Benvenuti nel rocambolesco circo delle Drag
Quel mondo parallelo, altro, in cui il confine tra la dimensione di maschio e femmina si fa labile, leggero. Vola via, come foglie ballerine vezzeggiate dal vento. Dunque, un uomo, il corpo di un uomo, le movenze, la voce, gli sguardi… d’un tratto, coscientemente, si rende diverso. Cambia pelle, assumendo sembianze evidentemente gentili. Desuete, a chi è solito farsi la barba…
L’aspetto è esagerato, l’apparire deflagrante. E’ un megafono di sensazioni che ti si impone all’orecchio. Non sussurra, non c’è tempo. Urla, piuttosto, in questa sua nuova natura, perché il tempo a disposizione, per esprimersi, è breve. Appena qualche ora rubata alla notte che, nel buio, le trasmutazioni appaiono più nebulose, meno evidenti.
E’ Cenerentola che sale sulla zucca trasformata in carrozza e, in quell’unica serata di gala, si dà tutta, si concede tutto, conscia del fatto che, allo scoccare della mezzanotte, ogni cosa dovrà tornare al suo posto. Via vestito, diademi ed orpelli. I cavalli riassumono le loro vesti di topi…
E’ il racconto, questo, di un quotidiano che si ripete, ma non è mai uguale a se stesso. E’ un universo che si dispiega apposta per esser goduto da chi assiste: un po’ incredulo, un tantino scettico, sorpreso e incuriosito quel che basta, dallo spettacolo che gli si pone di fronte. E divertito, pure, giacché consapevole che si tratta di straordinarietà.
Drag Quenn: stelle della notte, travestite da icone; truccate, per l’occasione, fino a rendersi più donne delle donne. Dressed as girl – nell’acronimo Drag e Queen, regine di una realtà inventata ma, in quell’esiguo lasso di tempo, tangibile. Concreta. Gli spettacoli sono a pagamento, perché queste anime istrioniche ed egocentriche di spendono interamente, nel giro di poche ore, in veri e propri show, in cui non si risparmiano e, anzi, si offrono, attraverso canzoni, siparietti di vario genere e strabilianti imitazioni.
Ed hanno, a loro supporto, un nome apposito, inventato e scelto , ad omaggio di chissà quale Star. Icone gay, da riproporre attraverso uno stile che sia assolutamente personale. Così make-up, parrucche ed abiti si piegano alle combinazioni più stravaganti. I colori sono di rigore sgargianti, consacrati all’esagerato. I tacchi vertiginosi.
Un fenomeno, ancor più amplificato in quel degli Stati Uniti, in cui personaggi di tal fatta godono di successo e credito riconosciuti, diversamente, in parte, dalla forma mentis coltivata nel nostro Paese. Un punto di vista arretrato, ghettizzante, per una società ancora incapace di vedere le cose per quel che sono. Condizionamenti, dovuti, in parte, a questioni di orientamento sessuale. Ma non è poi proprio vero, dal momento che quest’ultima, come anche la transessualità, non rappresentano certo un obbligo.
Che poi, in fondo, di null’altro si tratta, se non dell’ancestrale propensione ad assecondare i propri istinti. Lo si fa, in questo caso, in maniera sfacciata, priva di mezzi termini. Ma pure ironica. E poco importa se il volto, quello vero, sia quello di prima o di dopo. Quel che conta è mostrarsi e brillare. Affacciarsi sul palcoscenico e rendersi indispensabili, eterni, sia pure per un quarto d’ora…
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