Merope’s Tales (capitolo 13)
Parto da Lei, stavolta. Da Dita di cui, volendo seguire schemi di ragionevolezza, avrei forse dovuto raccontarvi, sin da subito. Se, difatti, oggi come oggi, si pensa al Burlesque, nell’accezione comune il primo nome che affiora alla mente è proprio il suo. Nostra Signora Von Teese che, dall’alto delle sue oramai 52 conclamate primavere, rimane ancora capacissima di far sognare il suo affezionato pubblico.
Di recente, si è mostrata in Lingerie per una tra le numerose campagne pubblicitarie, tese a promozionare il suo marchio di Intimo. Iconica, intramontabile, una vera Diva…
Ennesima collezione, quella in considerazione, che incanta, esattamente come sa far Lei.
Del resto, è immediato riconoscerla nel ruolo di Colei che ha saputo rispolverare l’Arte del Teasing, per eccellenza. Non trascurate, tuttavia, il fatto che Heather Renée Sweet, oltre che una performer si è rivelata, al pari di molte tra le numerose che l’hanno preceduta, un’ottima imprenditrice. Una vedette… un’Americana che, per mantenersi giovane, preferisce dormire sulla schiena (questo, almeno, è quanto ha rivelato in prima persona). “So da dove proviene ognuna delle mie rughe“, comunica, rendendosi garante di un grado di consapevolezza, non indifferente.
Ve lo racconto, per inquadrare, prima ancora che l’artista, la persona. Il grado di conoscenza e la tenacia – chiamatela pure determinazione – che, insieme, la riguardano. Oltre il Vaudeville, al di là del Music Hall c’è – riassunto – una donna e che donna! Una di quelle per le quali la Maiuscola è obbligatoria e che, pur proponendosi con l’ambizione di non far dimenticare il passato, sa come tenersi al passo con i tempi.
Si legge, sul suo conto: modella, showgirl, ballerina specializzata in spettacoli fetish softcore dove, per tale, si intende un genere di rappresentazione – cinematografica, teatrale, fotografica, fumettistica o pittorica – ad alta componente erotica. Beh, rimanete anche solo per cinque minuti a guardarla… ammettetelo… a cosa state pensando, adesso?
Senza correre, facciamo rewind e partiamo dal principio. Non sia mai che, dell’esponente in assoluto mainstream del fenomeno del New Burlesque, vi faccia perdere anche solo un dettaglio. Mi va, invece, di saziarvela, la fame e, magari, se riesco, di farvene venire anche di più…
Allora vi chiedo? Sapete, per caso, chi fosse Dita Parlo? Beh, per risalire al nome d’arte scelto da Gerda Olga Justine Kornstädt bisogna retrocedere, fino al 4 settembre 1906, all’alba del vecchio secolo. Attrice tedesca, che ebbe modo di esibirsi anche in Francia. ‘Oui!‘
Si racconta, sul suo conto che, benché negli States non abbia riscosso un grande successo, l’esimio Orson Welles l’avesse comunque scritturata come protagonista femminile dell’adattamento cinematografico del romanzo di Joseph Conrad: Cuore di tenebra. Progetto che, ahimè, non andò mai in porto.
Arrestata con l’accusa di collaborazionismo, gli anni del Secondo conflitto Mondiale furono, per la nostra, anni in fuga, lontana dagli schermi, almeno fino al 1950, quando rifece la sua comparsa nel film Giustizia è fatta. Poi, ancora il silenzio, per altri quindici anni. La carriera si chiuse con La donna di picche, pellicola del 1965. Tant’è, deve essere bastato, quel poco o tanto, se persino Madonna, a suo tempo, l’ha presa a fonte di ispirazione per il suo libro fotografico Sex e per l’album Erotica. Ma torniamo a noi!
Dita, appunto. Proprio come Madama Von Teese. Segno di un’eredità che, evidentemente, deve essersi fatta sentire.
Specchio, anche, della volontà di Mr Hefner e dei suoi… il cognome le fu elargito – e, da allora, ha saputo indossarlo senza pari – dalla rivista Playboy, nel 2002, scelto – pensate – direttamente dall’elenco telefonico, per poter comparire in prima pagina. L’iniziale Von Treese, per errore – come succede per le più rinomate ricette – venne stampato male, sostituito, appunto da Von Teese.
La bambina di Rochester, nel Michigan, che adorava ballare sulle punte ed era ossessionata dal cinema degli anni ’40 – figlia di un’estetista e di un operaio – si sarebbe presto trasformata, conseguenza di una volontà sublimata, in una Star.
Merito, insomma, del Technicolor e della Old Hollywood, se il gusto rétro, ad un certo punto, prese a lievitare, riverberandosi nell’abbigliamento, nelle movenze… Merito, pure – probabilmente – di quel primo reggiseno acquistato quando la nostra aveva appena 12 anni. Glielo aveva comprato ‘mammina’, bianco e in cotone; mentre un uovo in plastica serviva a conservare le calze color carne. “Tutto qui?“, deve essersi detta, un po’ delusa, un tantino disillusa… “Trine e merletti dove sono finiti?“. Possibile che si fossero rifugiati unicamente tra i fogli del periodico, gelosamente custodito da papà?
Come si suol dire: “Se Maometto non va alla montagna, allora…“. Allora, Dita – non ancora Dita – si fece assumere come commessa – pensate un po’ – in un negozio specializzato in… biancheria intima. Messe da parte le scarpette, ora la graziosa biondina – che la morona che tutti conosciamo fu creata ad arte solo più in là – mirava a specializzarsi in Storia della moda. Magari, chissà, avrebbe potuto ricavarne l’adeguata competenza per diventare costumista. Si immaginava già, dietro al palco, tutta presa ad organizzare, verificare, controllare… immersa in un’atmosfera che la riportava indietro. Meglio, anzi, no: che la ricollocava al suo posto.
Così, a 19 anni, nella mente i giochi – come dire – erano fatti e bastò davvero poco, perché iniziasse a spogliarsi – armata di classe e di originalità, ben inteso – acconciata con le chiome ‘ad alveare’, i guanti fino al gomito, armata di corsetti e giarrettiere. Confondeva e, insieme, incarnava il senso di una femminilità, tanto anelata e rimpianta dal pubblico. Heather Sweet, la dolce Heather – come si faceva chiamare ad inizio carriera – non si risparmiò neppure qualche film softcore: Romancing Sara, ad esempio. Matter of Trust, Decadence, giusto per citare qualche titolo. Del resto, non lo abbiamo sempre ammesso? Il Burlesque è omnicomprensivo.
Dunque – vi dicevo – la pelle candida, eburnea, i capelli, d’improvviso, corvini; le sopracciglia accuratamente a seguirli e il neo, astutamente tatuato ai margini dell’occhio. Ogni particolare era frutto di responsabile minuzia, affinché nulla fosse lasciato al caso.
“Ho il mio look! E’ caratteristico e lo mantengo, perché mi rappresenta al cento per cento. L’ho creato apposta e se può suonare come artefatto, beh… direi che il trucco è riuscito piuttosto bene, no?“. Fingimento, ricordate? Mistificazione…
Non certo con le amicizie, però, come quella, ad esempio, di lunga data e fortemente remunerativa, con Christian Louboutin. Il Re delle calzature, rinomato per le scarpe gioiello, contava tra le sue migliori e più assidue clienti… anche Lei, la signorina Sweet, divenuta ormai musa di un mondo proiettato interamente al passato.
Assai più che una stripper, apparsa sulle copertine dei maggiori rotocalchi di settore. Amata dai maestri della Moda, da Vivienne Westwood a Moschino, a Jean Paul Gaultier. Testimonial per i Brand più gettonati, regina del Crazy Horse di Parigi; attesa interprete, sui palchi di Las Vegas.
La sapevate questa? In occasione del Festival di Cannes del 2007, per il Gala di beneficenza che sosteneva la lotta contro l’AIDS fornì il personale supporto, esibendosi nel lipteese, uno strip a cavallo di un rossetto gigante firmato – naturalmente – MAC Cosmetics.
Volto, nell’ordine, per marchi come Wonderbra, Cointreau, da cui riceverà, in forma di riscontro, un cocktail personalizzato alle note di violetta: il Cointreau Teese. Figura di riferimento, persino per le mentine Altoids. Chi, del resto, non vorrebbe un alito super fresco, al sapore di menta piperita? E – udite udite – dell’acqua più ambiziosa che ci sia o, se non è così, ci siamo davvero vicini. Signori e Signore: la Perrier!
Icastica, immarcescibilmente presente in più video musicali e… sposata. Dal 28 novembre 2005 – anche se la relazione durava già dal 2000 – fino all’inizio del 2007, con Marilyn Manson. Cerimonia – badate bene – ufficiata dal regista Alejandro Jodorowsky, organizzata – e come, sennò? – in perfetto stile Gotico, con tanto di abiti ottocenteschi e le mura di un castello irlandese a fare da cornice.
Un castello, evidentemente, di carta…
“Sono stata con lui per sette anni. Siamo stati sposati solo per un anno e sento che unirci in matrimonio è equivalso al ‘bacio della morte’… un po’ come il chiodo nella bara. Mi sono sentita, in un certo senso, obbligata a portare a termine la cerimonia, perché c’era così tanto in gioco…”
“Non ero favorevole alle sue feste o alla relazione con un’altra. Per quanto lo amassi, non volevo far parte di queste scelte…“. Neppure l’utimatum, prima di lasciarsi, ha funzionato. “Mi ha reso il nemico“, commenta, laconica.
Nel 2010, a proposito delle sue storie amorose, avrà a dichiarare: “In passato ho avuto relazioni con uomini che mi trattavano come fossi una regina e, allo stesso tempo, trattavano tutti gli altri come fossero nullità. All’inizio mi affascinava, mi faceva sentire lusingata. Poi, ho scoperto che tutta questa maleducazione e mancanza di rispetto potevano anche essere usate con me e non mi è piaciuto. Quindi, ora preferisco circondarmi di persone che hanno charme, eleganza e che conoscono le buone maniere“.
No comment… fatevi voi l’idea che più preferite. Io ritorno a Lei, invece. A Dita e quella sua tanto idolatrata esibizione, completamente immersa in un calice di Champagne, idea presa a prestito dalla sua migliore amica, ancorché costumista, coreografa e spalla: Catherine D’Lish.
Tuttavia, ci ha fornito modo di godere di Lei e del suo talento anche a cavalcioni di un cavallo da giostra; sorta di preziosa perla, infilata in un portacipria gigante; cuore di filigrana, oppure immersa in una vasca da bagno, con piedini a zampa di leone. Ancora, in una doccia ‘funzionante’… Volutamente provocatoria: Uccello nero e Cigno del Paradiso. Dita, con indosso esclusivamente diamanti, del valore di 5 milioni di dollari.
Oh, non che non ce ne siano altre o non ce ne siano state. Eppure… questa supereroina dalle capacità – pure – di scrittrice – suo Burlesque and the Art of the Teese / Fetish and the Art of the Teese – testo in cui illustra, nel dettaglio, opinioni e pensieri sull’Arte che la vede protagonista. Vi raccontavo, questa figura instancabile e fortemente arguta si è resa onnipresente. Protagonista, a suo tempo, persino di uno spettacolo di Burlesque nel tour organizzato, nel 2008, niente di meno che da Geoge Michael, per il brano Feelin’ Good.
“Non capisco perché le donne sentano il bisogno di dedicarsi alla recitazione non appena diventano famose… Ma suppongo che, se la parte fosse esteticamente corretta, allora – forse – potrei prenderla in considerazione“. Umile? Umile. Non è d’altronde, l’umiltà, espressione della coscienza di sé? Guest Star, in ogni caso, in più di una serie tv.
Ma c’è dell’altro. “Amo il feticismo, per i suoi poteri di trasformazione e anche per la sua bellezza“. Eccola, allora, questa convinta proselite di Bettie Page, riconosciuta, a tutti gli effetti, anche nel ruolo di
tightlacer. Non sapete cosa sia? Vi dico solo che, nel tempo, indossando il corsetto, è riuscita a ridurre la sua circonferenza vita a 22 pollici (56 cm) e che è nella facoltà di allacciare e stringere i nastri che le rivestono il corpo fino a 16,5 pollici; l’equivalente di 42 cm.
Una pratica, questa, che trova la sua origine a metà del XIX secolo. Metodo fortemente controverso, per assottigliare le linee o modificare la postura; osteggiato dai medici, irriso dalla gente comune.
Per ottenere una vita estremamente piccola è necessario un lungo periodo di allenamento. A parlare, sono i resoconti del tempo. Un modo, nella concomitanza, per aumentare la capacità di attrarre marito.
Sebbene non esistesse un sistema standardizzato per allenarsi, si sa che le donzelle venivano iniziate in giovane età, dalla rispettiva madre o dalla tutrice, qualora lo ritenesse appropriato, all’abitudine – per molti – funesta:
“Ognuna delle mie figlie ne ho quattro. Al suo settimo compleanno, ricevette un paio di corsetti aderenti, che indossò da quel momento in poi, sia di notte che di giorno, a meno che non si ammalasse gravemente. Man mano che la bambina cresceva, vennero aggiunte altre ossa e la circonferenza del torace e dei fianchi fu aumentata, ma non fu apportata alcuna modifica alla vita e, non essendo consentita alcuna espansione durante le ore di sonno, la sua tenuità fu mantenuta e non ci fu bisogno di ricorrere a un’allacciatura stretta, che diventa un requisito, quando i corsetti non vengono indossati finché la figura non è cresciuta“.
La missiva, diretta al direttore del The Boston Globe, la dice lunga…
Similmente, del resto, testimoniavano i produttori del prezioso ammennicolo: “Nel nostro settore, troviamo costantemente donne che vogliono farsi restringere la vita e che sono disposte a sopportare qualsiasi cosa al mondo, tranne che penzolare… Misuriamo il corsetto, stringendo le misure e diciamo alla donna di indossarlo il più stretto possibile. Quindi, ne suggeriamo una serie, ognuno un po’ più piccolo del precedente, rendendo così la transizione lenta e facile…”
Ancora: “Ogni mattina, una delle cameriere veniva ad aiutarci a vestirci e una governante sorvegliava, per vedere che i nostri corsetti fossero tirati il più stretti possibile. Dopo i primi minuti… non sentivo più dolore e gli unici effetti negativi, apparentemente, erano occasionali: mal di testa e perdita di appetito“, ebbe a dichiarare l’allieva di una tra le scuole più ricercate di Londra. Occorre che prosegua?
Fatto sta, c’è chi, storico del costume, teorizzò addirittura che alcune fan entusiaste del tightlacing strofinandosi contro la parte anteriore del corsetto, provassero… piacere sessuale. Una inusuale e inaspettata sensazione di intorpidimento o formicolio, che non fece altro che indignare maggiormente l’opinione pubblica. Scandalo alla morale, o al moralismo e, allora sia… Non credete?
Torniamo a noi. Femmina volitiva, vi raccontavo. Una che si è fatta da sola e che, ugualmente, ama prepararsi; anzi, ‘confezionarsi’ da sola. “E’ una questione di integrità e orgoglio“, spiega. “Non vedo l’ora di uscire nel mondo e dichiarare, onestamente: Sì, l’ho fatto io!”.
“Amo la sicurezza che ne ricevo. Altrimenti, la sentirei come una frode. La verità è che impiego meno tempo a prepararmi da sola ed è anche molto più divertente. Perché dovrei negarmi un piacere così puro?“. Abile, dotata, esperta, capace. “L’unica volta che ho ceduto ad assumere uno stilista“, rivela, alla fine, lo ha cacciato via.
Vanta, a suo titolo, una linea di cosmetici: cipria compatta, fard, eye lyner, ombretti, mascara e rossetto, sorta di marchio di fabbrica. Una serie di profumi, in riferimento ai quali svela, ironica: “Troppe fragranze di successo sono così fruttate e vanigliate, con un’aria dolcemente stucchevole, che una semplice spruzzata mi fa venire il mal di denti. Oppure hanno l’odore di torta. Non voglio avere l’odore di torta!“; lo speciale porta giarrettiere a sei allacci, anziché quattro, financo un abito stampato in 3D, realizzato da Shapeways con oltre 12.000 cristalli Swarovski, elaborato per aderirle perfettamente addosso.
Un’Azienda che cammina, una macchina da soldi… una che ‘ha paura delle pareti bianche‘. Collezionista di calzature fetish, porcellane – e non necessariamente in quest’ordine – portauova e servizi da tè, in particolare e – quasi ovvio – auto vintage. “Vivo, per circondarmi di cose belle“, conclude. Come darle torto!
Eccoci, quindi. Sviscerata – ma solo un pochino, in fin dei conti – anche la Queen del Burlesque. Potrei, adesso, raccontarvi della mia prima volta. Come spettatrice, intendo, delle mie colleghe. Del fermento dietro le quinte, dei debutti, delle esibizioni riuscite, del tasso emotivo… Le ho viste uscire allo scoperto, una ad una, e spogliarsi come professioniste e la loro emozione è diventata, a mano a mano, la mia. Ma questo, se avrò modo, ve lo racconterò nel dettaglio, con dovizia di particolari, un po’ più in là e chissà, fino ad allora, quante altre storie, nel frattempo, si saranno accavallate…
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