Merope’s Tales (capitolo 18)

Merope’s Tales (capitolo 18)

C’è chi copia e chi viene emulato. Chi trae ispirazione e chi si offre ad esempio. Chi aderisce alla propria immagine, Musa di se stesso e da lì, immarcescibile, non accenna a spostarsi; né può e chi invece non riesce a fare a meno di giocare, di impersonare altro da sé, in uno scambio di ruoli, talmente promiscuo, da confondere l’occhio di chi guarda.

Occorre osservare con maggiore attenzione, dunque, affinché non si rimanga ingannati. Bisogna adoperarsi di binocolo, tenere ben aperti gli occhi, per non lasciarsi sopraffare dal cavalcare di un immaginario che, a volte, corre imbizzarrito e sa rendersi difficile da recuperare.

Perché vi parlo in questo modo? Oh no, non vi sto redarguendo. Vi sto semplicemente aprendo le porte alla più intrigante… e avvenente, tra le finzioni.

Forza, Signori uomini, confessate… Non avreste voglia di spiare Marilyn, quella Marilyn, la Monroe, mentre si spoglia? Non avreste, al contempo, il desiderio di poterla vedere muoversi, al di là delle immagini che, in circolazione, la mostrano, più o meno vestita ma che rimangono comunque ieratiche.

Lo sappiamo: il movimento cambia tutte le cose…

Chiudete gli occhi. E’ Lei ve vi ammicca… Lei, che lentamente perde gli orpelli che ne ricoprono le membra… Lei, impudica sotto i riflettori che non ne fanno perdere neppure un cm di pelle… Voluttuosa, perfetta, irripetibile… o forse no. Forse siamo disorientati e ciò a cui siamo certi di assistere non è quel che sembra.

Si tratta, invece, di un dolce inganno… una di quelle suggestioni che tanto si avvicina al sogno; che quel sogno lo sfiora, ci fa l’amore…

Non è Marilyn quella che state divorando con lo sguardo. No… sembra, ma non è Lei. Non ve ne siete neppure accorti e siete già stati contaminati. State accarezzando, con la fantasia, bramando le curve, i sospiri, le rotondità di… Dixie Evans.

Se non vai bene, nel Burlesque, non lavori. E dovevo lavorare“. Così Dixie, la Bionda platino icona per eccellenza tra le Dive di Hollywood, se l’è divorata, letteralmente, assumendone i tratti. Vestendosi e muovendosi al suo pari, generando stordimento e facendo infiammare chi non vedeva l’ora di assistere ad un suo spettacolo.

A volte basta una leggera somiglianza e, subito a seguire, un cervello fine, svelto nell’intuire come ‘la gallina dalle uova d’oro’ sia proprio lì, raggiungibile e immobile, destinata a farsi catturare con un solo, rapido, gesto. Harold ci aveva visto lungo. HaroldMinsky. E chi, se non uno della famigerata famiglia, dall’infallibile capacità di scovare e creare talenti? Impresario… e genio: “Ispirati a Lei!“.

Arrogante, oltre che ambizioso in maniera straripante o forse folle, deve aver pensato, allora, Mary Lee ma Harold era semplicemente ‘avanti’. Consapevole, lungimirante e sapeva come si fa a rischiare, senza cadere a terra. Mary LeeMari…lyn… come sono vicini i due nomi; come si assomigliano, a loro volta. No. Non può trattarsi solo di un caso, una coincidenza. Qui c’è di più. Nel sottotesto si cela, percettibile appena appena, un destino.

Tutte, in America, cercano di assomigliare a Marilyn!“, replica la biondina, non ancora cosciente delle personali capacità. E’ titubante, legittimamente dubbiosa… ancora non sa cosa il domani le ha da offrire. Le si presenta, alfine, il futuro, sotto forma di parodia. Eccola, la chiave. L’escamotage per trasferirsi in un corpo diverso ma simile. Burroso, parimenti. Morbido, lascivo… un corpo da adoperare, idolatrare, da trasfigurare in versione comica, per semplificarne la lettura; per avvicinare, quel tanto che basta, per irretire…

I vezzi, le mosse e le mossette, gli sguardi languidi e le espressioni infantili, le palpebre socchiuse… la bocca, semiaperta. Norma Jean è viva. Norma Jean non è mai stata, anzi, così presente a se stessa. Respira… e incanta.

Ho imparato a camminare e a parlare come Lei. Ho seguito la sua carriera, mossa dopo mossa. Ogni volta che usciva un suo film, correvo in sala. E il giorno successivo, ero già intenta a provare un nuovo numero, partendo da ciò che avevo visto, o letto sui giornali…“.

Quella interpretata da Dixie; di più, vissuta da Dixie, è una Marilyn che non ha coscienza delle sofferenze e delle vulnerabilità di Norma Jean. Ne conserva l’ingenuità, piuttosto, intrisa di malizia e quel timbro seduttivo, fatto di costanti contraddizioni; inafferrabile e, pertanto, ancor più disarmante.

E là dove madre Natura non arriva, o non riesce… possono, tuttavia, lo studio, meticoloso e minuzioso, l’apprendimento costante, avido; la cura per i dettagli, anche quelli più impensabili.

Eccola, allora, la Bambola Dixie, sul fatidico ‘divano del produttore’, immersa nelle performance del suo Hollywood casting Couch act. E’ un esordio, certo, ma basta. Basta, per renderla credibile e apprezzabile e… La scena vede raffigurati, nella stessa stanza, il Tycoon di turno, con tanto di sedia pieghevole d’ordinanza al seguito, con su scritto Producer e arredo, altrettanto di default. Sofà in velluto, scrivania… e Lei, la bella aspirante show girl, imbarazzata, per l’occasione e intenta a sciorinare le proprie perplessità: “Oh, non è facile diventare una stella di Hollywood… Devo camminare, camminare… e bussare alle porte di decine di agenti...”.

E se fosse quello giusto? Se l’incontro si dimostrasse foriero di successo? Tanto vale provare… Cosa costa, in fondo, togliere ‘qualcosina’… La ritrosia non è che un evanescente ricordo, nel giro di poco, impaziente di concedere spazio, al suo posto, all’ardimento e ad altro, tanto più comparabile alla lussuria.

Chi avrebbe mai potuto immaginare che, dietro ad un’involucro tanto invitante e forme da mozzare il fiato, si celasse, volendo avvicinarsi ad esplorare, assai di più! Una donna, nata il 26 agosto 1926. In quel di Long Beach, in California, la ragazza del segno della Vergine non era, come era capitato a molte tra le sue colleghe, di umili origini. Vantava, al contrario, nell’albero genealogico, financo il nome di Robert Morris, tra i firmatari della Dichiarazione di Indipendenza.

Aristocratica – insomma – per nascita; spogliarellista, per scelta. Un pochino, probabilmente, anche per necessità. Il padre, un uomo d’affari di gran prestigio, esperto nel ramo petrolifero, morì, quando la bimba aveva solamente sette anni. Una catastrofe, che si era abbattuta in casa come un uragano e aveva trasformato la vita della piccola Mary Lee, costringendola a doversi arrangiare, già all’età di sedici anni. Un’infermiera, l’ennesima infermiera, armata del sogno di sfondare.

Iniziano, così, le prime lezioni di danza e i lavoretti, nelle compagnie teatrali. Un’esistenza on the road, zingaresca e a breve termine.

Una volta giunta a San Francisco, le prospettive nel ruolo di ballerina si dimostrano nebulose. Ancor peggio è la situazione, dal punto di vista economico. Soldi non ce ne sono, nemmeno per tornare a casa. Vi è mai successo? Quando tutto sembra stia per finire, quando vi ritrovate ad un passo dal dover riporre speranze ed illusioni nel cassetto, inaspettatamente, all’improvviso, succede… l’imprevedibile.

Vuoi lavorare? Qui puoi fare un sacco di soldi. Vedi quel negozio all’angolo? Prendi questi 20 dollari e comprati un costume“. Che fortuna capitare proprio lì, sugli scalini che affacciavano all’ingresso del Club che avrebbe potuto rappresentare, a sua detta, la svolta.

Magari, però, non era solo un evento fortuito. Magari era giusto così. Doveva, andare così! 20 dollari servirono, a mala pena, ad acquistare una sottoveste rosa, da levarsi poi in scena. “Era tutto ciò che avevo!“. Bastarono… e avanzarono.

Nel giro di poco, i guadagni quadruplicarono. Certo, i giorni fulgidi dei Teatri erano oramai tramontati e ci si doveva ‘accontentare’ di esibirsi nei locali notturni ma tant’è. Non era un problema. Non lo sarebbe stato, comunque.

E’ la sensazione della Nazione, più calda di qualsiasi Bomba all’idrogeno“, campeggiava scritto sui Cartelloni delle città che la ospitavano. Una vera e propria arma, atta a far deflagrare, almeno per un istante, il cuore di Frank Sinatra e quello, pure, oramai divorziato dalla vera Marilyn, di Joe di Maggio.

Joe, te ne sei andato e mi hai mandato in bianco. Per fortuna, hai lasciato la tua mazza!“, cantava, la suadente vocina di Lei; mentre ballava, nel frattempo, con il pupazzo copia del campione di baseball tra le braccia.

Bella… e ambita, ma si sa, gli uomini confondono spesso l’amore con il possesso e Dixie non poteva essere di uno. Non nel modo in cui costui avrebbe sperato. Il matrimonio con il pugile Harry Braelow durò poco, accelerata – forse – la conclusione, anche dalla sopraggiunta dipartita della Diva che più di ogni altra aveva tracciato le linee del percorso di Mari.

Nel 1962 Marilyn se ne era andata e portare sul palco uno show, sia pure in suo omaggio, cominciò a suonare di sacrilego. Infruttuosi, anche i tentativi di rivedere il repertorio. Più facile era riciclarsi. Vestire panni ancora intonsi. A Bahamas, la attendeva una ulteriore esistenza, in cui avrebbe gestito una catena alberghiera.

Rimanevano le rimpatriate, un po’ come si fa con le ex compagne di scuola. Buffo come la vita si manifesti, sovente, sotto forma di cerchi che si ripetono. Jennie Lee, amica e appassionata collezionista di memorabilia Burlesque, era riuscita a conservare e catalogare, nel tempo, diversi oggetti. Non solo. Aveva fondato un fun-club, a tema: The Bazoomers e dato l’avvio persino ad un sindacato. Avrebbe anche voluto creare un pensionato per artiste a fine carriera nel proprio Ranch ma non fece in tempo.

Fu così che Dixie prese in consegna il materiale assunto dall’altra e decise di raggrupparlo in un Museo, l’Exotic World Museum, dedicandolo alla sua memoria.

Una location speciale, in cui dar luogo anche ad un concorso apposito, per aggiudicarsi l’Oscar del Burlesque.

Così è, o così era, se vi pare. Vale a dire che, ad oggi, l’evento si tiene a Las Vegas e del ranch ahinoi – non rimangono che le vestigia. Eppure Dixie resta.

E’ tangibile, tutt’oggi, attraverso il resoconto delle sue vicende e grazie, pure, alla testimonianza di poche, concrete, parole: “Il Burlesque è storia. E merita di essere raccontato“. Ed Io, amici e amiche, ve ne sarete accorti, rimango qui, ancora per un po’, esattamente per questo…

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