Edoardo… ‘agnello’ da sacrificare

Edoardo… ‘agnello’ da sacrificare

Ora torno in Italia Margi, rientro a casa. Sono felice, ma anche un poco in tensione. Papà mi ha parlato, l’ultima volta che ci siamo sentiti, di alcuni lavori e di certi progetti dei quali, lo confesso, nel particolare ho capito ben poco. Oppure ho capito troppo bene e ora ho paura di aver inteso una canzone stonata. Insomma, Margherita, sto per cominciare a vivere come le regole della nostra famiglia impongono di fare. Sono certo di essere adeguato e all’altezza di questo compito. Ma so anche, perlomeno è una fastidiosa sensazione che mi punge l’anima come una spina delle splendide rose bianche del tuo giardino, che dovrò giocoforza scontrarmi con fatti e con persone distanti anni luce da me.

Come da te, del resto. Tu l’hai sfangata di lusso. Sei la bimba di casa. E alle donne della nostra famiglia, lo sai bene anche tu, è concesso levitare. Anzi, meglio se lo fanno. Unica eccezione la zia Susanna. Ma lei è di ferro. Io sono il maschio e per me sarà tutto diverso. Dovrò farmi pietra. Per il senso e per il rispetto del dovere che in effetti porto dentro, si capisce. La vocazione, però, insinua altro tipo di scelte da quelle che, invece, sarò obbligato a fare. La laurea che ho raggiunto, per esempio, è pezzo di carta e basta. Giurisprudenza e Lettere antiche. Eserciterò mai. Papà, avvocato, ha mai fatto l’avvocato.

Lo sai bene che la mia mente vola alto sopra le megalopoli industriali e, osservando con attenzione sotto, vede poco di buono e tantissimo da trasformare. Tu liberi te stessa con il pennello e con i colori a olio. E così ti salvi. Perlomeno, galleggi sopra la tempesta.

Io debbo ancora trovare il mio angolo privatissimo, la mia camera di decompressione dove di tanto in tanto rifugiarmi per poter recuperare energie mentali. Vorrei, per questo, che papà mi stesse vicino per accompagnarmi lungo i primi passi del percorso che, immagino, sarà lungo e assai impegnativo. Mi auguro proprio che questo accada, anche se pensandoci provo un disagio simile alla paura.

Vedremo, comunque. lo mi sento un leone, te lo garantisco. Però nella Savana, da solo, non ci sono mai stato e non so che cosa troverò anche se posso bene immaginarlo. Una guida sarà indispensabile almeno per i primi tempi. Papà mi ha dato appuntamento a Torino. Da lì, mi ha detto, andremo a Cap d’Antibes per imbarcarci sulla Caprice. La nostra barca. Non credo proprio che mamma verrà. Saremo soli lui ed io. Perlomeno noi della famiglia. Forse Luca (Montezemolo), con noi. Deve farci sapere.

L’importante è che si riesca a stare un poco insieme io e nostro padre. Se non si annoia prima, come spesso gli capita, dovremmo far vela per una settimana intera sul mare della Costa Azzurra. Sarà una novità. Per parlare e per progettare, dunque, di tempo ne avremo. Dirò a lui ciò che ho detto, già mille volte, a te e vedrò come la prende. Credo proprio sia l’unica cosa sensata che io possa fare, in questo momento così delicato della mia vita“.

Avere tutto… Non possedere nulla. Neppure il senso di ciò che si è. Rampolli, per assurdo, di una realtà estranea, per buona parte o nel totale, addirittura, alle volte. Così, Edoardo, Edoardo Agnelli, naviga – evidentemente – in acque non sue. “Il patrimonio accumulato” non scaccia la morte e, anzi, Lui è proprio lì, a dissimularne l’idea. La convinzione che, con i soldi, sia possibile acquistare tutto, ma proprio tutto, persino la volontà di un figlio che non si mostri, a tutti i costi, proselite di un pensiero capitalista. Che veleggi, con la mente, altrove…

Classe 1954 e quella passione, mai negata, né celata, per l’esoterismo. Le religioni orientali… Un intellettuale, insomma, nato in una metropoli (New York) e svezzato tra Villar Perosa e gli States.

Un uomo… del mondo, da non chiudere – certo – dietro una scrivania o, almeno, non quella scrivania. “Più fiori e meno automobili a Mirafiori”, ama ripetere; testimonianza di un’indole che si colloca assai al di là del pragmatismo di famiglia. Al “Signor Presidente della Fiat” – come apostrofa più o meno causticamente suo padre, è solito inviare mucchi di lettere, aperta critica, rispetto alla gestione oltremodo utilitaristica e alienante dell’Azienda.

Un uomo … di penna. L’ultima sua missiva sarà indirizzata a sua sorella. Breccia esplicita, nei confronti di un divario che pare, a tutti gli effetti, inconciliabile. Es, io, Super io… Come definire chi sia chi, in questa faccenda?

Da una parte c’è il Super macho dell’Industria, charmeur mondanissimo, mai fermo, mai stanco, iper prestazionale. Rampante, spregiudicato, vincente. Fonte di imitazione, per molti. Non per tutti. Non – di certo – per l’individuo schivo, pacato, meditativo, appassionato del ‘buon intelletto’. Non per l’umanista, incline alla meditazione…

Equilibrio. Eccola, la vera assenza, in questa storia…

Juventini, questo sì, entrambi, come se lo sport – quello di casa, beninteso – riuscisse a placare gli animi, a rimarginare le ferite, a colmare le distanze, altrimenti, abissali. Amore, di cui la Vecchia Signora li ricambia: “di calcio se ne intendeva per davvero. Ma alla sua maniera, un po’ geniale, un po’ originale. Lo studiava da tecnico, il gioco del pallone“. Boniperti lo ricorderà così Edo, con queste esatte parole. Interesse che, tuttavia, trasfigura in altro. Il primogenito dell’Avvocato “riusciva a vedere il pallone anche fuori dal perimetro di gesso, fuori dallo spogliatoio. Nei suoi aspetti sociali, culturali. Leggeva molto, pensava molto. Per lui il calcio era soprattutto stile, eleganza, signorilità, sportività“.

Quanto spazio intercorre tra la materia e gli ideali? Ecco, in quella sezione tra Cielo e Terra gravita Lui, il buon Edo. Il fragile Edo, anima sensibile, svegliatasi – ironia della sorte – nel posto più lontano da ciò che gli assomiglia. Un letto non suo…

Per un certo periodo, da quell’attrazione per il calcio si lascia catturare. Entra nel Consiglio di Amministrazione della squadra. Una volta, nel bel mezzo di una partita, scende addirittura in panchina al fianco del Trap, per risollevare gli animi dei giocatori e offrire loro indicazioni. Corregge disposizioni e marcature: tanto è l’entusiasmo, che l’arbitro, a metà gara, lo invita ad abbandonare il campo.

Eccola, la sintesi di un ‘candido’. Troppo candido, per sopravvivere ad una giungla in cui ogni passo falso si paga e si paga caro. Inavvertito, sconsiderato… rilascia un’intervista, nella quale si candida, al posto di un ormai stanco Boniperti, nei panni di nuovo Presidente. Tuttosport dedica le nove colonne della prima pagina alle clamorose rivelazioni. 24 ore, sono quelle che occorrono per dissimulare i sogni. Spegnere le aspettative, sgretolare le speranze. Il giorno successivo l’avvocato Chiusano convoca in ufficio lo stesso Boniperti, l’autore dell’intervista Marco Bernardini, il direttore del quotidiano e costringe ciascuno ad una immediata rettifica.

Quando le fobici effettuano un taglio, il lutto si fa breve. La recisione è drastica, istantanea. Diversa da uno strappo. Apparentemente, non ha singhiozzo. Non si reagisce…

Edo viene volontariamente escluso dalle dinamiche societarie. A precederlo, Giovannino; poi John Elkann. Deliberatamente, si allontana. Prende le mosse da riflettori che non gli appartengono e la ribalta, a sua volta, lo lascia andare. Lo estromette, vivendolo come incompiuto, personaggio perennemente in cerca d’autore.

Amo condurre una vita ritirata, se vogliamo ascetica, per mantenermi in contatto con me stesso“. Già, ma quel contatto si deve essere affievolito, negli anni. Più ancora, sembra non essersi mai realmente concretizzato. Come si fa a raggiungere l’anima, quanto tutt’attorno viene chiesto di ripudiarla?

Edo, semplicemente, è alla ricerca della verità. Cammina, nei parametri di un buio che gli è stato creato attorno e che non gli permette di muoversi. Lo immobilizza e, per certi aspetti lo divora. “Tutte le cose sono come Dio le vede: è una cosa che accetto io, si può anche non accettarlo. Esiste, al di fuori di noi, una verità delle cose come sono sempre state e come sono, e queste le sa Dio“.

Aspirazione all’Assoluto? Somiglia tanto, questa eterna analisi, piuttosto, alla necessità di riempire un vuoto. Riparare un danno, per quanto possibile. Se possibile. Iniziano, pertanto, i pellegrinaggi, la conversione all’Islam… fame, fame d’Amore; quegli appetiti che, poi a lungo andare, per appagarsi hanno bisogno di altro. All’improvviso lo spirito, da solo, non basta più. C’è bisogno di ulteriore silenzio. C’è bisogno… di eroina. Nomade, in una Terra che lo ammalia, forse, ma poi, incessantemente, lo respinge. Perso, Edo…

Ha quarantasei anni. E’ imbolsito, preda della depressione, uso alle droghe. E’ a un passo da un guado. Fiaccato, defraudato dalle energie. E, peggio che mai, consapevole. Sogna leggerezza. Tutto, nel suo corpo, nel suo ego più profondo chiede di sollevarsi. Vorrebbe volare, Edoardo. Invece, in una gelida mattinata di metà novembre, precipita giù da un pilone dell’autostrada Torino-Savona.

Preferisce così. Sceglie un destino più feroce. O forse no, è così che pensa di espiare. Che si convince di poter assurgere a uomo libero. A uomo e basta. Per mezzo del sacrificio. Estremo, assoluto, irripetibile, proprio nel modo in cui, da qualcuno, gli è stato insegnato.

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