Considerando… come suggerisce Max Gazzè

Considerando… come suggerisce Max Gazzè

Ti preoccupi dei tuoi capelli bianchi.

Non dirmi che ti servo Io, per accorgerti ti quanto ti rendano affascinante. Da parte mia, non posso che ammettere che, da quel primo incontro, ogni volta che incrocio quel tuo fare un po’ languido, un po’ strafottente, rimango incantata. Il mio sguardo non considera altro…

Mi dici che sei stonato. Per me sei armonia. La tua voce, anche mentre parli, serba in corpo pari accenti di quella dei bambini. E’ pura, acerba. Cristallina, come quell’anima che ti ostini a nascondere e poi, appena fa capolino, ti scopre… e ti rivela.

Mi chiedi di lasciarti il mio cuore.

E non ti accorgi che è rimasto depositato tra le tue mani per anni. E’ intatto, incapace di mimetizzarsi dietro ipocrite facciate. Irremovibile a perdersi con la stessa devota e irresoluta passione, se non sei Tu.

Strano come sia, insieme, lirico, eppure carnale. Tu mi conquisti con la testa. Me la scopi, la fai sussultare. E basta un attimo per scivolarmi tra le cosce.

Sei feroce? Forse… Mai con me.

Per una abituata a vivere a testa in giù, conservi l’aspetto di un Sole limpido e mi rischiari il tempo che ho davanti, con una naturalezza, che non riesco neppure a spiegarti.

Perdona il mio incedere timido, che non so raccontarti tutto il marcio che ho dentro. Non ho problemi a spogliarmi, a denudare i cadaveri che mi trascino sotto le ossa. Non è questo… E’ che vorrei riprendere da qui. Senza voltarmi più, senza fare raccordo con ciò che ero. Con quanto sono stata.

Cosa conta, in fondo? Sono davanti a te, adesso. E i miei occhi parlano da soli.

Cos’ è un uomo?

Uno che sa accarezzarti, senza sfiorarti. Uno che cammina in parallelo al tuo incedere. Quello che chiami ‘casa’; che senti accanto, anche mentre non c’è. Se c’è un germoglio, lo sto coltivando. Voltati, è così semplice vederlo fiorire in me… Dunque, se ascolto, sotto la doccia, lo scrosciare dell’acqua, immagino che quel rumore e le gocce assomiglino alle tue dita che mi percorrono. Se leggo, sei in ogni racconto. Se scrivo, sei la penna che mi muove. Se mi affaccio alla finestra, il naso poggiato sui vetri, al di là dei perimetri ritrovo la tua pelle. Che non esiste luogo più caldo in cui rifugiarmi.

La mia mano è nella tua. Nella percorribilità di ogni giorno, ogni ora, ogni nuovo istante. Che quando si scosta, duole riconoscerlo, mi sento già persa.

Tu hai un nome. Tu, che non sai pronunciare il mio… o non vuoi. O scegli di non volere, chissà. Ora, però, sono certa che lo conosci, con tutto quel che vale. E gli appellativi buffi di cui ti servi per chiamarmi non fanno che accrescerne il valore.

Libero Amore mio.

Senza lacci, io mi sento stretta a te ed alzo il viso. Non c’è più ombra, che sei arrivato Tu a cancellarle. Leggero, hai leccato le ferite e ti sei imposto ad insediarne lo spazio. Incastonato tra le macerie dei miei sbagli, dei peccati… Diamante, brilli in un quadro che, apparecchiato per la fine, sembrava desolato.

Oggi, rigenerata, riassesto il respiro e, novella Pollicino, semino briciole di pane lungo il cammino. Lo faccio, affinché Tu possa trovarmi e, intanto, bado a non accelerare, che voglio che mi raggiunga. Tra la nebbia, la tua figura è chiara.

Non ti chiedo certezze, né sogni. Ti domando, invece, un ritmo, lento o rapido, come Tu lo vuoi. Purché sia un passo a due. Balla, Amore, balla. Cosa importa che sia un Tango oppure un Valzer. Afferrami la vita e balla, che Io non mi scosto più.

Una donna

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