Maria Montessori: la madre di tutte le maestre
Riporre massima fiducia nell’impulso naturale del bambino, bisognoso di conoscere il mondo e agire.
Ecco come riassumere, in sintesi, uno tra i metodi di insegnamento più validi, applicati fino ad oggi. Stiamo parlando – per chi non l’avesse già intuito – del metodo Montessori. Una prassi sempre più diffusa nel mondo della pedagogia, che attualmente conta 65 mila scuole.
Del resto, camminare ‘al di là delle regole’ prefissate, è stata, sin dall’inizio, una peculiarità di chi, tale modalità, l’ha creata. Stiamo parlando di Maria Tecla Artemisia Montessori, donna rivoluzionaria per il tempo in cui è vissuta, disposta a mettersi in gioco, tanto da valicare, nella propria esperienza esistenziale, i confini prestabiliti ed esplorare campi, fino ad allora, ad esclusivo appannaggio degli uomini.
Dunque, da medico e pedagogista, la nostra si è convinta, presto, che fosse giusto concedere ai più piccoli la facoltà – prima di tutto – di poter scegliere in maniera libera. La garanzia, questa, per un’adeguata crescita fisica, mentale e spirituale. Classi, pertanto, aperte o comunicanti, affinché i bimbi – di età differenti – potessero acquisire maggiori conoscenze. Il più piccolo, in sintesi, poteva apprendere dal più grande che, a sua volta, veniva responsabilizzato. Non solo: l’orientamento all’ambiente, l’ordine, l’esplorazione, la comunicazione, la mente matematica, l’auto perfezionamento, la comunicazione, tutte tendenze innate, in un clima di serenità emergevano automaticamente, permettendo a ciascuno di individuare più facilmente le personali attitudini.
L’ambiente attorno ai piccoli doveva dimostrarsi sicuro, a loro misura, in modo tale da renderli autonomi. Alla stessa maniera, colorato, pulito, ordinato, piacevole, per permetterne il movimento e le diverse attività. L’intento era palesato, sin da subito e, cioè, sviluppare le reti neurali dei ragazzini, attraverso una dimensione che fosse, soprattutto, ludica.
L’insegnamento – parimenti – non era imposto, ma naturale. Il maestro doveva considerare gli alunni come singoli individui, mettendoli in contatto con il mondo circostante ed osservandone le dirette reazioni. In pratica, l’insegnante assumeva il ruolo di guida, senza imporsi; lasciando, anzi, che si commettessero errori, opportunità per provare e sperimentare.
A tal proposito, la parola chiave, tutt’ora, si traduce in indipendenza, vero sale della ricetta. L’escamotage, affinché si sviluppasse, pure, al coscienza. In seconda istanza, la necessità era quella di responsabilizzare, magari attraverso mansioni di uso pratico: cucire bottoni, allacciarsi le scarpe, servire a tavola, secondo i costumi dell’epoca.
Per imparare, poi, a leggere, la dottoressa scelse di adoperare un alfabeto tattile, composto da lettere in carta vetrata. Venivano, così, stimolati il tatto e la memoria muscolare.
Un criterio, ripercorribile anche tra le stanze di casa. Il consiglio, quindi, al riguardo, è di avvalersi di una serie di piccole accortezze. Tenere, ad esempio, la cameretta ordinata e arredata in maniera semplice. Evitare contenitori in plastica, preferendo, per riporre i giochi, le mensole, oppure ceste o vassoi, in modo che sia tutto a portata di sguardo.
Per sistemare gli oggetti, meglio servirsi di ganci, dove poter riporre asciugamani, grembiuli o giacche. Non possono mancare – altresì – gli sgabelli ergonomici, affinché i figli si riescano a lavare in autonomia e, pure, ad aiutare, secondo l’età, i genitori nelle faccende domestiche o in cucina. I giocattoli? Sono da preferire in legno, dalle forme geometriche, che possano stimolare concentrazione ed autonomia. Immancabili, poi, i momenti di contatto con la natura, fondamentale ‘attrezzo di lavoro’ per chi intende crescere gli uomini e le donne di domani.
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