Tra leggenda e verità, i misfatti erotici della Regina di Francia
Commenti sferzanti, voci al vetriolo si muovevano – come il pennello di un’illustre Maestro sulla tela – al riguardo di Colei che occupava il trono di Francia. Maria Antonietta, tanto osannata in principio, ad uno schiocco dai moti rivoluzionari, aveva finito per impersonare l’emblema della dissolutezza. Era, Lei, il sunto dei capricci, spesso ridicoli, delle facezie prive di contenuto di un’aristocrazia in piena decadenza, bramosa solo di compiacere se stessa. Disattenta alle necessità, tangibili, di un popolo, sempre più costretto a fare i conti con la fame, la sporcizia, l’inedia.
Un divario sociale articolato, coltivato – quasi – per anni – fino a non poterne più, fino allo scoccare di un’ora in cui il confine tra legittimo e non veniva assorbito nel suono di una mannaia.
Un trancio netto, nei confronti di tutto quanto, a quel tempo, oltraggiava irrimediabilmente la Francia.
Storia. Parlano i fatti. Ma poi ci sono gli uomini… con le loro piccolezze, le insidie, le gelosie sotterranee… Non bastava tagliare la testa alla Regina. Bisognava, per ucciderla sul serio, deturparne anche l’immagine, l’idea…
L’Austriaca – come la battezzarono i detrattori, consorte del Delfino designato, Luigi XVI, fu al centro di un’intensa attività pubblicistica, che fece emergere, di più, spiattellò in pubblica piazza – vera o presunta – la sua bulimia sessuale.
Malcostumi, chissà se pretenziosi, alimentati da chi, non avendo farina, nutriva i propri convincimenti di odio e acrimonia. Una carica violenta, appena scalfita da quella parte di società – benestanti e nostalgici – che intendeva salvare la monarchia, evitando ai sovrani la ghigliottina.
La coppia regale era stata oggetto, ben prima delle insurrezioni che portarono alla presa della Bastiglia, di critiche fondate. Isolati in una sorta di prigionia dorata, i rappresentanti dell’ancien régime erano cresciuti in una totale assenza di contatto con la realtà, filtrata, semmai, da ministri e plenipotenziari. Una condizione di orribile distacco, che non fece altro che avvalorare e incentivare il brusio, legato all’impotenza di Lui, talmente infognato nei dettami religiosi da considerare il sesso come un atto demoniaco; e alla smania, incessante, di Lei. Naturale conseguenza.
Eccoli, allora, imperversare per tutta Parigi, a riempire i muri, i ritratti solo da principio clandestini, dei due. Lui con un membro MAI pronto; Lei perennemente tra le braccia di… un uomo, una donna, un cardinale… trasposizione – probabile – dell’incapacità di governare del primo, quanto della visione, ormai offuscata, rispetto alla seconda, considerata, a tutti gli effetti, una sorta di invasore in gonnella. Una nemica, insomma.
Frivola, certamente. Amante del lusso. Sì vero, vostro Onore, colpevole. Ma poi che altro?
Se ci voltiamo, davanti agli occhi c’è solo una bambina sottratta alla propria infanzia e ancora troppo inesperta per sobbarcarsi la responsabilità di mandare avanti una Nazione. E con tutto. Al di là degli errori, tanti, irrimediabili, ci furono anche ripensamenti. Sia pur con meno eco.
Secondo quanto è dato ricostruire, sua Maestà cercò di tessere, con enorme fatica, un rapporto con il proprio marito, frigido dal punto di vista carnale e poco incline alle manifestazioni d’affetto.
Il primo chirurgo di Luigi XV, chiamato ad osservare il comportamento del figlio, testimoniò che il giovane non aveva alcuna malformazione, né soffriva di alcun disturbo di vera e propria impotenza.
Eppure tutti sapevano. Erano al corrente del fatto che il matrimonio non era stato consumato. Maria Teresa d’Asburgo riceveva costantemente notizie, tramite l’ambasciatore: non ci si risparmiava nell’informarla persino sui cicli mestruali della figlia.
A nulla valsero le raccomandazioni, né i rimproveri. L’erede di Francia sembrava indifferente alle grazie della moglie, almeno fin quando non confessò, in stretto segreto, alle zie, di trovarla “assai affascinante“. La pelle, eburnea, le chiome bionde, gli occhi di ghiaccio si erano – finalmente – ricavate un varco nel cuore del futuro Re. Nacque così la prima figlia, seguita da tre maschietti, il primo dei quali sarebbe morto, a causa di una tubercolosi ossea; il secondo, a dieci anni, in conseguenza della prigionia durissima a cui era stato sottoposto dai rivoluzionari.
Ecco, quella donna, tanto meno complicata della storia che le è stata voluta incastonare addossso, nel tempo dimostrò, invece, grande maturità e saggezza. Seppe essere forte per il marito, prima; lungimirante per i figli, durante la prigionia.
Seppe, o volle essere, semplicemente ciò che era: una donna. Seduta su una Poltrona cucita con l’apparente scopo di deliziarla, ma senza che glielo fosse chiesto. Poco pronta agli intrighi di corte, ancora adolescente. Poco scaltra, nel saper gestire e schivare le mosse di chi – autenticamente – le voleva male.
Desiderosa di vivere, questo sì, e convinta, incoscientemente, che quel suo vivere, confinata tra gli agi di un mondo edificato sui lustrini, fosse l’unico stile possibile, l’unico in grado di descriverla. Questa sì, sua innegabile dissolutezza.
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