A Natale raccontiamoci la fiaba… del Panettone
C’era una volta… eh sì, perché quella che stiamo per raccontarvi è proprio una favola. Una di quelle che ci allietano i cuori e ci fanno sognare. Una, riservata – come e meglio di ogni altra – al periodo in corso e che vede come protagonista l’accompagno ideale ai brindisi di questi giorni; fine pasto d’eccellenza, sempre verde, sulle tavole di noi Italiani.
Ebbene, lo conosciamo tutti, ma quanto ne sappiamo davvero del Panettone?
Una storia eccezionale
In eterna diatriba con il suo collega e, insieme, più acerrimo antagonista, il Pandoro, sappiate che il ‘nostro’ vanta una storia secolare. Che sia il dolce più diffuso per le Feste natalizie, questo è risaputo. Probabilmente, non altrettanto noto è che fece capolino, in quel di Milano, a soli tre anni dalla scoperta dell’America. Ma scendiamo nel dettaglio. Scandiamo scena per scena, alla stregua di un set cinematografico.
Durante la notte di Natale del 1495, presso la Corte di Ludovico il Moro, il cuoco ha appena accidentalmente bruciato il dolce natalizio. Un errore imperdonabile, che mal potrebbe digerire il Signore di Milano. Dunque, in soccorso corre un suo aiutante, il garzone Toni che, lavorando lievito, burro, frumento e uvetta, riesce, dal misfatto, a ricreare una vera e propria delizia. Un dessert, degno di Colui a cui è destinato. Un preparato talmente unico, da finire per indossare il nome del suo stesso inventore. Così, il pan del Toni inizia il suo viaggio di casa in casa, di quartiere in quartiere, fino a trovare la collocazione sulle tavole dell’intera Penisola.
Non siete ancora sazi? Ascoltate questa, allora… Pare che una monaca, tale Ughetta, abbia, all’interno di un Monastero di Clausura, inventato un pane dolce fatto di burro, canditi e uvetta. Un manufatto, riconoscibile grazie alla croce intarsiata sulla sua superficie, tale da conferirgli la tuttora rinomata cottura a cupola. Certo, anche in questo caso trattasi di leggenda… Ughetta, ad esempio, stando al dialetto milanese, altri non è che l’uvetta e certo la coincidenza non passa inosservata.
Esiste, poi, un’ennesima leggenda. Torniamo, per un attimo, alla Corte di Ludovico il Moro. Il suo fedele falconiere, Ulivo degli Atellani, s’innamora perdutamente della figlia del panettiere. Una passione talmente rovente, da indurlo a vendere, di nascosto, i preziosissimi falchi del duca, per poter acquistare le costosissime uvette e canditi, utili a decorare un pane dolce di sua invenzione. È solo catturando le papille gustative del suo Padrone, infatti, che il giovane può sperare nella di Lui benedizione e nelconsenso a sposare la sua amata, dalle umili origini.
Insomma, Ulivo e Adalgisa come tanti di noi… emblematici personaggi di un racconto, che ancora oggi si manifesta al nostro più recente e sontuoso desco.
Pandoro: figlio dell’intuito
Diversa è la versione, se si tratta del cugino, altrettanto conosciuto ma decisamente meno attempato: il Pandoro. La sua nascita è attribuibile al Signor Melegatti, droghiere nella città di Verona, che brevettò la ricetta del dolce a stella a otto punte, che girava tra le famiglie della sua città.
Siamo, in questo caso, nel 1884 e Melegatti è un imprenditore illuminato, così in anticipo sui tempi che subito comprende che la chiave per ottenere successo sta nel dar vita ad un’immagine d’impatto. Ecco, allora, che affida il compito di definire l’inconfondibile stampo piramidale ad Angelo dall’Oca Bianca – artista, più volte rappresentato alla Biennale di Venezia.
Una vicenda meno articolata della precedente, forse, ma non meno di lustro, per due prodotti Principi dei giorni che si snodano tra Natale e la Fine dell’anno e che, via via, hanno assunto il sapore e l’allure di ‘intramontabili’.
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