Titanic: tragedia dalle mille contraddizioni

Titanic: tragedia dalle mille contraddizioni

Con amore, Jack“. Cosa si può scrivere, del resto, su di una cartolina, che non sia atrettanto sinteticamente ficcante e funzionale, per illustrare i propri sentimenti e pensieri?

Così accadeva, il 7 marzo del 1912, per mano di Jack Phillips, 25 anni, capo telegrafista del transatlantico più famoso del Mondo – o, almeno, del Mondo di allora – che sarebbe affondato il 15 aprile del medesimo anno. La missiva era diretta, 5 settimane prima della storica traversata inaugurale dell’Oceano, destinazione New York City, alla sorella Elsie, in Irlanda.

IL MOLOSSO

La ‘nave inaffondabile’, come la consideravano allora le menti più eccelse, si apprestava al suo viaggio e il giovane comunicava di essere ‘molto impegnato sul lavoro’: “Spero di partire lunedì e arrivare a Southampton mercoledì pomeriggio. Spero tu stia bene“. L’ultima comunicazione, con tutta probabilità, fra il ragazzo e la sua famiglia, prima che il Titanic finisse per schiantarsi contro un Iceberg.

Ebbene, ora quel piccolo e raro tesoro verrà battuto all’asta, in quel di Boston, Massachusetts. L’obiettivo è raccogliere almeno 15 mila dollari. Intanto, si favoleggia. Eh sì, perché sul conto del ‘nostro’ esistono due filosofie di pensiero, peraltro opposte l’una all’altra. Chi lo vuole alla guisa di un eroe, pronto a salvare vite su vite; chi lo considera parte insipiente del disastro. 109 anni, per risvegliare dal dimenticatoio teorie ed illazioni, riguardo ad una fra le più grandi tragedie del mare.

Jack Philips

Stando alle fonti, l’alter ego di Jack Dawson – vd, Leonardo Di Caprio in Titanic – avrebbe compiuto, mentre equipaggio e passeggeri tentavano in qualunque modo di mettersi in salvo, un’ultima mossa disperata. Dalla sala telegrafo, avrebbe inviato decine di richieste d’aiuto, nella speranza che venissero raccolte dalle navi che passavano in zona.

DAVIDE…

L’SOS, alla fine, venne captato dalla britannica Carpathia, in navigazione sulla rotta Liverpool-Boston. Intervento, che permise il salvataggio di 705 persone. Non poche, certo, ma bisogna considerare che, a bordo, si contavano oltre 2000 naviganti. Calcoli imprecisi, ma che sono comunque in grado di rendere l’idea delle potenzialità del mezzo e, allo stesso modo, dell’assurdità di un ‘ecatombe che poteva, a tutti gli effetti, essere evitata.

Tra le cause delle collisione, dunque, c’è proprio chi individua lo stesso Philips. Alle prese, in navigazione, con un super lavoro, aggravato oltretutto da un’interruzione dei collegamenti, il marconista non avrebbe risposto alle segnalazioni di chi, in precedenza, si era imbattuto nel pericoloso inconveniente.

…CONTRO GOLIA

L’avvertimento lanciato dal piroscafo Mesaba, ad esempio, non venne riportato alla cabina di comando. Nell’autobiografia di uno tra gli ufficiali sopravvissuti, si racconta che il capo telegrafista aveva poggiato il foglio sotto il gomito, deciso a risolvere prima un problema tecnico. Poi. si era dimenticato di portare l’avviso al comandante. Un secondo messaggio, inviato dalla nave Californian, sarebbe stato ugualmente ignorato.

D’altronde, Philllips non ebbe l’opportunità di difendersi. Ad impatto avvenuto, il telegrafista perseverò nella propria missione indefessamente, benché l’acqua gelida stesse invadendo sala dopo sala. Solo una volta raggiunti i soccorsi, provò a mettersi in salvo. Salì, anch’egli, su di una piccola scialuppa.

Troppo tardi, ormai congelato. Gli abissi lo avevano voluto con sé.

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