Merope’s Tales (capitolo 14)

Merope’s Tales (capitolo 14)

Sapreste dirmi che colore ha l’emozione? “Beh” – starete certamente per riprendermi – “dipende… dall’emozione!“. Allora vi sfido e ditemi che colore ha la curiosità?

La mia, quest’oggi, presenta i tratti e le sfumature del pesca. Già, avete compreso bene. E’ questa la tinta – spatolata – del palazzo che mi si staglia di fronte. Il cancello, parte di un’inferriata più ampia. Poi il portone, in legno… Insomma, uno storico esemplare, tutto azzimato – come è giusto che sia in zona Prati – dotato di pochi piani. Tre in tutto e… un segreto.

Spiego meglio… invece di salire – come, in qualche modo, mi ero prefigurata – si scende e, insolitamente ma in maniera affascinate, a guidarmi, è una voce. D’improvviso, mi sento come Dante con Beatrice, oppure Ulisse – se preferite – in preda al canto delle Sirene… Irretita e, insieme, rapita dal suono soave – e gentile – che mi invita a percorre i pochi gradini che mi conducono ‘giù’.

Ad attendermi, sorriso schietto e sguardo acceso, circondata da ‘poche cose ma tutte dall’attitude indispensabile’ c’è Lei: Vesper Julie, al secolo Giulia di Quilio, emblematica rappresentante di un mondo che ho imparato a riconoscere strambo – unconventional – e in cui, da tempo, mi ritrovo volontaria ospite.

Un universo – a ben pensarci – a testa in giù e, allora, partendo da tali presupposti, perché non dovrebbe sembrare più logico scendere, anziché salire le scale?

Un armadio, poche casse, una piccola scrivania, un divanetto, uno specchio, qualche libro… poi un cucinotto e un bagno, piccolino anche questo. Quello che, in gergo, si potrebbe definire un pied a terre. Rifugio, in cui ‘dare sfogo all’arte’. Già, perché è qui che Giulia scrive… e crea. Un posto ‘altro’, in cui raccapezzare le idee e ritrovarsi… o inventarsi, ex novo.

Dalla finestra, una finestrella – in linea con l’essenza ‘minuta’ che appartiene al posto di cui vi narro – entra, inaspettatamente, tanta luce. Così, tra nuvole che viaggiano veloci e raggi di Sole che fanno capolino, la stanza assume tutta l’aria di quegli spazi senza tempo, fatti apposta per confidarsi, per raccontarsi, per scambiare un po’ di sé con altri sé. Altre esperienze; altre avventure…

Stivali grigi. Questo racconto inizia così… I suoi, stivali grigi, quelli che indossa e che sono la prima cosa che attira la mia attenzione. Controbilanciano il rosso – a rammentarmi certi accenti del pesca – di una chioma, pettinata come avrebbero fatto, ai tempi, Veronica Lake, o Loren Backall… Capite? Mi sta sussurrando, zitta zitta ma ad alta voce, ‘torna indietro. Voltati, Merope, perché io non mi conservo in questo tempo o, se non altro, non del tutto‘. Me lo ribadisce la gonna che indossa, uno tubino aderente che sorpassa le ginocchia e si ferma ai polpacci, in tessuto Chanel martellato, bianco e nero e me lo suggerisce persino il maglione, che sembra estrapolato dal guardaroba di Lana Turner, a sfoggiare un seno ‘perfetto’.

Non è rifatto“, ci terrà a sottolineare più in là, nel corso della nostra chiacchierata ma lo fa, colma di ingenuità e fierezza e me la sento amica… Intanto, si lascia ammirare, consapevole, presente, elegante ma non leziosa e sorridente. Mi piace, questa sua vitalità e mi contagia. Si percepisce, del resto, il friccicorio dell’adrenalina che scorre leggera, intorno a noi. Infinitesimali scosse, che arricchiscono l’ambiente di aspettative. Sta per succedere qualcosa, si sente.

E, in effetti, qualcosa succede. Squilla il telefono. Parla, Vesper e, quel che vengo a sapere – spettatrice per caso – è che è alla ricerca di un dondolo per l’allestimento del nuovo spettacolo; che mancano pochi giorni all’esibizione e che, sia pur in tempi ristretti, c’è voglia di fare e fare bene. Occupare fino all’ultimo minuto, o secondo, perché ogni dettaglio risulti, in sostanza, esattamente dove deve stare e, in questo clima surreale, persino la caffettiera rotta conserva il suo perché. Se ci rifletto, d’altronde, cosa me ne sarei fatta di una sana… che noia! Qui, invece, sa tutto di improvvisato. No, anzi, meglio: di pensato, per l’improvvisazione.

Ancora una volta, mi ritrovo immersa nelle dinamiche, insomma, del Burlesque. Le pareti non sono altro che una quinta ammiccante e Lei, Divina e bellissima, sale sul palco facendo sembrare di esserci nata e lasciando supporre che questa sia la sua sede naturale, baciata dalle luci dei riflettori. E dove altro, sennò?

Ecco, mi dico, cosa sottintendono quei suoi occhi verdi… Gatta… a gatta. Mentre mi tolgo il cappotto, elimino i guanti, sposto la giacca… mi rendo conto che anche Io ho, a mia volta, voglia di farmi guardare. Oh, non per mettermi in mostra ma perché senta… Senta chi sono, cosa sono… parte di un incastro che ci riguarda entrambe e che, un pochino, sotto certi versi, ci assomiglia. E ci lega. Qui per Lei, ad ascoltarla e esporla, poi, a più ampia gittata, con l’intento di darle ulteriore splendore. Più di quanto non sia capace di emanarne già da sola.

Mi accattiva, questa tipa alta e longilinea, che si muove con grazia e parla morbida…

Così, ci introduciamo in un viaggio che, a suo carico, ha preso l’avvio già da qualche primavera, nel 2010. Lady Burlesque, nel 2011, a conclamarne il talento. Vola direttamente in finale! Ma qui non ci troviamo per tracciarne il Curriculum. Giulia, Vesper… rappresenta una realtà conclamata. Incarna un successo raggiunto, consapevole, che poggia su basi solide. Merito – forse, in parte – di quel suo ascendente Capricorno, che la rende disinvoltamente tenace, al di là pure dell’apparenza… ma di astrologia – abbiate fede – parleremo più in là. Una cosa, però, mi sento di accennarvela. E’ di Chieti, la focosa testa fulva che mi siede di fronte e non è forse l’Abruzzo il paese, per eccellenza, delle Streghe, espressione di riti e tradizioni antichissime? Ecco, allora, che financo la presenza dei Tarocchi, in questa successione di pensieri ed eventi, trova una sua logica spiegazione; come se non esista sito più adatto – nel posizionarli – del suo tavolino. Come se, non dovendoli trovare, addirittura, ci si senta in diritto di rimanerne delusi.

Ci sono. Ci sono… State quieti!

Sei superstiziosa? Le domando, quindi. “Non più!“… Caspita! Vi succede mai di cogliere, nel particolare, l’infinito? Eminenti studi attestano che il cervello di uomini e donne funzioni in tale maniera. C’è chi, dall’insieme, trae l’inezia e chi, invece, parte proprio da questa, per raggiungere vette più elevate. Tutto sta nel cogliere! Posizionarsi, cioè, nella condizione di intuire. Ascoltare senza le orecchie, guardare senza gli occhi, annusare senza il naso… Insomma, percorrere al contrario la tromba delle scale e verificare, poi, che effetto fa!

Ma torniamo a noi… Mi accenna, brevemente, ad una Giulia diversa: gelosa, possessiva… debole. Ne parla, come di un parente lontano partito per le Indie e del quale non se ne è conservato, se non un vago ricordo e la comprendo. Credo che non si vergogni nel raccontarsi, semplicemente perché quel che è oggi è il risultato del suo essere di ieri… e di un percorso… Amletico. Ops! Forse meglio sarebbe dire Hamletica, poiché esattamente questo è stato il suo personaggio d’esordio nell’arte del teasing. Mix di basso ed elevato, sacro e profano, scandaloso ed innocente; frivolo, audace, forte, delicato… che va a riassumersi tutto in un unico elemento: libertà!

Dio, che bella parola! Sentite come sua bene in bocca? Come, per pronunciarla, si richieda lo spalancarsi del palato in una dinamica apertura, che rimane intatta fino alla conclusione, fin quando la lingua non finisce per scoccare sui denti?

Dimmi chi sei. Sei Humpty Dumpty? Tombolo-Dondolo, Bindolo-Rondolo, Uomo-Uovo…? Carroll ne fece, del personaggio in questione, il protagonista di uno tra i suoi capitoli più celebri: Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò. Non penserete mica che abbia abbandonato la fiaba! Sei tutto e il suo inverso – mi diverto ad ipotizzare. Sembianze d’angelo… che nascostamente sottendono un allegro e irriverente demonietto. Doppia, tripla, quadrupla indole, che si svela a poco a poco… che si fa sbirciare di sottecchi e incita all’indagine e, nel contempo, scatena allegria. Sarà lo sprigionarsi delle endorfine?

Vengo dal Teatro, dal Cinema, che non ho mai lasciato, esordisce. “Il Burlesque è stata, per me, la svolta della vita, perché ho trovato proprio un’identità. Mi corrispondeva così profondamente, come estetica, come spirito, perché comunque è giocoso… mi piace da morire…“.

E già! La vedo, occhioni spalancati, immersa nell’atmosfera delle pellicole che ripercorrono i primi del ‘900. “In più, ho scoperto nel Burlesque l’empowerment femminile, perché poi è un’arte – spiega – che decide la donna. Non ho registi, non ho produttori. Sono io…” ed eccoci ritornate al concetto di libertà.

Il Burlesque non l’ho mai mollato”. Ci tiene a sottolineare. “Contemporaneamente, ho sempre continuato a fare cose da attrice… anche pure per crescere, per non rimanere mai ferma…“. Magari – mi fa notare – ci si fossilizza in un’attività che riesce ma si perde il senso della sfida. “Almeno, Io poi me le vado sempre a cercare. Sono Scorpione. Ho bisogno delle Crisi!”. Che vi avevo detto? Qui c’entra l’Astrologia, eccome! Mi Fermo, quindi, solo qualche secondo. Crisi: dal greco Kρίσις, che sta per scelta, decisione… Tradotto: crescita. Se appena vi sforzate di digitare su Wikipedia, troverete la seguente accezione: “un cambiamento traumatico o stressante per un individuo, oppure una situazione sociale instabile e pericolosa”. Un fatto, un sentore… scomodi, spesso, che però possono condurre…. a qualcosa di buono. Pensate che, nella scrittura cinematografica, si parte proprio da qui: dal momento di crisi, per dare l’avvio ad una serie di circostanze che diverranno, per il protagonista, opportunità di scoperta, di superamento del sé… Concetto che, ancora in questa circostanza, racconta di consapevolezza. Ricava le radici dalla Terra… Ah, caro ascendente Capricorno, come sei presente e vivo in questo percorso…

Ma abbandoniamo le congetture. Mi concentro di nuovo su Vesper. “Il Burlesque è un amore che non riesco più a lasciare, proprio perché ci ho trovato dentro tante persone, tanti incontri… tante cose che non pensavo di trovare nella mia vita e anche un ambito, un po’ più trasversale“. Nel teatro, si sofferma ancora una volta nell’esemplificare, come nel cinema, hanno più o meno tutti la medesima formazione: Accademia, Scuola di recitazione… “Invece, magari, nel Burlesque trovi chi viene dalla giocoleria; chi viene dall’arte di strada; chi fa il fuoco… Quindi, magari, sono anche personaggi più interessanti, certe volteMi piace, come ambito“.

Parla convinta, genuina, priva di esitazioni e le credo, quando asserisce che l’universo bislacco di cui dissertiamo le sia rimasto – tosto – impresso nel cuore poiché, pur di approfondirlo, valigie alla mano, si è spinta fin oltre Oceano. “Ho partecipato ad un Festival, in Australia, perché ho dei parenti a Melburne… Esperienza stupenda, perché tu vai dall’altra parte del mondo e pensi: ‘ma questi mi capiranno?’ e vedi, poi, la forza del Burlesque, che non si basa sulla parola ma solo sul gesto e il pubblico, completamente lo ha capito ma amato; anche perché, vuoi o non vuoi, all’estero ci sono meno tabù riguardo alla sessualità, riguardo al corpo… Il pubblico è impazzito e quella è stata un’esperienza bellissima!“.

Mentre mi perdo ad immaginarla tra lanci di fiori e applausi magicamente inserita mi stupisce, introducendomi all’idea che “chiaramente dipende dai contesti, ma…” Ma? Un organizzatore, proprio di recente, si è posto il problema della presenza di persone anziane. “Non vorrei che si turbassero! In Italia, non lo puoi proporre in tutti i contesti, perché… ancora si scandalizzano. Seppure è un’arte elegante, seppure sanno benissimo di cosa si tratta… pur ribadendo che, nel Burlesque, non si resta mai completamente nudi … Eppure, nonostante questo, ancora c’è turbamento!

Secondo me, in Italia, ancora ci sono dei tabù da affrontare!“. Zavorra, che trae le sue mosse in parte dal retaggio del Cattolicesimo; in parte si tratta di ignoranza… “La gente non lo conosce e, subito, si fa il pregiudizio!”. Ci risiamo. Cambia tutto… per non cambiare niente. “Di certo i bambini non sono moralisti su questo, perché non hanno il concetto di peccato… Mi è successo già di essere censurata…” Fondamentalmente: “Io credo che, ancor di più che la nudità, spaventi la libertà della donna. Non è il seno nudo, o la pancia…“. Perché dà così fastidio, allora? “E’ la donna libera, consapevole. Quello, non viene tollerato. E, secondo me, a quello non siamo pronti. Su quello che bisognerebbe lavorare, educare e chissà…

Il manto oscuro della Chiesa… che si estende fino alle soglie del Teatro Ivelise, realtà con cui Vesper collabora. Ebbene, sappiate che, in precedenza, si trattava della Cappella di un convento di suore… Sorrentino – e non lo cito a caso – avrebbe commentato: ‘E’ stata la mano di Dio!‘.

E’ divertente! Tra l’altro, la struttura, in effetti, un po’ lo ricorda… sacro e profano!“. 40 posti, che brillano ancora dello spirito frizzante della famiglia Ghione. Così, di spettacolo in spettacolo, di realtà in realtà… di teatro in teatro, ne assaporo la presenza, anche in quella che può considerarsi la culla del Varietà: il Salone Margherita. “Uno dei teatri più belli che abbia mai visto… però adesso è chiuso, lo sai? Ci ha lavorato Petrolini, di che parliamo! C’ho tante foto, tanti ricordi, però…“.

Intanto, dall’ultima volta, nel 2015, di tempo ne è passato e il profumo tipico dei camerini ha lasciato il posto ad un altro profumo. Profumo… di Oscar, giacché la ritrovo nel cast de La grande bellezza – che vi avevo detto! – nei panni… di una scambista. Un filo rosso, l’argomento della sessualità più o meno rivelata, che le ritrovo addosso nell’alto, come nel basso; nel serio e nel faceto. In: Non è vero ma ci credo – per la regia di Stefano Anselmi – Giulia si presta ad una scena di spogliarello. Fotogrammi soft – intendiamoci – che, alla lontana, sembrano ripercorrere gli intendimenti di una indimenticabile Sophia Loren, alle prese con un sedotto e impaziente Mastroianni, in Ieri, oggi e domani. A pensarci bene, la Chiesa c’entra persino lì, nell’episodio a cui mi riferisco… Buffo, no?

Dal 1963, di anni ne sono trascorsi ma Giulia è così: ti rimanda là dove tutto, persino il disfarsi a poco a poco degli abiti, risultava aggraziato e piacevole. Nel senso di ‘gradito’, atteso… dono che si riceve e che, per quanto inaspettato, guarisce, lenisce… fa bene.

Ti accarezza mentre ride, perché insieme al resto, le ridono gli occhi…

Dov’è che ti diverti di più? Sono, quindi, vogliosa di sapere… “La commedia mi diverte tanto… poi, nel Cinema, invece, mi è capitato di tutto. Poi, dipende tantissimo da quel che mi chiamano a fare. Io, bene o male, mi presto…”.

Una delle ultime cose – mi racconta – riguarda niente di meno che un testo di Umberto Eco: La misteriosa fiamma della Regina Loana. “La storia di un uomo in fin di vita… molto lontana da tutto il clima Burlesque; però, siccome nell’ultima parte Lui va in coma e si ricorda di tutti i personaggi della sua vita in chiave varietà, sono stata scelta Io“. D’altronde, mi fa presente: “All’interno, alle volte, di progetti pure più drammatici sulla carta non è detto che non si possano trovare altri tipi di strade“. Non fa una piega!

E la ritengo coerente, nella sua linea. “Il Burlesque nasce proprio come genere di parodia e, come parodia, uno dei più parodiati era proprio Shakespeare!“. Prosegue… autoironica. “Io, poi a fare solo la persona seria non ce la faccio. Ho bisogno di far uscire la mia parte pazza!“.

Ecco, allora, che posso solo immaginarmela ai suoi, di esordi, intenta nel divincolarsi tra la prosa e lo strip. Panni, quelli indossati da Vesper in occasione della sua prima volta – per presto disfarsene, sia chiaro – già in precedenza indossati da Giacinta Pezzana che, tra una faccenda e l’altra, ci arrivò fino in America, con la sua tournée. Sobria, elegante, emancipata, dotata di un fisico statuario e coraggiosa. Caparbia, nell’abilità dell’en travestì, seguita subito a ruota dall’ancor più celeberrima Sarah Bernhardt e, poi ancora, da Asta Nielsen. Un Amleto, indissolubilmente vincolato al Teschio di Yorick – va da sé – che, però, nella circostanza in questione, perde del suo tratto macabro e finisce, invece, per assumere la dimensione di un gioiello irriverente e birichino, che gode di vita propria e interattivamente agisce, trasportando quel che accade sul parco in rappresentazione divertita – e divertente – del rapporto da sempre intercorso tra Eros e Thanatos. Amore… e Morte e, al centro Lei, Vesper, che perde gli orpelli di cui è ricoperta, armata di ‘malcelato giubilo’ (la cito, testualmente).

Sfogliando le pagine del suo libro: Eros e Burlesque, si può ripercorre nel dettaglio, nel capitolo conclusivo, il sentiero che l’ha condotta alla sua performance d’esordio. Un racconto fatto di scelte, per definizione. Cosa usare, come – soprattutto – usarlo… o non usarlo. Sberleffo voluto, consapevole, che abbisognava, per guadagnarne nella proposizione, di una colonna sonora che fosse adeguata. Da qui, il ricorso al supporto dei Grandi: da Nycholas Peaton con la sua Chinatown a Ray Charles, indimenticabile, con Blues Hangover. Ancora, Sonny Lester: Bumps and grinds – e cosa altro sennò? – componenti di un percorso meticoloso, ragionato, volutamente esagerato e folle, tappa di entrata di un repertorio costantemente aggiornato.

Esercizio ad assemblare, miscelare; suggestivo resoconto di un processo emblematico, poiché finisce per ripetersi di volta in volta, di spettacolo in spettacolo, secondo un rituale che un po’, almeno sotto certi aspetti, si assomiglia. Stabilita la liturgia, non resta che divertirsi. Non credete?

Contagiosa risata, subito a seguire, che mi conduce ad ulteriori riflessioni. La sua non è solo ‘voglia di divertirsi’. In fondo, sono convinta che Vesper faccia ‘assai di più’ per il suo pubblico. Lo faccia, peraltro, tridimensionalmente: a teatro – dove ha deciso di portare in tour Le grandi dive del Burlesque. Grazie al suo Podcast: E’ il sesso bellezza! e, poi, ancora, per mezzo – vi dicevo – del suo libro. Insomma, ho di fronte una divulgatrice.

Perché l’esigenza di condurre il tuo mondo… al mondo?, la interrogo. “Che bella domanda! – rimane piacevolmente spiazzata e ne vado un po’ fiera -“Lo sai che non me lo sono neppure chiesta? Pensavo… ma sarà il mio Karma? Non lo so… Però è vero… per quanto riguarda l’esperienza personale, Io ho fatto tanta fatica a lavorare su me stessa. Vengo da un piccolo centro, dalla provincia. Quindi, l’idea di arrivare a spogliarmi… Ho fatto tanti anni di analisi Freudiana…“. Poi ho pensato, si confida ancora: “Se ce l’ho fatta io, ce la possono fare gli altri!“.

Per quanto riguarda, invece, la storia del Burlesque… “Penso che mi ci sono più trovata”. Ovvero, vado ad illustrarvi. Le era arrivata, nel 2015, la proposta da Gremese di scrivere riguardo all’ambito in questione. “Io non è che ne sapessi tantissimo” Ma… “Con la scusa del libro sono stata costretta a studiare e mi sono resa conto che, in Italia, c’erano pochissime pubblicazioni. Quindi, ho dovuto studiare sui testi americani, tradurre e imparare… Poi, me ne sono così innamorata! Mi identificavo nella storia di queste ragazze degli anni ’20 del ‘900; queste donne dai destini epici… Il divorzio era all’ordine del giorno…”. Alcune, mi sottolinea, “marchiate a vita…. Un po’ mi identificavo in queste storie, così, un po’ diverse dal solito… e ho detto: facciamoci uno spettacolo teatrale!“. D’altronde, Mi dà fastidio l’idea che venga percepita come un’arte minore… Faccio sempre tanta fatica per far capire che, invece, c’è un percorso, c’è un lavoro…“.

Si fa più intima: “Io, almeno, ho notato che, quando ho iniziato a lavorare su di me, sulla mia femminilità, si è aperto un canale potente. Anche negli incontri passionali… Quando uno, poi, lavora su di sé, c’è poco da fare, cambia pure la realtà intorno a te!” Lavorare ad aprire la femminilità – le rubo le parole – lasciarla fluire, farla propria, ognuno secondo un modo di sentire estremamente personale… “Ognuno ha la propria sensibilità; ognuno ha il proprio percorso…“. Effetto Burlesque, in breve. Voglio tradurvelo – nel senso di trasportarlo fin dentro alle vostre abitazioni – proprio così. Come una terapia che, attraverso il tempo, soluziona, risolve, alleggerisce. Si abbatte, in pratica, la Quarta parete… e quel che sia, sia!

Lei lo definisce, colpendo ancora una volta la mia fantasia, “l’effetto Rock and Roll. Inciti le persone, le fai partecipare… Io ne ho bisogno! A me fa molto piacere interagire con il pubblico e anzi, quando non c’è mi manca!”. Mi suggerisce, a questo punto della conversazione, quanto, in verità, ad influenzare la resa delle diverse performance conti anche il contesto. “In teatro, il pubblico si intimidisce…“. Diverso è nei Club, dove l’atmosfera è, senza dubbio, più goliardica. “In qualche modo, è un po’ fare l’amore. E’ darsi… il confine è, semplicemente, rispetto a quel che sento io”. D’altronde, “il pubblico cambia e quindi, cambia anche la percezione, no?“. Un atto di altruismo… o non di più sottile egoismo? La provoco, ma Vesper è abile nel non cascarci. “Sicuramente, per egoismo!“. Ah, che bella questa versione limpida, sfacciata, assertiva di una donna a tutto tondo cosciente di quel che Lei è! Somiglia alla soddisfazione di un orgasmo. E, infatti “Deve piacere a me! Come, poi, nell’atto sessuale, no? Bisogna sempre dire quello che vogliamo e pretenderlo!” Risponde fiera, imperiosa, autentica. “E’ importante partire da noi. Io penso a me!“. Chissà se l’antica saggezza di un tempo avrebbe applaudito al suo ‘sano egoismo’, che – totalmente – condivido.

Primordiale, profondo, potente… il suo linguaggio, i suoi codici mi conducono a questi aggettivi. Lei mi guarda e li traduce, in una sola parola: “Passione!” Oh Giulia, hai ancora una volta ragione o, forse, dovrei chiamarti Vesper o… dove finisce una? Dove inizia l’altra?Secondo me, tutto quello che vivi da persona, poi, lo porti nella tua arte“. Da artisti “siamo chiamati sia al lavoro su di noi, sia a fare delle esperienze e queste esperienze, poi, fanno l’artista“. Un cerchio perfetto, che si chiude. “Nel lavoro ridai tutta la tua esperienza di vita“. Tra una parola e l’altra, si riconduce alla sua maternità ma, nell’argomento, intendo addentrami tra un po’. Prima, inevitabilmente, le chiedo come sia nata Vesper. Va da sé, come non farlo… Deriva, vengo dunque a sapere, il nome, dal personaggio di Vesper Lynd, in Casinò Royale, nella celebre saga dedicata a James Bond. E’ una spia in pensione, diventata milionaria. “Una femme fatale, un po’ dark…Mi piaceva questo personaggio, sia nell’estetica, che come carattere sul palcoscenico“. Ossequio, a sua volta – mi fa notare – alle Dive del passato.

Vesper... – mi perdo, nel frattempo, con l’immaginazione – come quel rosso sfumato (che finisce per inglobare anche le nuance diversamente accentate del pesca), al pari di Vespero, o Vespro. E’ il tramonto che si fa largo e, mentre il Sole si eclissa, le accarezza i capelli e la invita a sorgere, sorta di novella Venere, dalle Acque. Julie, a rispecchiare una Giulia che non vuole significare niente altro, se non rispondere pienamente a se stessa. Giulia… Giulietta… come ci insegna il Maestro Shakespeare, no?

Jù Jù, come la chiama suo cugino, praticamente da sempre. “Io e mia sorella ci chiamiamo Abis“. E al riguardo, ci sarebbe tanto da approfondire ma sono convinta che troppi siano ancora gli argomenti da sondare, i segreti da sviscerare, i cassetti da aprire e scandagliare… C’è da giocare e parecchio, perché Vesper è generosa e me lo permette. Mi consente di trascorrere un tempo, in sua compagnia, lieto, ameno eppure di grande valore.

Pesa, ogni minuto che passa e alimenta il mio grado di attenzione. Dicevamo, dunque… Abis. Siete curiosi? Vi fornisco un indizio, allora. Anzi, ve lo faccio suggerire direttamente Lei, Giulia. Tendete le orecchie e, se potete, afferratene il senso: “… è un po’ un doppio, ecco. Io e mia sorella siamo molto legate!

Il resto, ripreso appena fiato, sono in procinto di rivelarvelo a breve… e sappiate che c’è tanta carne al fuoco e un’anima bella e densa che chiede solo che ve ne saziate. State già apparecchiando? Fatelo, se tale non è. Tovaglia, ben stirata e inamidata. Bicchieri: il più piccolo avanti, il più grande subito a proteggerlo, sulla destra dei piatti, secondo quanto richiede il Bon Ton. I sottopiatti, in abbinamento al portapane. I tovaglioli, a sinistra, al fianco delle forchette… Posate – per chi ne ha modo – antiche, di pregio… vi chiedo di rispolverare, per favore, il Corredo della mamma, o della nonna… Noi penseremo al centro tavola e alle portate. Serviremo cibo di qualità, ben lavorato, eredità, per quanto possibile, di una lunga tradizione e tanta sapienza.

Ah, quasi dimenticavo. D’obbligo, per il prossimo incontro, l’abito da sera…

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