lo stato di crescita, maturazione ed eventuale decadimento“. Sia chiaro, “non di un intero raccolto a campione, con una stima, ma di ogni singola mela, etichettandone ognuna, così da sapere esattamente quando è il momento di raccoglierla“.

Fantascienza? Niente affatto. Anzi. Un modo, per dirne una, per tutelare il Made in Italy ed evitate falsificazioni e/o alterazioni. Sarà possibile, parimenti, sapere se un formaggio DOP è davvero tale, se l’olio venduto come IGP lo è sul serio. Se il filetto appena acquistato proviene effettivamente dall’allevamento che ci è stato assicurato. Addirittura, noi clienti potremo monitorare la quantità e la qualità di quel che mangiamo, controllandone – volendo – persino l’apporto di zuccheri, proteine, grassi.

E, pure il frigo potrebbe – in maniera intelligente – venirci in soccorso, facendosi latore della data di scadenza delle uova, piuttosto che della carne, o dello stato di salvaguardia di frutta e verdura.

SI PUNTA AI ROBOT COMMESTIBILI

Ancora, si comunica che il disegno, già in avvio, presenta mire ancor più ambiziose. “Il prossimo ottobre, saremo partner in un progetto europeo, per creare robot commestibili“. L’utilizzo? Ascoltate bene: “Ci sono casi, in cui potrebbe essere necessario. Pensiamo ad un alpinista bloccato in cima a una montagna, irraggiungibile a causa del maltempo, ma cui si potrà spedire un drone, che potrà smontare e mangiare, in attesa dei soccorsi“. E, ancora: “Potremo fornire agli animali, magari in una riserva naturale, prede meccaniche, che saranno in grado di muoversi autonomamente e anche di scappare, così da rispettare i loro istinti, ma commestibili. Le nostre etichette serviranno per distinguere bene che cosa è cosa, all’interno di questi robot da mangiare“.

A sentirle, queste cose, corre quasi un brivido lungo la schiena. Ma se ci si predispone ad una più ampia prospettiva della realtà, ci si rende conto che non con astrattismi futuristici si ha a che fare, né deliri della scienza, bensì con un domani in costruzione. Differente dal presente ma, non per questo, meno genuino.

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