Giù le mani dalle minigonne

Giù le mani dalle minigonne

Vi fischiano le orecchie, talmente forte che il suono vi rimbomba nella testa? Pensate come dovrebbe sentirsi, a quest’ora, il Sindaco di Terni. Leonardo Latini si è reso, di recente, l’uomo più chiacchierato del momento. Come? Facendosi protagonista di un’ordinanza antiprostituzione… alquanto discutibile.

Valida dal 1 ottobre al 31 gennaio 2022, stabilisce – infatti – che spetti alle Forze dell’Ordine giudicare, riguardo a comportamenti non decorosi o al vestiario poco opportuno delle donne. Uno strumento, secondo il ‘nostro’, atto a scongiurare “fenomeni odiosi, come lo sfruttamento della prostituzione“.

A giustificare l’editto, stando a quanto spiegato dallo stesso Sindaco, “l’aumento della prostituzione in strada e la conseguente insicurezza per i cittadini“.

Si tratta di un mezzo “contro la criminalità. E’ a tutela della donna. Come può lederne la dignità?” Si stupisce il Primo Cittadino, ricordando che “l’ordinanza era stata già adottata nel mese di luglio e fu oggetto di una proroga”. Tra l’altro, di provvedimenti come questo “ce ne sono moltissimi. Un’ordinanza gemella c’è a Rimini. Ma evidentemente – precisa ironico – ci sono sensibilità diverse nell’interpretare i fenomeni”.

L’intento, a quanto pare, era ed è quello di tutelare i concittadini e preservarne il riposo notturno, evitando “urla, schiamazzi, epiteti verbali nei confronti di tali soggetti da parte di potenziali clienti; rumori di veicoli, con brusche frenate e ripartenze, portiere d’auto o, ancora, contrattazioni ad alta voce riguardo alle eventuali prestazioni e reiterati alterchi che, spesso, degenerano in vere e proprie risse”.

Insomma, non se ne poteva proprio più.

Per conseguenza, dunque, in città è vietato “l’abbigliamento ambiguo e indecoroso“, in modo tale da non turbare la dignità e “la vivibilità dei luoghi”.

Tra gli atteggiamenti “diretti in modo non equivoco ad offrire prestazioni sessuali a pagamento” è incluso anche “mostrare nudità”. Pertanto – e qui nasce la polemica – anche solo indossare una gonna troppo corta o un abito eccessivamente scollato si rende motivo di contestazione.

In previsione, multe dai 200 ai 500 euro per chi usa segni “di richiamo, invito e/o saluto allusivo”. Vietato, altresì, “chiedere informazioni ai soggetti che pongono in essere gli atteggiamenti sopraindicati“. E per chi viene colto sul fato mentre si trova al volante, rischiando di compromettere la regolare viabilità, la sanzione si minaccia ancor più aspra.

Non c’è che dire, tolleranza zero. E, subito, insieme, al dictat, si fanno largo i dissidenti. Federico Burgo, vice presidente dell’associazione Terni Valley, dichiara: “Si puniscono le donne e la loro libertà di vestirsi, in linea con un ideale di società antica e patriarcale, oltre che paternale”.

Il giudice di Cassazione Angelo Socci, che a Terni ha lavorato, occupandosi di reati di violenza contro le donne, apostrofa il tutto come “roba da Medioevo“. Secondo Stefania Parisi, già assessore alla scuola e all’ambiente del Comune, “Il degrado di un territorio è tutt’altra cosa e trova in altri fattori le cause“.

E, se Latini tende a precisare che, attraverso la decisione, “si colpiscono, soprattutto, i comportamenti dei clienti“, aggiungendo che “non si tratta di vietare tipologie di abbigliamento. Ognuno è libero di vestirsi come ritiene”, non si fanno attendere neppure le reazioni dell’opposizione. “Come sempre, a rimetterci sono le donne e un ideale di abbigliamento”.

Ritirare l’ordinanza? Neppure a pensarci. “No, è stata concordata nei tavoli tecnici e in raccordo con le forze dell’ordine“. Del resto, mettetela voi giù come preferite: ‘Il fine giustifica i mezzi’; oppure… ‘di necessità virtù‘… etc. etc. ect.

Di fatto, se vi capitasse di far un giro per il centro abitato fornitevi di pantaloni. Occhi a terra e zitte, magari; che, come si dice: ‘Il silenzio ha l’oro in bocca…

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