‘Gioiosa et amorosa’… come la Marca trevigiana
Mai sentito parlare di Marca Trevigiana? L’espressione, coniata nel XII sec., sta ad indicare il territorio che circoscrive, appunto, la città di Treviso.
Non una delimitazione precisa, quindi, una circoscrizione del Sacro Romano Impero retta da un Marchese; bensì una serie di confini d’alternanza, in cui ad un indirizzo ne susseguiva, via via, un altro. Fino al ‘200, quando la denominazione di ‘Marca gioiosa et amorosa‘ venne attribuita alla totalità delle conquiste su terraferma della repubblica di Venezia, stanti le circostanze floride dal punto di vista politico ed economico.
Un tracciato variegato, fertile dei piccoli borghi che lo compongono, come pure delle varietà di prodotti che da qui se ne ricavano. E come non menzionare, proprio ora che siamo in stagione di vendemmia, il vino? A dire il vero, la terra sa offrire spunti, al riguardo, per ogni periodo dell’anno. Già alla vigilia dell’Epifania, il 5 gennaio, si accendono i Panevin, fuochi propiziatori, nei quali si brucia ‘la vecia’. Una ricorrenza utile, all’atto pratico, per disfarsi delle potature. Leggenda vuole che, in base a dove si orientano le ‘fuische’ – le scintille – si potrà determinare l’esito della raccolta. Pinza fritta di mais e vin brulè caldo, parimenti, fanno da contraltare ad un altro piatto, non meno emblematico della tradizione: il ‘muset con il cren‘ (cotechino e salsa di rafano, per intenderci).
Gli amanti del comfort food non rinunciano alla ‘sopa coada‘, un brodo che si compone di carne di piccione, pane, abbondante formaggio e, come d’uopo, vino.
Una sorta di pasticcio, che nulla ha da invidiare alla più nota pasta e fagioli, pietanza d’obbligo sulle tavole del popolo veneto.
Ma torniamo a noi… il ‘bicerin‘ esiste ed accompagna i ritmi di vita di chi lavora la campagna, da sempre. Rosso o bianco, vanno ad avvicendare il ‘pastin‘, un trito cotto di carni miste o insaccati, eredità del limitrofo bellunese.
E se lo spritz, nelle diverse versioni, è considerato, qui, l’antesignano dell’aperitivo globale, seppioline in umido e sarde in saor ne costituiscono il complemento ideale.
Con il subentrare della primavera, anche la natura si risveglia. In quel di Cimadolmo si festeggia la comparsa dell’asparago bianco; mentre a Castelfranco è il tripudio del radicchio.
La polenta, poi, è l’alternativa, più che degna, al pane. Per cui, sul desco la si può trovare persino in estate. E se, ad agosto, Conegliano è la perla dei brindisi, in occasione della manifestazione Calici di Stelle, per l’originale Tiramisù bisogna passare – senza sé e senza ma – direttamente per Treviso.
Sapori, ricette, gusti che avvolgono il palato, esaltando quel che i luoghi mettono a disposizione. Sapienza ed esperienza di lunga data fanno il resto… per una dimensione in cui il piacere, prima di giungere allo stomaco, ha già toccato il cuore.
Risotto al prosecco di Valdobbiadene con capesante e polvere di caffè
Ingredienti (per 4 persone)
320 gr riso carnaroli
12 capesante
2 lt Brodo vegetale
400 ml prosecco di Valdobbiadene
4 cucchiai olio EVO
q.b. sale
1 noce di burro
1 scalogno
5 cucchiai di grana padano
q.b. polvere di caffè
Preparazione
Togliere il corallo dalle capesante. Mettere una padella sul fuoco e, ben calda, farle cuocere, due minuti per lato. Riporle in un piatto, coprendole con la stagnola.
In una pentola, mettere a tostare il riso. In una seconda padella, invece, aggiungere l’olio, quindi lo scalogno, tritato finemente. Lasciare che soffrigga, poi unire al riso, sfumando con 200 ml di prosecco e proseguendo, via via, con il brodo, aggiungendone poco alla volta.
Trascorsi 10 minuti, sarà la volta di una seconda sfumata di prosecco, prima di terminare il risotto all’onda. Per mantecarlo – fuori dal fuoco – aggiungere burro freddo da frigo e grana padano. Lasciare che riposi per un paio di minuti.
Una volta impiattato, adagiare, al centro, le capesante. Il caffè, invece, spolveratelo in quantità moderata.
NB: Il Prosecco di Conegliano Valdobbiadene è ottimo anche come vino fermo e può essere elaborato con quantità variabile di bollicine. Per riconoscere il Conegliano Valdobbiadene Prosecco DOCG, sulla bottiglia è riportata la denominazione, seguita da “Superiore” per lo spumante. Sito candidato a Patrimonio dell’umanità Unesco.
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