Cleopatra: quella storia di Hollywood un po’ contorta

Cleopatra: quella storia di Hollywood un po’ contorta

Ve li ricordate Rychard Burton ed Elizabeth Taylor sul set di Cleaopatra?

Fu, certo, la location che li fece innamorare; ma riguardo a quei giorni di riprese, c’è tanto altro da raccontare…

Partiamo da tempi più vicinia noi e dalla considerazione che non ha retto all’onda d’urto delle polemiche la recente docu-serie trasmessa da Netflix, sull’indimenticabile regina. Esperimento, archiviato come ‘falso storico’. Rilettura della Sovrana in versione ‘nera‘, che nulla o poco ha riscosso il gradimento del pubblico. Tant’è.

Adesso, sei decenni dopo l’uscita nelle sale, in quel lontano 12 giugno 1963, del Colossal che vide come protagoniste la stella dagli occhi ametista ed il suo futuro consorte, una nuova valanga di critiche si abbatte sull’attrice… e sull’intera gestione della vicenda. Merito/colpa di un libro, fotografia impietosa delle virtù (poche) e dei vizi (numerosi), della Hollywood di allora.

Cleopatra e la rovina di Hollywood‘ è, per l’appunto, il titolo. Didascalia: ‘Come un film ha quasi affondato gli Studios‘. Il che, in termini di premessa, la dice – già di per sé – lunga. Lavoro, firmato da Patrick Humphries e dal contenuto, stando almeno alle indiscrezioni, decisamente ‘hot‘.

Cominciamo con il far presente che il film era nato sotto i più fausti presagi, preannunciato da un battage pubblicitario, senza precedenti. Due milioni di dollari, la spesa iniziale, che si trasformarono in un incasso, al botteghino, pari a 44 milioni. Si parla, volendo trovare una giustificazione al riguardo, di ‘dissolutezza’ della Produzione. “Gli oggetti intravisti per pochi secondi sulla toilette di Cleopatra sono stati disegnati da Bulgari. E, per la scena chiave, l’ingresso della regina, a Roma… le 20mila comparse impiegate… – erano – tutte vestite, sfamate, alloggiate e trasportate sul set. Se qualcosa andava storto, come un elefante che si comportava male, dovevano ricominciare tutto da capo“.

Per la sola Liz, inoltre, era stato previsto un compenso di 1 milione di dollari. Cifra, pretesa (e ottenuta) dalla capricciosa interprete. “La Twentieth Century Fox ha avuto bisogno di quattro anni, 40 milioni di dollari e riprese in cinque Paesi, per realizzare il suo Cleopatra. Mai prima d’ora, una grande compagnia cinematografica è sembrata così sopraffatta dalla propria creazione“. Questo il commento, già ai tempi.

Non solo. E qui si ritorna al nocciolo iniziale. La passione scoppiata tra i due protagonisti – udite udite – era vista di cattivo occhio. Entrambi erano sposati, del resto e come non temere che, benché la relazione fosse clandestina, potesse scoppiare uno scandalo?

Così avvenne, peraltro. “Nessun evento di cronaca, nei tempi moderni, ha colpito personalmente così tante persone“, nemmeno il processo del nazista “Adolf Eichmann…“. Lui, al primo matrimonio. Lei, ormai veterana, al suo quarto sì. Non fecero o non poterono far nulla per trattenere il desiderio (e il conseguente gossip).

C’era, poi, la questione che riguardava i problemi di salute. Liz, ad un certo punto fu persino dichiarata morta e, nel 1961, i Lloyds di Londra vennero contattati dalla Fox, per capire se avrebbero continuato ad assicurare la pellicola.

Curiosi? Ebbene, ne avete più che ragione, giacché, da rivelare, c’è ancora parecchio. Come, ad esempio, la faccenda che riguarda i costi. Nelle intenzioni, Cleopatra avrebbe dovuto essere girato in 64 giorni, atto ad emulare il successo di Ben Hur (1959).

Tuttavia, quando uscì nei Cinema, ben sei anni dopo, era costato 20 volte tanto.

Solo i bicchieri di carta – per capire – erano valsi 100 mila dollari. “E’ stato utilizzato più cemento per il set del foro romano del film, che per lo stadio Olimpico di Roma, del 1960“. Ancora, immaginate quanto potesse costare soddisfare le richieste di una Star viziata, abituata solo ai Sì. E tutto, in effetti, le venne concesso. Dal parrucchiere personale al cibo, proveniente dalla sua gastronomia preferita di New York, mentre si girava in Italia.

Le scene, poi, filmate in Inghilterra, nella località di Pinewood, valsero un esborso di 6,45 milioni di sterline. Ebbene, per via del maltempo fu possibile utilizzarne unicamente 8 minuti. Per la ricostruzione di Alessandria si scelse, allora, la zona di Anzio. In aggiunta a quanto sopra, le continue sostituzioni e gli abiti sfarzosi della Diva contribuirono alla debacle.

Il film, invero, ottenne 9 Nomination all’Oscar, aggiudicandosene 4. Passò alla storia come il miglior incasso di quell’anno. Eppure, neppure questo valse a rimpinguare le tasche della Fox.

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