Il Mar del Diavolo e i suoi misteri secolari
Mai sentito parlare del Triangolo delle Bermude? Per chi non lo sapesse, strane ed inquietanti leggende si addensano, fosche come nubi, sullo spicchio di Oceano Atlantico, che lega l’arcipelago a Porto Rico e al punto più a sud della penisola della Florida. Si narra di fantomatiche sparizioni, di inabissamenti privi di spiegazione… etc. etc.etc.
Ma c’è un altro luogo, meno noto forse, nell’Oceano Pacifico, altrettanto enigmatico; non meno affascinante.
Il Triangolo del Drago, meglio conosciuto come Mar del Diavolo, comprende l’area che riguarda le tre isole di Honshū, Luzon e Guam, nei pressi della costa giapponese. La terminologia deriva direttamente dalla tradizione, che racconta di dragoni famelici, ansiosi di saziare il vorace appetito. In cerca di cibo, emergevano dalle viscere della Terra. Ne seguiva una carneficina. Storie, che hanno inevitabilmente influenzato le successive…
La reputazione – da mettere i brividi – consolidata negli anni, si sarebbe ulteriormente rinforzata, grazie all’interminabile sequela di fenomeni paranormali che, sembra, caratterizzino la zona. Si favoleggia che neppure le imbarcazioni più solide riescano a scampare all’inesorabile destino.
La superficie, maledetta, intorno agli anni ’50 avrebbe ‘visto’ sparire nel nulla interi equipaggi. Ben nove navi merce, tra il 1950 e il 1954. Tutte – si narra – con a bordo un carico di radio trasmettitori. Nessuna complicanza meteo, come c’era da immaginare.
Non solo. Quando il Governo giapponese, insospettito, decise di inviare un gruppo di scienziati – 31 persone – sul posto, per approfondire la questione, ebbene… nessuno fece ritorno. Evaporati.
Le fonti del male, tuttavia, vanno ricercate in tempi assai più remoti quando, nel XIIIº secolo, Kublai Khan, quinto Khagan dell’Impero Mongolo, nel tentativo di invadere il Giappone, finì con il perdere – in procinto di attraversare le suddette acque – tutti i suoi i vascelli, compresi i 40 mila uomini del suo fiero esercito.
Tutti lì concentrati, quindi, in cerca di una spiegazione. Le menti più razionali hanno voluto trovare un appiglio nei disturbi elettromagnetici; chi, più fantasioso, è addirittura arrivato a supporre veri e propri viaggi nel tempo.
Secondo lo studioso Ivan T. Sanderson la sezione di oceano in questione rappresenterebbe uno tra i 12 vortici del male esistenti al mondo; sorta di voragini elettromagnetiche, capaci di provocare inspiegabili scomparse.
Lo statunitense Charles Berlitz, nel 1989, sottolineò nel proprio libro come l’area fosse caratterizzata da una natura malvagia… ipotizzò perfino la presenza di UFO. Sei anni dopo, un altro statunitense, Larry Kusche, fece di tutto per riportare al buon senso quanti, a sua detta, erano caduti nella trappola dell’affabulatore.
Secondo lo scrittore, la nave governativa Kaiyō Maru era stata distrutta da un vulcano, oppure da un maremoto. In effetti, il fondale marino – in quel tratto – è ricco di vulcani che, costantemente, emettono lava e anidride carbonica. Aveva sottolineato, inoltre, che le famigerate navi disperse erano in realtà pescherecci di esigue dimensioni e che, per quanto si potesse usufruire di mezzi per comunicare con la terra ferma, le tecnologia – alla prima metà del ‘900 – non era di certo sufficiente a scansare il pericolo di un naufragio.
Ancora, sempre a quanto riporta l’investigazione, la Kaiyō Maru non era stata mandata a verificare, bensì avrebbe dovuto raccogliere dati sull’attività – appunto – vulcanica.
Mistero – questo sì, reale – che, nello svolgersi della diatriba, i diretti interessati, vale a dire i giapponesi, non si erano affatto resi conto del pericolo che incombeva sulle proprie coste. Almeno non, fin quando Kushe non avvisò l’ambasciata Statunitense a Tokyo.
Da allora fu un gran vocio… racconti ‘per sentito dire’, confezionati ad arte; teorie improbabili; fantasticherie dal sapore suggestivo. Di bocca in bocca, di orecchio in orecchio… l’importante, in fin dei conti, è che se ne parli.
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