Ma che fine ha fatto il Cinema?
Il film è uscito davvero da poco, il 3 novembre scorso, ma già se ne vedono, ahinoi – i risultati, o – magari – è semplicemente troppo presto per poter giudicare. Di fatto, Ragazzaccio, opera ultima di Paolo Ruffini è stato presentato a Roma, presso la multisala di piazza Cavour e, benché la pellicola sia insita di tutte le premesse per accaparrarsi il favore del pubblico, qualcosa, evidentemente, ancora non va. Non ci riferiamo tanto al lavoro del regista che, come anticipato, conta tutti i numeri per riuscire, quanto piuttosto, ancora, alla scarsa affluenza nei Cinema.
Ruffini stesso ha condiviso, armato d’onestà, sul proprio profilo TikTok, un video che mostra una sala pressoché deserta, in occasione della Prima.
“Io non fingo mai: ci sono sale piene e sono felice, quando questo accade. Ma io presento il film in tutte le sale, anche in quelle dove ci sono pochi spettatori. E, quando questo accade, li ringrazio, uno per uno!“. Nel frattempo, intento a stringere la mano ai (pochi) spettatori presenti, conclude: “Grazie infinite a tutti coloro che, stasera, lasciano il comodo divano e le loro piattaforme per andare al cinema. Ragazzaccio ha un grande passaparola e vive, grazie a voi!“.
Un messaggio di franchezza intellettuale, a fronte, pure, della sicurezza di un qualcosa che presenta tutte le carte per ‘andare come deve’, a partire già dal cast.
Ne fanno parte Giuseppe Fiorello, Massimo Ghini, Sabrina Impacciatore, Alessandro Bisegna, Jenny De Nucci… Lo slogan di presentazione esordisce con un convinto: il virus più contagioso è l’amore. Ed è proprio ciò che scopre Mattia, adolescente in guerra con il mondo, in una città stretta dall’angoscia dell’epidemia. Attraverso gli unici strumenti di comunicazione ammessi (i Social network e la DaD a scuola), il nostro imparerà – appunto – ad amare una compagna; scoprirà cosa può imprendere dal confronto con un professore; capirà che c’è del sentimento nei suoi genitori. Troverà la maniera, insomma, per volersi bene.
Tuttavia, non è tanto questo il punto, quanto il notare, invece, come la macchina della Settima Arte stia cambiando volto, schemi ed elementi di riferimento. Esiste ‘un prima e un dopo il Covid‘, evidentemente e chi sceglie di credere ancora nel Grande Schermo fa un salto nel vuoto, che poco o nulla c’entra con al qualità del prodotto proposto.
Quello citato è solo un caso, un esempio, l’ennesimo, di come il pubblico si stia dirigendo o meglio, si sia, per la maggior parte, già spostato, direzionando la propria attenzione alle Piattaforme, che consentono una visione, se vogliamo, anche più interattiva – sicuramente pratica – di quanto si consuma.
C’è, lo dicevamo all’inizio, da riflettere. Chiedersi, per dirne una, quanto ancora si ritenga prepotente il fascino di una visione, oltre le mura di casa. Si abdica, causa le nuove abitudini assunte, al senso di dominio esercitato dal luogo predisposto ‘per eccellenza’, organizzato per risultare aggregante, coinvolgente… in parte, pure, poetico e ci si rivolge, di contro, ad una dimensione di comfort e relax, accoccolati, magari, sul divano della propria abitazione, telecomando alla mano, al sicuro – o, almeno, questo si pensa – da tutti i pericoli e le scocciature di fuori. Riparati, vezzeggiati, riforniti di tutto… o quasi.
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