Elogio della follia…

Elogio della follia…

Immagine di accarezzarvi i capelli. Gli occhi persi nel vuoto e la vita, che vi scorre davanti senza che l’abbiate neppure interpellata. Abbassate lo sguardo, carichi di vergogna, sentendo addosso il peso di un’ingiustizia che…

Dovrei essere più chiara, perdonate ma… il solo ricordare…

Fatto sta, credo che la mia esistenza abbia irreparabilmente condizionato quella altrui. Sono convinta di avere, in qualche modo, convogliato l’immaginario collettivo. Credo che le radici delle conseguenze di quel che mi è capitato siano da ricercare nella mia stessa natura. Già, perché, per il mondo, io sono un essere reietto. Una, da cui tenersi lontani.

Sono l’inspiegabile, l’insicero. Sono una storia con un no davanti. Eppure erano curiosi loro… tutti, di saperne di più. Mi divoravano, al passaggio e quel loro chiacchiericcio indiscreto, così disturbante, si ripeteva puntuale ogni volta. Cambiavano le facce, vero, ma i modi, quel fare sospettoso e spaventato al tempo stesso, era il medesimo. Mio irreparabile destino.

Perdonate, non arrivo al dunque.

Vengo; anzi, provengo da Benevento. Stella pagana legata ai miti e alle credenze dei miei tempi. Io ballo. Danzo sulle rime del fiume Sabato. Onoro la Natura e le sue grazie e, ad essa, piego le mie. Mi muovo sinuosa per evocare gli spiriti, secondo gli insegnamenti della Bibbia. Conoscete il capitolo in cui re Saul chiese ad una negromante del villaggio di Endor di metterlo in contatto con l’anima trapassata del profeta Samuele?

Ironica la mia sorte. Come le mie sorelle… ci vogliono e, intanto, ci disprezzano. Hanno paura. Non ci credete? Scorrete i paragrafi della Legge delle XII tavole del 450 a.C., oppure quel che evince la Legge Cornelia: condannano a morte chiunque. Chiunque sia avvezzo alle mie stesse pratiche, almeno. Nella Grecia antica si credeva che, quelle come me provenissero dalla Tessaglia. Roma ci temeva di giorno… ci adorava la notte. Avreste dovuto vedere lì, sull’Esquilino.

Fin dall’inizio, ci hanno considerato figure ‘moralmente deboli’, inclini alle arti oscure per via di un’indole, di per se stessa, lasciva. E così, da subito ci hanno accusato… di tutto. Tutto ciò che a loro non piaceva, o infastidiva… Noi – quelle come me – eravamo il Male.

Scettici, non comprendete la gravità di quel che vi racconto e come potreste, del resto… Quando nacque Carlo I di Spagna e V di Germania, stava per iniziare la guerra degli ottant’anni. Ebbene, proprio allora cadde una forte nevicata. Le temperature erano rigide all’inverosimile e molti raccolti andarono perduti. La carestia si abbatté sulla popolazione e si aggiunse, non paga, persino la peste. Poi fu la volta del vaiolo, dell’influenza, del morbillo. Vi renderete conto che era necessario trovare un colpevole e chi, meglio di noi?

In molti finirono sul rogo, senza neppure subire un processo. Alcuni vennero arsi vivi, altri torturati, altri – i più fortunati forse – impiccati. Bastava una macchia, una malformazione, un comportamento ‘diverso’ per accusarci e poi, subito dopo, condannarci. Innocenzo VIII ebbe la grande colpa di sublimarci, decretando in tal maniera il nostro eterno e irreparabile dolore…

Se vi dovesse capitare, provate a sfogliare le pagine del Melleus Maleficarum. Si tratta di un testo redatto da due ecclesiastici: Jakob Sprenger e Heinrich Kramer. E’ proprio in queste pagine che si nascondono i germogli della caccia alle streghe.

Già, streghe. Secondo la volontà di chi ci detestava, munite di mantello e cappello a punta, per riconoscerci. Razza ‘differente’, noi. Obbligati a vestire come reietti e, badate bene, adopero il maschile poiché, in questa storia amara, sono compresi uomini e donne. Donne, soprattutto, gente indifesa. Noi, raccontati a volare sulle scope, senza rendersi conto che si trattava, in vero, degli effetti allucinatori della Mandragola. Brutte e vecchie, secondo gli insegnamenti di Pieter Brueghel. Nel suo dipinto più famoso ci raffigurava mostruose, intente a preparare pozioni, tramandando l’idea di un aspetto trasandato e raccapricciante.

Nulla di più lontano dalla realtà. Guai dell’Occidente… Le arti magiche esistono, mi chiedete? Mi limiterò a rispondere che esiste la Wicca . Esistono i Sabbat e gli Esbat. Esiste il maligno e chi – tuttora – si inchina al suo cospetto.

Esistono femmine, come me, che conducono un’esistenza solitaria. E’ una scelta, una volta naufragati gli appigli del cuore. E il vocabolario delle emozioni di declina, unicamente in compagnia dei ‘familiari’. Non confondete, mi riferisco ai gatti. O ai corvi, ai rospi, ai ragni, ai ratti, alle lepri… chimere di sfortuna, per chi crede. Alleati, sollievo – al contrario – per le nostre comuni miserie.

Noi, divoratrici di bambini, secondo le leggende. Procacciatrici di infami danni… Noi, processate in più occasioni, a Pendle come a Salem, seguendo gli stessi folli criteri. Le stesse atroci procedure. Noi, punite anzitempo, senza diritto di riabilitarci.

Io sono una di noi. Di quelle poche rimaste.

Ci volevano… e non potevano averci. Si riempivano il ventre del nostro piacere ma, intanto, temevano quel che di puro ci abitava. Lo invidiavano, coscienti che mai ci avrebbero posseduto. Perciò, hanno deciso di distruggerci. Per non dovere fare i conti.

Dovessi dirvi la mia età vi risponderei che ne ho perso il ricordo. Dovessi raccontare il nero che mi affonda vi trascinerei con me all’inferno ed è un luogo troppo intimo. Mi literò a chiedervi, dunque, di accarezzarvi i capelli. Gli occhi persi nel vuoto e la vita, che vi scorre davanti senza che l’abbiate neppure interpellata…

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