Lupi? Addio all’idea del maschio Alfa
C’era una volta, in un bosco… un Lupo cattivo o, almeno, così ce lo hanno insegnato. Dominante, aggressivo, pericoloso… e, invece, no. Gli scienziati – carte alla mano – ancora in questa occasione si dichiarano pronti a smentire e ribaltare la storia e, con essa, le nostre convinzioni.
Tanto vuole, un articolo, appena pubblicato su Scientific American, che riprende alcune riflessioni derivanti da nuovi libri, editi – a loro volta – da una serie di esperti. Tra costoro, anche l’italiano Luigi Boitani. Pare, insomma che, agli scienziati, la cosa sia… “nota da anni. David Mech, ricercatore all’US Geological Survey, è il guru della biologia del lupo. Negli anni ’70, scrisse il primo compendio che ha cambiato la visione di quello che, fino a pochi anni prima, era considerato un predatore crudele“.
“Finora – si spiega – gli etologi avevano studiato lupi in cattività, perché è difficilissimo osservarli in natura. Così, avevano analizzato esemplari dentro recinti che, magari, arrivavano da gruppi differenti. Da qui, nacque l’idea di una gerarchia sociale, all’apice della quale c’erano gli individui alfa, maschio o femmina. Gli unici, fra l’altro, a riprodursi“. Ebbene, oggi ci viene detto che si tratta di una convinzione, assai strumentalizzata.
Il lupo, in sostanza, è stato spesso considerato come lo specchio di una società che funziona, poiché esiste una stretta gerarchia e un’aggressività, basata sul dominio e sul predominio. Quando invece si è creata l’occasione per studiare gli animali in natura, con il binocolo, è emerso chiaramente che i branchi agiscono alla stregua di famiglie e che, al loro interno, non sussistono interazioni violente.
“Oggi si parla di leader. La differenza? La parola alfa, ormai culturalmente, è associata ad un predominio, in qualche modo imposto“. C’è – cioè – a presupposto, un subordinato; qualcuno che vorrebbe fare cose, che non riesce. “Il leader, invece, è rappresentato da individui adulti, che hanno più esperienza e capacità di caccia, maggiore abilità nel muoversi nel territorio e che, attraverso il loro comportamento, aumentano le probabilità di sopravvivenza dell’intero gruppo. E sono riconosciuti da tutti gli altri“.
Coesione funzionale, dovuta – tuttavia – più ad un comportamento affiliativo di parentela, che ad uno gerarchico, caratterizzato da prepotenza.
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