Prezioso sì, ma non per tutti

Prezioso sì, ma non per tutti

Un anno di pandemia, e anche l’export dell’oro crolla. Ed è una debacle, lo conferma il fatturato aretino, del 30%.

La riduzione dei consumi di gioielleria nei principali Paesi ha avuto forti ripercussioni anche sulle esportazioni. Il calo evidenziato dai dati Istat, forniti dalla Camera di Commercio, è espresso in termini di valori monetari, influenzati dalle variazioni delle quotazioni del metallo prezioso. Il calo dell’export, se misurato in termini quantitativi, sarebbe stato più marcato“.

Luca Parrini – presidente della sezione orafi di Confartigianato

Così si esprime, al riguardo, Confartigianato, per bocca del presidente della sezione orafi, Luca Parrini, che mette in luce come la domanda mondiale di gioielleria sia la più bassa, da dieci anni a questa parte. Della serie, insomma: ‘Anche i ricchi piangono’.

Pesa, soprattutto, secondo quanto spiega Paolo Frusone, coordinatore della Federazione orafi, l’andamento negativo su mercati chiave, quali Hong Kong e Paesi Arabi.

Il totale dell’export provinciale passa da 2 miliardi e 133 milioni di euro del 2019 ad 1 miliardo e 513 milioni di euro, nel 2020. Ad Arezzo, come in tutti i distretti produttivi, si assiste ad una vistosa redistribuzione delle vendite, a favore dei Paesi con maggior propensione all’uso delle tecnologie digitali. Il mercato degli Emirati Arabi ha subito una contrazione del -46% e passa dal 26% al 20% del totale del nostro export. Al contrario, rimangono stabili, in valore assoluto, le vendite verso gli Usa, che passano, in un anno, dal 10% al 14 % del totale del fatturato estero di settore“.

L’aumento del prezzo dell’oro, cresciuto del 24%, in sostanza, ha contribuito a scoraggiare gli acquisti. Le perdite si registrano meno marcate in direzione del Giappone e dei Paesi Europei. “La diffusione dell’utilizzo delle tecnologie digitali è riuscita, in parte, a compensare la contrazione delle vendite delle gioiellerie“. Merito, dunque, del commercio elettronico.

Di fatto, anche quelle appena riportate sono testimonianze a favore di una crisi senza precedenti, che riguarda tutti, ma proprio tutti, i comparti industriali. Qui nessuno può ritenersi ‘intoccabile’ e chi prima ne prende atto, più velocemente può attrezzarsi nella ricerca di una soluzione.

Intanto, ci aspetta una Pasqua blindata e un futuro, dopo il 6 aprile, ancora incognito. Inutile fare previsioni, che qui le pedine si spostano velocemente. Meglio, piuttosto, tenersi pronti, per quanto si può. A cosa? A tutto, evidentemente; forse anche a ‘di più’.

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