Cronaca di un fattaccio, vecchio e sempre nuovo

Cronaca di un fattaccio, vecchio e sempre nuovo

Abbiamo da poco finito di alzare la voce nell’unico momento riservato a combattere la violenza contro le donne, come se, al riguardo, poi, se ne potesse discutere un solo giorno l’anno. E, adesso, ci ritroviamo di nuovo costretti in un racconto che ci ha interessati e colpiti, neppure troppo tempo fa. Ricordate il caso Grillo?

Ebbene, ora è possibile assistere de visu ai video, resoconto della raccapricciante faccenda. Il diretto interessato, Ciro Grillo – ce lo rivelano le cronache – insieme ad altri 3 amici è stato rinviato a giudizio, con l’accusa di violenza sessuale su una giovane italo-norvegese: tale Silvia.

I fatti sono quelli arci conosciuti del luglio 2019. Il processo inizierà il prossimo marzo. Intanto, nell’attesa dell’infausta battaglia legale, fanno capolino i cortometraggi, girati nel corso di quella scellerata giornata. Messo agli atti, il primo mostra chiaramente il giovane protagonista della vicenda insieme ad uno tra i suoi amici, nella sala della villa del garante del Movimento 5 stelle, in Costa Smeralda. Uno dei due ragazzi ha i boxer abbassati e invita l’altro a fare lo stesso, mentre, nel frattempo, si avvicina alla giovane. I due ridacchiano. Il resto, per fortuna, risulta censurato

Del resto, non dobbiamo neppure sforzarci di immaginare. Sappiamo ormai bene della coppia, che avvicina le parti intime al volto della ragazza, addormentata. Quella che, secondo Beppe Grillo sarebbe stata una ‘goliardata’, ma che continua – parlano i fatti – ad avere un sapore evidentemente diverso.

In altri due video, invece, è contenuto la versione di Lei: “La mia amica era stanca, quindi è andata a dormire. Io sono rimasta con questi ragazzi. Uno di loro aveva chiesto di accompagnarlo in camera, per prendere delle coperte”. A quel punto, “mi ha spinto sul letto e si è forzato su di me. Continuava a tenermi giù. Io, in quel momento, mi ribellavo e cercavo di andare. Non capivo cosa stesse facendo e lui mi tirava dalle gambe. Provava ad aprirle, così. Continuava a forzarmi; io non volevo e sono riuscita a respingerlo… E sono tornata di là, con gli altri“.

Ricorda, ancora, di aver fatto “finta di nulla”. Di aver avuto, dai maschi, la rassicurazione che avrebbe avuto una camera tutta per sé, quella notte. Ma poi… “Questo ragazzo di prima è tornato in camera e si è praticamente ri-fiondato su di me. Però, lì, è riuscito a trattenermi e mi tirava i capelli. Mi aveva immobilizzata, quasi bloccata e non riuscivo… Cioè, non riuscivo a muovermi. E, di nuovo, era riuscito a togliermi i vestiti e mi apriva le gambe. Io avevo paura, ma non riuscivo a gridare. Sentivo che i suoi amici erano dietro la porta“.

La cronaca prosegue, evidenziando l’ennesimo tentativo, da parte della ‘nostra’, di liberarsi. Poi, di nuovo, bloccata e buttata dentro la doccia. “Con una mano, mi teneva la testa ferma contro il muro. Mi ha fatto male. Una volta finito, è uscito dalla stanza, mi ha dato un accappatoio e io mi sono rivestita“. E, in riferimento agli altri: “Avevano visto tutto, continuavano a ridere“.

Ancora, l’avrebbero “forzata a bere“. Le avrebbero tenuto la testa, per farle consumare circa metà bottiglia di vodka e, mentre l’amica continuava a dormire, l’avrebbero accompagnata in un’altra stanza. Lì, sarebbe avvenuta la violenza di gruppo. “Uno dei ragazzi mi ha tirato su di lui e mi ha bloccato la testa sul petto. Io non mi ero accorta che gli altri fossero dietro di me. Mi hanno svestita, da dietro. Mi hanno bloccata e quello che era sdraiato sopra di me mi ha preso la testa e… E li continuavo a sentire che si davano il passaggio. Dicevano: ‘Dai, dai, dai veloce tocca a me’, cose del genere. Dopo non so quanto ho visto nero. Poi, non so cosa sia successo“.

Ecco. Ribadiamo. La storia era già tristemente nota e, seppure non lo fosse stata, è talmente simile a tante altre che, oramai, neppure ci fa più effetto. Il punto è proprio qui. Domandiamoci perché siamo assuefatti. Chiediamoci cosa c’è che non va. Come mai non sentiamo la voglia di ribellarci a tutto questo e, anzi, semmai, lo giustifichiamo?

Fermiamoci un secondo e ragioniamo. Immaginiamo come reagiremmo, se si trattasse di nostra madre, nostra figlia o sorella… Smettiamo di legittimare lo schifo, perché tale è. E riprendiamoci la dignità. Di uomini, donne… esseri umani. Richiamiamo la coscienza. Facciamo uno strappo alla regola e ricordiamoci di possedere un cuore e un’anima, soprattutto. E usciamo da quest’inferno. Una volta per tutte.

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