Cosa vado a fare a Vienna?
Ecco, sicuramente l’aria vintage le si addice, con tutto il carico di storia – e arte – che si porta appresso. Meno convincente, risulta, forse, dal punto di vista della contemporaneità. Una lacuna, che si è in via di colmare, seppure in parte, con l’apertura prossima (nel mese di ottobre) dell’Hotel Motto, nel cuore della città. Così, l’area pedonale che 2.500 anni fa era stata la via di maggior traffico per il trasporto delle merci romane, si trasforma, oggi, in una ‘shopping promenade‘ e lo diventa, tramite una sofisticata azione di ripescaggio. La location costituiva di fatto, un tempo, una posta di ristoro per mercanti e soldati e una sorta di stand gastronomico.
E se, fino al 17esimo secolo non fu altro che ciò che è sempre stato, vale a dire un albergo, è doveroso sottolineare come, nell’800, si fece – anche – dimora della famiglia Strauss, nonché fonte di ispirazione per la penna del romanziere John Irving quando, di stanza a Vienna, scrisse Hotel New Hampshire.
Di volta in volta, pure i nomi si diedero il cambio: La croce d’oro divenne Hotel Kummer, avamposto per pittori, scultori, scrittori, attori e musicisti. E’ qui che si filosofeggiava e, intanto, si condividevano chiacchiere, caffè, vino, gallette e via dicendo. Un menù risalente a quegli anni presenta brodo di pollo, sogliola con salsa tartare, filetto, carne di cervo con mirtilli rossi, pollo fritto o alla griglia, insalata francese, budino, gelato, frutta, formaggi e pasticcini vari.
Un edificio perso, per diversi anni, e recuperato, pocanzi, secondo l’idea di Bernd Schlacher. Del resto, possedere un hotel era il suo sogno d’infanzia: “Ho sempre amato gli hotel“, racconta il magnate. “Soprattutto da quando il Paramount Hotel aprì a New York ed io pernottai in una stanza così piccola, che quando invitai in camera alcuni amici, dopo una cena fuori, dovettero sedersi sui comodini. La cosa divertente del progetto Hotel Motto è che io avevo vissuto per anni in una casa nelle sue vicinanze. Sapevo tutto della costruzione: la sua storia, la sua mistica e la sua aneddotica. Ma è stato cinque anni fa che l’ho visto con occhi differenti e ho pensato che poteva essere resuscitato, rinnovato, reinventato“.
Dunque, via all’innovazione, con il sussidio dell’architetto Arkan Zejtinoglu. “L’obiettivo era costruire una sorta di ponte tra il 1920 e i 2020. Usare materiali pregiati come – ad esempio – l’ottone, per le maniglie delle porte e applicare l’artigianato austriaco di cent’anni fa, ancora valente. Tradurre tutto ciò nell’epoca contemporanea e, allo stesso tempo, supportare gli artigiani austriaci, le piccole imprese, i lavoratori del metallo, i fabbri, i tappezzieri, i falegnami.”
Badate, non l’ennesimo boutique hotel. Le storiche stanze narrano di un comfort dal sapore scandinavo; i prodotti da bagno rappresentano l’essenza un piccolo business familiare, imperniato sull’organico e, in cima alla lista delle priorità, rimangono sostenibilità e responsabilità sociale. L’ultima chicca risale al novembre scorso. Al piano terra, adesso, c’è un forno & pasticceria , organizzato con farine ed elementi organici. Non solo: le rimanenze del giorno vengono trasformate in una birra denominata Brewdi.
E l’appeal è rinomato se, ogni giorno, file socialmente distanziate si formano intorno all’isolato, per un posto a Chez Bernard, fiore all’occhiello dell’impresa, con un servizio di cucina fusion, viennese e parigina, con influenze nord-africane.
Ce n’è, insomma, un po’ per tutti i palati, in linea, pure, con l’atmosfera, fortemente inclusiva: “Voglio ospiti di ogni provenienza, economica, sociale, di ogni età, colore, Paese“. Qui si accolgono “dal businessman all’artista, dal gay all’etero, dal nero e bianco e tutto quel che c’è nel mezzo“. I prezzi? Per alloggiare presso le otto junior suites di spendono tra i 200 e i 300 euro a notte, mentre le 83 stanze costano 150-200 euro, a seconda della stagione. Come dire: un sogno a portata di portafoglio.
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