Da grande, voglio fare lo scrittore!
La penna è lì, poggiata in un angolo non troppo remoto della scrivania; c’è il computer, volendo o, per i più romantici, la macchina da scrivere. E poi, soprattutto, ci sono le idee. Una ridda di illuminazioni, soluzioni, pensieri che frullano per la mente, incessantemente, accompagnate dalla voglia di tradurle in scrittura. In qualcosa, cioè, che abbia un senso, anche solo personale e che rimanga. Così, nasce uno scrittore.
La meraviglia della creazione che, tuttavia, come spesso accade, sottostà a ferree regole. Norme che, una volta che si è padroni, possono essere bypassate, certo; ma che, prima, quando ancora i passi sono incerti, occorrono. Rappresentano la strada, il collante che unisce le parole. Percorso, che si fa ogni giorno più ricco e libero, sapendogli concedere il giusto spazio.
Vediamo, allora, novelli romanzieri, quali sono i consigli base a cui non sottrarsi, affinché il lavoro risulti, alfine, appagante…
- Per imparare a scrivere, è necessario, prima, saper leggere. Autore chiama autore. Perché, allora, non lasciarci influenzare da chi è più bravo ed esperto di noi? I preferiti, tanto, non mancano mai
- Certo, gli intendimenti vorrebbero che si seguisse l’ispirazione. Tuttavia, soprattutto nel momento in cui si è neofiti, meglio è tenere un ritmo quotidiano. Un obiettivo, ad esempio, di 2.000 parole al giorno sembra l’ottimale, trovandosi alle prime armi
- Chiedersi sempre il perché. Cosa ci spinge e ci motiva e da lì partire, per il nostro personale viaggio nella fantasia
- Gestire il tempo è tra gli elementi indispensabili del percorso. La chiave consiste nello sviluppare buone – e sane – abitudini. Ricavarsi le ore che servono, magari in un luogo calcolato. Un posto tutto nostro, foriero di creatività
- Prima di scrivere, occorre riflettere. Dove si ambienta la storia? Dove conduce la trama? Si è in possesso di tutto il materiale di ricerca? Meglio agire d’anticipo, in questi casi. Preventivare, calcolare… insomma, attivare le ‘cellule grigie’
- Almeno una copia di… tutto. Un cloud – visti i tempi – oppure una penna USB. Anche una foto andrà bene. Qualsiasi cosa, piuttosto che perdere il lavoro…
- Dizionario dei sinonimi e contrari: eccolo, il miglior alleato, da tenere permanentemente accanto. Non si sa mai!
- L’azione precede l’ispirazione, non il contrario. Iniziamo a scrivere; poi, ragioniamo
- Scrivere… di ciò che si sa. Diversamente dal blouse, qui non si accettano improvvisazioni. Bisogna dimostrarsi informati, al passo con i tempi, competenti. Soprattutto, è necessario risultare credibili
- Il primo lettore – e giudice – siamo proprio noi. Immedesimiamoci nei panni di chi si trova, testo tra le mani, alle prese con il nostro prodotto. Dovrà emozionarsi e dovremo farlo anche noi, d’impulso. Se scopriamo che, riga dopo riga, ci stiamo annoiando, se ci distraiamo… beh, allora qualcosa, sicuramente, è da rivedere
- Leggere a voce alta rappresenta il modo migliore per accorgersi se c’è, o meno, ritmo. Le frasi dovranno procedere, una via l’altra, come una sorta di musica. Uno spartito, su cui posare la composizione
- Altrettanto importante è scegliere il punto di vista da cui partire, nel raccontare la storia. C’è un narratore? L’avvenimento lo si descrive in prima, in terza persona…?
- Show, don’t tell. Il libro è la vetrina. La passerella, attraverso la quale si dipana la trama, falcata dopo falcata
- Al di là della vicenda, concentriamoci sui personaggi. Il protagonista, in particolare e l’antagonista dovranno essere abbastanza forti, da reggere ostacoli, imprevisti, insomma, tutte le vicissitudini che incontreranno
- Bando ai cliché. Occorre – parolone – multidimensionalità. Carattere, abitudini, tic, debolezze, perversioni di colui o colei su cui si scrive… non si dovrebbe – non si deve – tralasciare proprio niente….
- Domandarsi e stabilire la motivazione. Cosa fa sì che il personaggio scelga di fare o non fare… Cosa vuole e cosa lo porta a interagire con gli altri interpreti della narrazione, in quel determinato modo e in quel preciso momento?
- Suggerire è meglio che descrivere a fondo. Immaginare il lettore come la preda di una sorta di seduzione. Dunque, conviene alludere, ammiccare, stabilire un aggancio… il vedo non vedo – si sa – funziona assai meglio di quel che è esplicito
- In apertura, evitiamo di parlare del tempo. E’ generico e può risultare noioso, per alcuni. Qui occorre andare subito al sodo, alla ‘ciccia’. Se lo si fa solo per creare l’atmosfera, siamo brevi. L’inizio qualifica l’intero libro; ne rappresenta il biglietto da visita
- I prologhi funzionano nella saggistica, ma quando si tratta di romanzi non hanno molto senso. Qualunque argomento o ragione, potrà convenientemente venir redistribuito altrove
- I regionalismi o l’uso smodato dei dialetti può conferire carattere, vero; ma talvolta distrae
- Gli esclamativi? Regola vuole che se ne adoperino due o tre, ogni 100.000 parole
- “Non usare mai un avverbio per modificare il verbo ‘dire’“. Non è un consiglio. E’ un fatto
- Teniamoci alla larga da accezioni come: ‘improvvisamente‘ o ‘si è scatenato l’inferno‘. Non si fa, punto e basta!
- L’analisi del testo lasciamola ai critici. Noi concentriamoci, piuttosto, nel divertirci. Appassioniamoci e riponiamo il raziocinio nel cassetto. Non abbiamo bisogno di etichette
- La prima bozza non è niente altro che… la prima bozza. Non impressioniamoci, se qualcosa non va. Non c’è bisogno di stressarsi. Gli errori servono a crescere e la perfezione, alla lunga, stufa
- Venendo al nocciolo della questione, se non di pura arte si tratta, ma è previsto un guadagno, lavorare al soldo di un buon editore è fondamentale. La giusta collaborazione può fare un’enorme differenza nel risultato
- Altro aspetto da non trascurare: fidarsi di sé, del proprio istinto. Trasformarsi, in poche parole, in segugi da romanzi. La pancia parla, basta saperla ascoltare
- Partendo dal medesimo presupposto, concedersi di cambiare idea non è da sciocchi, anzi. Rileggere, tornare indietro, riscrivere, modificare… si sta masticando una materia prettamente personale. Ci si può fare quel che più si desidera
- Difendere il proprio io, vale a dire – se lo si ritiene opportuno – non temere di infrangere le regole. In fondo, non ci hanno insegnato che servono a questo; ad essere, cioè, superate?
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