Shhh… parla Zena con le sue Tomaxelle

Shhh… parla Zena con le sue Tomaxelle

Involtini, sì; ma qui si fa la storia. Precisamente, si ruba dalle tradizioni liguri, per un’idea, tutto sommato semplice, ma estremamente gustosa.

Le Tomaxelle (o Tomaselle), gli involtini di carne genovesi, derivano il loro nome dal latino tomaculum, termine che sta ad indicare salsicciotto, con evidente riferimento, quindi, alla forma arrotolata, tipica della pietanza, di cui sopra.

Un’indicazione univoca, riguardo all’origine del piatto, non esiste. C’è chi sostiene sia nato come preparato povero, immaginato come cibo di recupero, per non buttare gli avanzi dell’arrosto e del lesso. Altri sono convinti, al contrario, che si tratti di una prelibatezza da Re. Difatti, prevede l’utilizzo di fettine di carne, alimento pregiato e che, nel caso, andava appositamente acquistato.

Comunque la si voglia pensare, il piatto ha i suoi anni. Basti sapere che, già nel 1800, durante l’assedio di Genova venne servito ad un gruppo di ufficiali austriaci, fatti prigionieri. Non più diffusissimo, rappresenta tuttora una specialità, da preparare in occasione delle Feste e delle ricorrenze importanti.

Semplici nella ricetta, occorre, tra gli ingredienti, la carne di vitello: magro e punta di petto. Al macellaio va, dunque, chiesto un taglio sottilissimo – fesa – che vada ad avvolgere un ripieno delicato, composto, a sua volta, da carne, pinoli, funghi ammollati e spezie. Per gli amanti dei sapori forti, è plausibile aggiungere, eventualmente, interiora (il celebre quinto quarto) con cervella, poppa e animelle.

Per quel che riguarda la cottura, l’alternativa è duplice e varia, a seconda dei gusti. In bianco, oppure rosse. Anzi, meglio sarebbe a dire rosate. Rosolate con olio evo e terminate con brodo vegetale e vino bianco, per renderle ancora più golose si possono aggiungere alcuni cucchiai di ragù. In tal caso, il più indicato è il tocco, tipico di queste parti.

Una leccornia, da accompagnare con piselli in umido o purea di patate.

TOMAXELLE o TOMASELLE

Involtini alla genovese

INGREDIENTI

  • fesa di vitello (fettine molto sottili) 10 gr
  • punta di petto 100 gr
  • magro di vitello 50 gr
  • funghi secchi 2
  • uova
  • mollica
  • 3 cucchiai di pinoli
  • 3 cucchiai di parmigiano
  • 1/2 bicchiere di brodo
  • 1 spicchio d’aglio
  • 1 pizzico di maggiorana
  • 1 ciuffo di prezzemolo
  • 2 chiodi di garofano
  • 1 pizzico di noce moscata
  • sugo di pomodoro
  • sale e pepe q.b.

PREPARAZIONE

Scottare, in acqua bollente, il petto e il magro di vitello. Quindi, tritarli insieme, unendo la mollica di pane inzuppata nel brodo, i pinoli, i funghi ammollati, scolati e tritati, a loro volta.

Amalgamare il tutto, unire le uova, il formaggio grattugiato e le spezie, mescolando, fino a ottenere un composto omogeneo.

Inserire il ripieno sulle fettine di carne; arrotolarle e chiuderle con stecchi o filo bianco, in modo che il contenuto non fuoriesca. Far rosolare nel burro gli involtini, spruzzandoli con il vino bianco, fino ad evaporazione.

A questo punto, le Tomaxelle vanno cotte nel sugo di carne, con l’aggiunta dei funghi secchi ammorbiditi nell’acqua tiepida e, facoltativamente, un cucchiaio di conserva di pomodoro.

Lasciar cuocere a fuoco lento, allungando il sugo con il brodo. In caso risultasse troppo liquido, far inspessire con un cucchiaio di farina. Un quarto d’ora, più o meno e saranno pronte.

CURIOSITA’

Secondo gli storici Ester e Michelangelo Dolcino: “Nell’anno 1800 Genova visse una delle congiunture più drammatiche della sua esistenza. Le truppe francesi del generale Massena – che doveva essere ribattezzato ‘Ammassa Zena’ (Ammazza Genova) – vi si erano asserragliate, strette dagli Inglesi sul mare e dagli Austriaci per terra. I disagi aumentavano giorno dopo giorno, la fame serpeggiava per tutti, a rivoli sempre più inquietanti… Eppure, quando venne fatto prigioniero un gruppetto d’ufficiali austriaci, fu loro servito un piatto che li costrinse a sbarrare gli occhi: odorose, appetitose ‘Tomaxelle’… Si trattava di un espediente, comune nell’arco della storia, volto a scoraggiare gli assedianti, a mostrar loro che gli assediati erano ben lungi dalla fine per inedia; ma in realtà – almeno allora – non si trattava di una preparazione costosa

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