All’insegna della luce, riparte il carrozzone firmato Dolce & Gabbana
La moda, si dice, corre sempre un passo avanti. Lo sanno bene gli addetti ai lavori. Ne è cosciente chi, di costume e cambiamenti, se ne occupa da sempre. E sa pure che, per quanto frivola, non è mai fine a se stessa. E’, piuttosto, ritratto della società a cui appartiene. Vi si riflette. La riflette, prendendone selettivamente esaltazioni e successi, drammi e miserie e riferendo entrambi al proprio pubblico, riletti, reinterpretati, arricchiti, in qualche modo, secondo un nuovo spirito.
Così, nella collezione primavera/estate 2022, energia e positività assumono, per Doce & Gabbana, il ruolo di filo conduttore. Light Therapy, questo il nome – che già, di per sé, lascia intendere parecchio – sorta di omaggio al divertimento, stroboscopico remake di una joie de vivre, tutta da riconquistare. Il denim ricamato di cristalli si alterna, per l’occasione, ai gioielli oversize, le sneakers sfoggiano suole ricoperte da glitter e a regnare, indiscusso, è il colore, ad esorcizzare, finalmente, lo smarrimento e la sosta, inattesa e non voluta, che ci ha costretti finora ad un alt, niente affatto gradito.
Una terapia, quella proposta dal Brand, che punti all’eccentrico e alla provocazione, in risposta al brutto degli ultimi mesi. Bello a tutti i costi, dunque. Ma che sia un ‘bello’ presuntuoso, roboante, assoluto. Lo gridano i completi di sportswear, stampati con la bandiera italiana; lo dimostrano gli accenni barocchi; lo rimarcano le stampe tie dye; lo attestano gli accessori: il mocassino laccato, la cintura con fibbia metallica, il maxi paio di occhiali da sole…
Un’idea, più in generale, del lusso, che passa dalla comodità. La camicia è ampia e a maniche corte, il completo è sagomato, dal fit slim, ma in raso lucido e dalle tonalità accese. Anche l’intimo non viene lasciato al caso, ricalcandosi sullo slip dei lottatori, riferimento per nulla nascosto alla lotta verso la pandemia.
La sartoria tradizionale incontra, qui, le silhouette sportive e anni ’90, che ne rappresentano, al contrario, l’heritage visuale. Quello proposto dal duo è un brio esagerato, compulsivo, unica cura – almeno secondo i ‘nostri’ e la sola efficace – nei confronti di un passato, recente, che merita solo di rimanerci alle spalle.
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