Tutta la voglia di volare, la sintetizzo in una borsa
33 mila euro. Ce li spendereste, voi, per una borsa? Certo, è firmata Louis Vuitton ma, date le contingenze odierne, c’è di che rimanerne perplessi.
Del resto, intento di Virgil Abloh è proprio questo, destabilizzare. E farlo in maniera acuta, ficcante, assorbendo dalle idee dello streetstyle, secondo un’evoluzione concettuale che rimanda alle origini, ma che poi non perde di vista il futuro. In realtà, la sua si pone come una sagace critica all’acume contemporaneo. Ebonics, il nome della collezione, che introduce, su capi e accessori, design eccessivi e slogan, dall’apparire volutamente controversi.
Dunque, struttura a quattro motori jet, ali ampie e silhouette aerodinamica, pelle logata e monogrammi che sostituiscono le grafiche delle compagnie aeree. Eccola, la configurazione di quella che, più che una borsa, si pone come un’analisi antropologica. La tematica del viaggio si ripropone, andando a fondo nell’insidioso dilemma: Tourist vs Purist, in cui c’è chi è pronto a giurare che, alla cifra in questione, ci si acquista, senza troppo tergiversare, un vero aereo e che sono numerose le compagnie che, per 10 dollari, sono disposte ad offrire riproduzioni in peluche della loro scuderia volante. Già, ma qui si tratta di altro. Si parla, o tale è l’obiettivo, di un accessorio che intende disegnarsi iconico e, per tale, senza prezzo.
Pezzo, ovviamente, non per tutti – e non è solo un fatto di accessibilità. Ci si rivolge unicamente – ed è il caso sottolinearlo – ai cultori dello urbanwear e/o ai collezionisti più infervorati, certi proseliti della Maison. Allo stesso tempo, l’intenzione – mutuabile? mutuata? – è quella di armare il lusso di una nota spiccatamente afro, arricchendo il mondo della couture di un più ampio senso di ancestralità.
Venendo a noi, il manufatto in questione costa e costa caro. Riguardo a ciò non vi è dubbio. Eppure rimane, per l’occhio di chi sa come guardarlo, un simbolo. Bypassando l’ingegneria che lo caratterizza, va acquistato per il piacere di possedere un oggetto irripetibile, guarnito di senso e scopo, qualsiasi voglia essere. Frivolo, quel tanto che basta per essere rappresentato in giro ma etico o, meglio ancora, etimologico, quando si smettono i panni civettuoli, per voler veder più in là.
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