Quel fruscio di sottofondo che si chiama singletudine e fa rima con solitudine

Quel fruscio di sottofondo che si chiama singletudine e fa rima con solitudine

Oddio, a quanto abbiamo rinunciato… piccolezze? Ma erano i mattoncini su cui avevamo edificato la nostra esistenza. Talmente eravamo abituati ad introdurli nel quotidiano che, quasi, avevamo finito per darli per scontati. Vederci con gli amici, tirar tardi la sera e… baciarci, accarezzarci… Fare sesso, magari, con chi ci ha travolti per caso, appena incontrato. Ci ha fatto sbandare ma quella sera ci messo in grembo la voglia di provare. Di verificare se, magari, può esserci di più.

Siamo qui, adesso, che scalpitiamo anche solo per mettere il naso fuori dalla porta. Congelati progetti e ambizioni, bastiamo a noi stessi, perché così ce lo impongono i tempi. E la paura, in fondo, non è tanto del contagio – che ci siamo passati altre volte e, dopo un po’ finiamo per infischiarcene. E’, piuttosto data dallo smarrimento che la distanza, fisica e sociale, porta e comporta.

Sapete cos’è l’anuptaphobia? Corrisponde all’angoscia, diffusa, di rimanere soli. Si spegne l’interruttore, per proteggersi. Le pulsioni si allontanano, anche loro, nella convinzione che ‘non ne valga la pena‘.

A priorità riviste e capovolte, la sensazione di sconfitta, la mancanza di prospettive sanno insinuarsi bene negli animi infragiliti dal Covid. L’ultimo anno, stando agli esperti, ci ha “disabituati a salutare persino i nostri cari, con un abbraccio o un bacio, come eravamo soliti fare“. Figuriamoci il resto del mondo.

L’interruzione improvvisa di tutte quelle opportunità sociali per incontrare persone nuove ci ha spostati tutti online. Prima ci vedevamo nei locali, a scuola, nei parchi. Oggi, a seconda delle restrizioni, ci incontriamo raramente. Il più delle volte virtualmente. E, questo brusco cambiamento, ha portato, inevitabilmente, all’isolamento di tutti quelli che non si ritrovano in questa modalità”.

L’altra grande paura è, ovviamente, quella di contagiare o, peggio, di rimanere contagiati. “Abbiamo, in qualche modo, sviluppato una sorta di diffidenza“. Già. Il guaio è che non riusciamo a venirne fuori.

Parlare di sesso, in questo contesto, diviene ancora più complicato. Dicono, sempre loro, gli studiosi, che si sia registrato un calo della libido generalizzato.

La difficoltà ad instaurare relazioni ruota attorno alla capacità di accogliere le nostre emozioni, senza respingerle. Noia, rabbia, mancanza di fiducia, paura sono tutte facce della stessa medaglia. La soluzione per uscire dall’impasse? Provare a creare un rapporto diverso con la sessualità, anche se mai sperimentato in precedenza”. Dare spazio alla fantasia, insomma.

Il grande errore è slegare la sessualità dagli altri aspetti della vita. Rifiutarsi di pensare che tutto sia connesso attraverso una catena invisibile e che, appena questa prenda ad oscillare, la seguano, di filato, autostima, resilienza, capacità di adattamento. Avete presente l’altalena? Ecco, siete seduti.

Niente sesso? Puntiamo, allora, ci suggeriscono, al self-care. Facciamoci del bene, per via di quelle che sono le personali passioni, gli interessi, le spinte emotive. Virtuale? I rapporti sociali online sono densi, in questo momento. Ma sfociano, spesso, in un nulla.

App di dating e Social – ci assicurano – sono come una piazza, in cui si ha la possibilità di incontrare persone. Si può scegliere di aprire un canale comunicativo con chi ci piace, sfruttando i plus di questi mezzi di comunicazione che, probabilmente, avremmo più difficoltà a mettere in atto dal vivo”. Come a volerci significare che non tutto è perduto. Che tocca arrangiarci, sì. Ma la soluzione c’è ed è alla nostra portata.

Non siamo diversi. Solo un po’ persi. In fondo, ritrovarsi nel mood #foreveralone non è poi così strano. Il segreto, allora, è concentrarsi sulla parola ‘periodo‘.

Bisogna vivere questo momento come un momento”. Ci consigliano, ancora. “Che, così come è iniziato, sicuramente avrà un termine. Anche se ci sentiamo stanchi. Anche se abbiamo perso la speranza… soprattutto, non vediamo vicina la parola fine”.

Si tratta di emozioni contingenti. Quando si è piccoli è così semplice. Nel pieno delle lacrime basta una distrazione e torna il sorriso, un po’ come quando rischiara dopo un acquazzone. Spunta l’arcobaleno e tutto scivola via. Così, naturalmente.

Abbiamo paura del futuro? Ebbene, non appelliamoci al domani. Hic et nunc. Saldi, ancorati al presente, a quello che possiamo conquistarci, gradino per gradino, nell’immanente. Ci avete fatto caso? E’ più semplice da gestire. Ci è, per così dire, più congeniale.

Al di là di quel che saremo, di ciò che potremo diventare, noi siamo e siamo adesso. Distribuiamo, quindi, i pensieri, in questa via; indirizziamoli, dal nostro più affezionato mittente, al nostro più attento interlocutore, noi stessi. Vogliamoci e sarà tanto più naturale e facile, poi, desiderare anche gli altri. Di nuovo.

LEGGI ANCHE: In lockdown boom di sogni: un libro li raccoglie tutti

LEGGI ANCHE: Fobie post-Coronavirus. Un’eredità pesante da sopportare

Commento all'articolo